Violazione dei limiti dimensionali non autorizzati
Giustizia amministrativa
Premassima
Ai sensi e per effetto dell’art. 13-ter delle
disposizioni generali del Codice del processo amministrativo, introdotto dalla
legge di conversione del decreto-legge n. 168 del 31 agosto 2016, recante “Misure
urgenti per le definizione del contezioso presso la Corte di Cassazione, per l’efficienza
degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa”, è comminata
una sanzione in termini di “inutilizzabilità” delle difese sovrabbondanti nell’ipotesi
in cui si concretizzi il superamento dei limiti dimensionali non autorizzati,
laddove il Collegio è autorizzato a presumente che l’ingiustificata violazione
dei limiti dimensionali possa compromettere il tempestivo esame e l’intellegibilità
della domanda.
D’altronde in virtù del principio di leale
collaborazione ai sensi dell’art. 2, comma 2, c.p.a., al fine di evitare alle
parti in contenzioso l’assenza di una applicazione sistematica operata dalla giurisprudenza
delle anzidette conseguenze applicate a condotte difformi, è necessario
invitare le parti ad una riformulazione delle difese nei limiti dimensionali previsti,
vietando loro di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli
già dedotti.
Principio
Nella pronuncia de qua il Collegio
ha rammentato gli strumenti attraverso i quali si adempie al principio per cui
il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della
ragionevole durata del processo, ossia la brevità dell’atto processuale, specie
in termini di caratteri, pagine e battute, mezzi questi ultimi con cui il
legislatore vincola le parti ad un procedimento di “sintesi” giuridica della
materia controversa, evitando che esposizioni confuse influiscano sull’intellegibilità
dell’atto.
Tuttavia, si precisa che mentre in un
primo momento il panorama giudiziario era caratterizzato da una impostazione
legislativa sanzionatoria ex art. 26 del c.p.a., condannando alle spese di
lite, l’art. 13-ter delle norme di attuazione del c.p.a. sotto la rubrica “Criteri
per la sinteticità e la chiarezza degli atti di parte”, è foriero di un
approccio innovativo dal punto di vista sistematico, sanzionando in termini di “inutilizzabilità”
le difese eccedenti. Difatti, ai sensi del succitato articolo 13-ter, il giudice
è autorizzato, in deroga all’obbligo generale di pronunciare sull’intera
domanda, a presume la compromissione di un esame tempestivo, nonché dell’intellegibilità
della domanda qualora si manifesti una violazione ingiustificata dei limiti
dimensionali stabili ex lege.
Pertanto, in osservanza del principio che
sancisce la ragionevole durata del processo, la sinteticità risulta essere una
regola strettamente funzionale del processo amministrativo volto alla
realizzazione di un giusto processo, piuttosto che un canone meramente
orientativo della condotta delle parti.