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Verifica dell'anomalia delle offerte

Contratti pubblici Giustizia amministrativa

1. Verifica di anomalia delle offerte. Ratio. Giudizio sull'anomalia delle offerte. Discrezionalità tecnica. Sindacabilità giurisdizionale. Limiti. 2. (segue): utile di impresa. Esclusione dalla gara di imprese che propongano offerte economiche sguarnite di utile. 3. Dichiarazioni sulla moralità professionale. Pregiudizi penali. Ratio dell'obbligo di dichiarazione. Incidenza delle condanne penali. Valutazione da parte della Stazione appaltante. Onere di motivazione
T.A.R. Sicilia Catania, Sez. 1, Sentenza 10 aprile 2014, n. 01059

Principio

1. Verifica di anomalia delle offerte. Ratio. Giudizio sull'anomalia delle offerte. Discrezionalità tecnica. Sindacabilità giurisdizionale. Limiti.
1.1. L’art. 88, d.lgs. n. 163 del 2006, e successive modifiche ed integrazioni, disciplina le varie fasi del procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte, le quali sono volte a contemperare l'interesse del concorrente a conseguire l'aggiudicazione, formulando un'offerta competitiva, con quello della stazione appaltante ad aggiudicare al minor costo, senza rinunciare a standard adeguati e al rispetto dei tempi e dei costi contrattuali; il procedimento si articola in diversi sub-procedimenti, che si devono svolgere in contraddittorio con gli offerenti (in recepimento dell'articolo 55 della direttiva 18/2004/CE), articolati in vari momenti scanditi da una tempistica predeterminata dal Codice (articoli 86, 87, 88).
1.2. L’art. 88 D.Lgs. n. 163/2006 delinea un sub-procedimento di verifica delle offerte anomale, collocato fra la fase di apertura delle buste e l’aggiudicazione, di cui disciplina la fase istruttoria, prevedendo le modalità di richiesta di giustificazioni, i termini concessi al concorrente e le modalità di svolgimento in contraddittorio della fase di verifica (TAR Lazio, Sez.. II bis di Roma, dec. n. 1775/2014).
1.3. Il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta si connota per poteri da esplicarsi nell’ambito dell’apposito, articolato sub-procedimento previsto dagli artt. 86, 87 e 88 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, mediante richiesta di giustificazioni, valutazione delle medesime ed ulteriore verifica in contraddittorio, solo all’esito del quale può provvedersi all’esclusione; sotto il profilo sostanziale, gli stessi poteri, poiché inerenti la verifica dell'anomalia delle offerte, attengono alla sfera propria di discrezionalità tecnica della stazione appaltante, sicché il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla p.a. sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, ma non può operare autonomamente siffatta verifica, pena l’invasione di quella sfera tipica (Cons. St., Sez. III, 13 dicembre 2013 n. 5984).
1.4. Nelle gare pubbliche, il giudizio della stazione appaltante sull'anomalia dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale; di conseguenza il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della stazione appaltante sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, che costituirebbe un'inammissibile invasione della sfera propria dell'Amministrazione; ed anche l'esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti a dimostrazione della non anomalia della propria offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può intervenire, fermo restando l'impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell'Amministrazione (cfr. Cons. St., Sez. III, 5 dicembre 2013, n. 5781).
1.5. Il sindacato giurisdizionale sulle determinazioni amministrative riguardanti il giudizio di anomalia delle offerte non può consistere nella integrale ripetizione delle operazioni valutative compiute dalla stazione appaltante, essendo volto piuttosto a verificare, nei limiti della domanda, la correttezza del procedimento e la ragionevolezza delle scelte conclusive; implicando il giudizio di anomalia valutazioni di carattere tecnico, tale giudizio ben può essere sindacato dal giudice, anche con il supporto di un c.t.u. o di un verificatore, onde verificare la correttezza dell'iter logico, dell'impianto motivazionale, dell'esattezza dei presupposti di fatto e dell'applicazione delle regole tecniche (cfr. Cons. St., Sez. V, 5 aprile 2005, n. 1563), considerato che la verifica di anomalia ha per oggetto prezzi e, dunque, elementi quantitativi, essendo finalizzata ad accertare che i prezzi siano ragionevoli e non invece eccessivamente bassi.
1.6. Entro i limiti del sindacato del giudice amministrativo nel procedimento di verifica di anomalia delle offerte (che si compendia nell'accertare se il potere dell'amministrazione appaltante sia stato esercitato con l'utilizzazione delle regole tecniche conformi a criteri di logicità, congruità, ragionevolezza e corretto apprezzamento dei fatti e dunque se le valutazioni tecniche operate dall'amministrazione siano attendibili: C.d.S., sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1658; sez. V, 3 dicembre 2005, n. 7059; sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607), compito precipuo del G.A. è anche quello di verificare se il seggio di gara abbia rispettato le regole che si è dato, sia in sede di autoregolamentazione, sia in occasione delle richieste di giustificazioni avanzate proprio al fine di valutare la sussistenza o meno dell’anomalia dell’offerta.

2. (segue): utile di impresa. Esclusione dalla gara di imprese che propongano offerte economiche sguarnite di utile.
2.1. Nel procedimento di verifica di anomalia delle offerte, con specifico riferimento all'utile d'impresa, occorre tener presente che non esiste una quota rigida di utili al di sotto della quale l'offerta debba reputarsi incongrua, assumendo invece rilievo la circostanza che l'offerta si appalesi seria, e cioè non animata dall'intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali.
2.2. Nelle gare d'appalto, la possibilità di ribassare la percentuale dell'utile è consentita pur escludendosi che un'impresa possa proporre un'offerta economica sguarnita da qualsiasi previsione di utile, né è possibile fissare una quota di utile rigida al di sotto della quale la proposta dell'appaltatore debba considerarsi per definizione incongrua (Cons. St., sez. V, 5 ottobre 2005 n. 5315; Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2004 n. 1072; Cons. St., sez. IV, 14 febbraio 2002 n. 882), assumendo invece rilievo la circostanza che l'offerta si appalesi seria, e cioè non animata dall'intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali (Cons. St., sez. V, 20 febbraio 2009 n. 1018). Solo un utile pari a zero è ingiustificabile (cfr. Cons. St., Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146).
2.4. In tema di rilevanza della percentuale di utile nel giudizio relativo alla anomalia della offerta, quest'ultima ben può considerarsi seria anche laddove l’utile di impresa si riduca, purché non risulti del tutto azzerato, non potendo essere fissata a priori, ai fini della valutazione di anomalia, una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta debba considerarsi per definizione incongrua, dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale nel suo insieme. Risulta, pertanto, in sé ingiustificabile solo un utile pari a zero, atteso che anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio importante, ove si tenga conto, ad esempio, delle ricadute positive in termini di qualificazione, pubblicità, curriculum discendente per una impresa per essersi aggiudicata e per avere poi portato a termine l'appalto (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez.VI, 7 febbraio 2014, n. 878).

3. Dichiarazioni sulla moralità professionale. Pregiudizi penali. Ratio dell'obbligo di dichiarazione. Incidenza delle condanne penali. Valutazione da parte della Stazione appaltante. Onere di motivazione.
3.1. Ai sensi dell’art. 38, codice dei contratti pubblici, comma 1 lett. c), non possono stipulare contratti relativi ad appalti pubblici le società di capitali i cui amministratori, muniti di poteri di rappresentanza, siano stati condannati per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale, ovvero per uno o più reati di partecipazione ad organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45, paragrafo 1 della Direttiva CE 2004/18. Il fondamento della previsione di cui all'art. 38, comma 1°, lett. c) cod. contratti sta nella presunzione legale (relativa) di inaffidabilità delle società i cui soggetti che abbiano (o abbiano avuto) un significativo ruolo decisionale e gestionale si siano trovati in alcune delle situazioni descritte nella richiamata disposizione. La valutazione della rilevanza dei riscontrati precedenti penali sotto il profilo della effettiva incisione della moralità professionale dell’imprenditore, per i reati diversi da quelli tipizzati, è rimessa di volta in volta, in assenza di parametri predeterminati, alla ricostruzione ermeneutica del concetto giuridico a contenuto indeterminato. In tali casi, l’incisione sulla moralità professionale dell’imprenditore deve essere accertata in concreto mercè la disamina delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle modalità di commissione del reato (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 14 giugno 2013, n. 1561).
3.2. In tema di incidenza di condanne penali sulla moralità professionale dei concorrenti nelle gare pubbliche, occorre distinguere i casi in cui la dichiarazione incida su fatti indiscutibili (come p. es. il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa ecc.), nel qual caso essa va indubbiamente resa, diversamente dai casi che incidono su fatti e circostanze il cui accertamento non è oggettivo ma discrezionale, come nel caso in cui si tratti di accertare se determinate condanne riguardano o non reati “gravi” o “incidenti sulla moralità professionale”, sicché, per l’incertezza della relativa definizione, il ricorrere di tali circostanze può far legittimamente ritenere al concorrente di non essere, in taluni casi, onerato dell’onere della dichiarazione (cfr. Cons. St., Sez. VI, 2 settembre 2012, n. 515).
3.3. Nelle ipotesi in cui i soggetti tenuti a rendere la dichiarazione sulla moralità professionale, indichino pregiudizi penali nelle dichiarazioni sostitutive ex art. 38 cod. contratti, ove i medesimi reati si riferiscano a fattispecie non ricomprese nella elencazione tassativa di cui all’articolo 38 c.1 lett. c) D.Lgs. n. 163/2006 che riguarda i reati di “partecipazione ad un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio quali definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45 par.1 direttiva CE 2004\18”, la valutazione della incidenza del reato sulla moralità professionale spettava alla stazione appaltante.
3.4. La stazione appaltante che non ritenga il precedente penale incisivo sulla moralità professionale non è tenuta ad esplicitare analiticamente le ragioni di tale convincimento, che può risultare anche per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa, mentre deve motivare espressamente la valutazione di gravità dello stesso (cfr. Cons. St., V Sez. 30.6.2011 n. 3924).
3.5. Il D.Lgs. 163/2006 non prescrive che il giudizio favorevole all’ammissione di un concorrente debba essere necessariamente esplicitato e formalizzato, potendo la motivazione di non gravità del reato risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa, mentre è la valutazione di gravità, semmai, che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale (Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 2011 n. 3924; sez. III, 11 marzo 2011, n. 1583). La stazione appaltante deve, in altri termini, motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni.
3.6. L’art. 38, comma 1, lettera c), D.Lgs. n. 163/2006, nel disporre che «resta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale», esprime un principio di diritto in base al quale non è giustificata l'esclusione dalla gara in caso di mancata dichiarazione: (i) delle condanne per le quali sia intervenuta la riabilitazione ex art. 178 c.p.; (ii) delle pronunce di patteggiamento per le quali sia decorso il prescritto periodo di tempo (dei cinque anni o due anni rispettivamente per delitti o contravvenzioni) senza che l’imputato abbia commesso altro reato della stessa indole. È evidente il chiaro intento del legislatore di estendere inequivocabilmente alla materia dei requisiti generali per la partecipazione alle gare d’appalto anche gli effetti -- di estinzione delle pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna – conseguenti al sopravvenire di una pronuncia della riabilitazione ai sensi dell'art. 178 c.p. e dell’estinzione di cui al 445, 2° comma del c.p.p (cfr. Cons. St., Sez. V, 17 febbraio 2014, n. 736).
3.7. L’art. 38 comma 1 lett. c) del Codice dei contratti pubblici non consente l’esclusione per il precedente penale oggetto di dichiarazione qualora non sussistano due autonomi e concorrenti elementi: la gravità del reato e la sua incidenza sulla moralità professionale. L’assenza di uno dei due suddetti elementi, quindi, rende privo di effetto per i fini considerati l’eventuale sussistenza dell’altro (cfr. Cons. St., Sez. V, 21 ottobre 2013, n. 5122). In altri termini, la sola gravità non è di per sé sufficiente ad integrare la causa di esclusione prevista dal richiamato art.38 del Codice, laddove il reato commesso sia insuscettibile di incidere sulla moralità professionale del concorrente e, di converso, l’astratta incidenza sulla moralità professionale non integra la suddetta causa, quando il reato medesimo non risponda al requisito della oggettiva gravità. Non solo, ma la semplice inerenza è un dato astratto che nasce dal raffronto tra titolo del reato ed oggetto dell’appalto, mentre l’incidenza è un dato concreto che esplicita se ed in quale misura l’attività sanzionata incida effettivamente sulla moralità professionale del condannato. Così l’inerenza del reato rispetto all’oggetto dell’appalto, se è il presupposto necessario della incidenza del reato stesso sulla moralità professionale del condannato, certamente non la esaurisce né con questa si identifica. In altri termini, l’inerenza non è di per sé elemento sufficiente per poter oggettivamente ritenere che il reato commesso sia incidente sulla moralità professionale, né tanto meno di effettiva gravità.

T.A.R. Sicilia Catania, Sez. 1, 10 aprile 2014, n. 01059
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