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Vincoli conformativi o espropriativi

Urbanistica e edilizia Espropriazione per pubblica utilità

Sulla distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi e, in caso di reiterazione di questi ultimi, sull’obbligo di motivazione e di indennizzo a carico dell’Amministrazione
T.A.R. Veneto, Sez. 1, Sentenza 11 giugno 2013, n. 00798

Principio

1. Fondamento costituzionale della distinzione tra vincolo conformativo od espropriativo posto alla proprietà privata dallo strumento urbanistico.
Non ogni vincolo posto alla proprietà privata dallo strumento urbanistico generale ha carattere espropriativo ed è, dunque, soggetto alla disciplina relativa: occorre, infatti, distinguere tra vincoli espropriativi e vincoli conformativi, secondo una linea di discrimine che ha un preciso fondamento costituzionale, in quanto l’art. 42 della Costituzione prevede separatamente l'espropriazione (terzo comma) e i limiti che la legge può imporre alla proprietà al fine di assicurarne la funzione sociale (secondo comma).

2. Caratteristiche del vincolo conformativo ed espropriativo.
2.1. In caso di interventi riservati esclusivamente alla PA, che riguardano beni determinati in funzione della localizzazione di un'opera pubblica la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, è indubitabile che il vincolo reiterato ha carattere espropriativo.
2.2.   Diversamente, laddove la disciplina urbanistica di zona consente significativi e consistenti interventi edificatori, sia pure limitati a particolari tipologie di opere e, eventualmente, previa predisposizione di piani particolareggiati, allo scopo di assicurare la coerenza dell'edificazione privata con la generale "zonizzazione" intesa al perseguimento di obiettivi di interesse pubblico (cfr. CdS, V, 13.4.2012 n. 2116; IV, 19.1.2012 n. 244), il vincolo apposto sulla proprietà privata è di carattere conformativo e non espropriativo,  in quanto non comporta né l'ablazione dei suoli né il sostanziale svuotamento dei diritti dominicali di natura privata insistenti su di essi.

3. Obbligo di puntuale motivazione e di indennizzo in caso di reiterazione del vincolo espropriativo.
3.1. La reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per il decorso del termine non é di per sé illegittima, ma può considerarsi correttamente disposta qualora sia supportata da una puntuale motivazione che dia conto dell’attualità della previsione vincolistica, che sia preceduta da una rinnovata ed adeguata comparazione fra i diversi interessi pubblici e privati coinvolti e che presenti una esaustiva giustificazione circa le scelte urbanistiche di piano (cfr. Corte cost., sent. 20.5.1999 n. 179). In particolare, la motivazione deve scaturire da una previa e rigorosa istruttoria procedimentale, da intendersi quale sede naturale di quell’attenta ponderazione di contrapposti interessi pubblici e privati, mentre i contenuti di tale motivazione (ove convergenti verso la prospettata replica) non possono prescindere da un vaglio di ragionata prevalenza degli interessi pubblicistici, di cui deve analogamente darsi conto. Né per assolvere alla delineata ponderazione delle posizioni soggettive coinvolte dalla riapposizione del vincolo può sopperire il mero sistema delle opposizioni al piano od alla variante, poiché tale procedura “ordinaria” non è in grado di assicurare quel contraddittorio rinforzato richiesto dalla scelta del Comune di insistere sul vincolo ormai scaduto.
3.2.  I profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo e al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento e del provvedimento che ha disposto l’approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente reiterazione del vincolo, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale devolute alla cognizione della giurisdizione civile: tale principio è esplicitato dall’art. 39, I comma del testo unico sugli espropri (DPR n. 327 del 2001). Peraltro, la mancata indicazione dell’indennizzo va comunque valutata come elemento sintomatico della difettosa ponderazione istruttoria in cui è incorsa l’Amministrazione, atteso che il costo del vincolo da reiterare rappresenta senz’altro uno degli elementi su cui l’Autorità è chiamata a riflettere nel decidere se procedere o meno in tal senso.

T.A.R. Veneto, Sez. 1, 11 giugno 2013, n. 00798
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