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Usi civici

Demanio e patrimonio

Sulle modalità con cui gli usi civici possono essere destinati ad usi particolari
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 26 marzo 2013, n. 01698

Principio

1. Natura degli usi civici.
1.1. Gli "usi civici" sono diritti reali millenari di natura collettiva, volti ad assicurare un’utilità o comunque un beneficio ai singoli appartenenti ad una collettività. Essi sono disciplinati, in linea generale, dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766 (mantenuta in vigore dall’allegato 1 del comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, limitatamente agli articoli da 1 a 34 e da 36 a 43) e del relativo regolamento di cui al r.d. n. 332/1928.
1.2. Il legislatore, nel disciplinare la destinazione delle terre sulle quali gravano usi civici all’art. 12, II° co. della L. n.1766/1927, ha sancito, in via di principio, l’inalienabilità e l’impossibilità di mutamento di destinazione, dei terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente e -- solo in via di eccezione-- salva la possibilità di richiedere l’autorizzazione (oggi di competenza della Regione in luogo del Ministero) a derogare dai predetti limiti. Tale deroga all'utilizzazione del terreno, comportando necessariamente limitazioni dei diritti d’uso civico per le collettività cui appartengono, anche oggi ha carattere tipicamente eccezionale e non può né deve risolversi nella perdita dei benefici, anche solo di carattere ambientale per la generalità degli abitanti, unicamente a vantaggio di privati (cfr. Consiglio Stato sez. IV 25 settembre 2007 n. 4962; Consiglio Stato sez. VI 6 marzo 2003 n. 1247).
1.3. Se i beni di uso civico sono di norma inalienabili, incommerciabili ed insuscettibili di usucapione, essi, come affermato univocamente dalla giurisprudenza di legittimità, sono sostanzialmente riconducibili al regime giuridico della demanialità (cfr. di recente Cass. Civ. III, 28 Settembre 2011 n.19792; Cass. Civ. III, 28 Settembre 2011 n.19792; Cass. Civ., sez III, n. 1940/2004; idem Sez. V, n. 11993/2003).
1.4. In tale scia, le terre appartenenti ai diritti civici risultano, di norma, incompatibili con l'attività edificatoria (arg. Consiglio Stato sez. IV 19 dicembre 2003 n. 8365) per l’evidente ragione che “privatizzano” a tempo indeterminato un bene, i cui diritti spettano invece ad una collettività, sottraendo spesso definitivamente alla pubblica utilità i benefici provenienti dalla terra, dai boschi e dalle acque.

2. Sul mutamento di destinazione delle terre sottoposte ad uso civico, che si risolve in un’attribuzione a terzi di diritti spettanti alla collettività.
Quando il mutamento di destinazione “in deroga” delle terre sottoposte ad uso civico si risolve in un’attribuzione a terzi di diritti spettanti alla collettività, l’iter per il rilascio della relativa autorizzazione deve quindi essere necessariamente ricondotto all’ambito proprio dei procedimenti di concessione dei beni demaniali, in quanto ha l’identico effetto di privare i componenti della collettività (che ne sono i veri titolari) del beneficio, per trasferirlo a soggetti privati che richiedono l'utilizzazione imprenditoriale del terreno a fini di lucro personale per un consistente lasso di tempo. Infatti, se i diritti appartengono alla collettività e questi sono solo amministrati dal Comune sotto il controllo della Regione, è evidente che le relative dinamiche procedimentali di gestione non solo debbano corrispondere al predetto assetto istituzionale, ma soprattutto debbano comunque avvenire nel rispetto dei cardini della pubblicità, imparzialità, trasparenza e non discriminazione in quanto, analogamente alle concessioni di beni demaniali, anche qui il procedimento finisce per costituire un utilizzo privato di beni della collettività che, nel favorire le possibilità di lucro di un determinato imprenditore in danno degli altri, altera le naturali dinamiche del mercato (arg. ex Corte Conti 13 maggio 2005 n. 5).

3. Applicazione dei principi di derivazione comunitaria nelle procedure di autorizzazione al mutamento di destinazione di usi civici.
3.1. La natura comunque “pubblica” dei diritti di uso civico comporta, in linea generale, l’applicazione dei principi di derivazione comunitaria, di concorrenza, parità di trattamento, trasparenza, non discriminazione, e proporzionalità, di cui all'articolo 1 della legge n. 241 del 1990 e s.m.i, i quali non solo si applicano direttamente nel nostro ordinamento, ma debbono informare il comportamento della P.A., anche quando, come nel caso di concessioni di diritti su beni pubblici, non vi è una specifica norma che preveda la procedura dell'evidenza pubblica (cfr. Consiglio di Stato Sezione V, 19 giugno 2009, n. 4035).
3.2. Le procedure concernenti le richieste di autorizzazione al mutamento di destinazione debbano anche rispettare le regole di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e s.m.i. ed in particolare i principi generali:
i)  del contraddittorio, di informazione e di partecipazione pubblica: pertanto, prima di procedere a qualunque iniziativa in materia di deroga ex art. 12 della L. n. 1766/1927, le amministrazioni comunali - la cui rappresentanza è pur sempre in nome della loro collettività - devono dare massima notorietà a mezzo di pubblici avvisi anche sul proprio sito internet, dell’esistenza dell’iniziativa ed delle relative condizioni generali, al fine di consentire la partecipazione e richieste di chiarimenti, l’emersione del dissenso, il vaglio delle eventuali obiezioni dei soggetti appartenenti alla comunità che sono i reali titolari dei diritti civici;
ii) di trasparenza, pubblicità ed imparzialità: la procedura ad evidenza pubblica non può che seguire il canone generale di cui all’art. 12 della L. n. 241/1990 che è espressione concreta dei cardini costituzionali di cui all’art. 97 della Costituzione a presidio dei principi dell’imparzialità e della trasparenza (cfr. Consiglio Stato sez. V 10 maggio 2005 n. 2345). La predetta norma (oltre ai casi “… di sovvenzioni e sussidi, ecc., ..” ) disciplina, senza distinzioni di sorta, tutte le concessioni concernenti “…l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati” tra i quali rientrano indubitabilmente anche le fattispecie di cui all’art. 12 della L. n. 1766/1927. Pertanto, l’autorizzazione alla cessione ovvero al mutamento di destinazione di un bene civico deve essere senz’altro “…subordinata alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle Amministrazioni procedenti dei criteri e delle modalità cui le Amministrazioni devono attenersi”( come recita il cit. art. 12).
3.3. I suddetti principi debbono trovare applicazione indipendentemente dal fatto che il procedimento di destinazione in deroga degli usi civici sia stato iniziato, o meno, ad istanza di parte. Infatti anche nell’ipotesi in cui il procedimento inizi non già per volontà dell'amministrazione bensì sulla base di una specifica richiesta di uno dei soggetti interessati all'utilizzo del bene, le concessioni di beni civici non sfuggono ai principi che impongono comunque l'espletamento di un confronto concorrenziale per l’individuazione di tutti i soggetti potenzialmente interessati e per il conseguimento del massimo utile per l’universitas civium.

4. Individuazione del beneficiario dell'autorizzazione per lo sfruttamento di usi civici mediante project financing.
Quando, come nel caso in esame, la richiesta di mutamento di destinazione comporti una rilevante e permanente alterazione dello stato dei luoghi non è escluso che -- a maggior garanzia dell’eventuale ripristino dei luoghi e del rispetto delle regole per la definizione dei rapporti giuridici successivi alla scadenza del periodo tra affidatari e collettività -- il beneficiario dell’autorizzazione per lo sfruttamento “in deroga” ex art. 12 della L. n.1766 di terreni gravati da usi civici possa essere individuato attraverso l’esperimento di una procedura di "project financing", ex art. 153, del d.lgs. 12/04/2006, n. 163 e s.m.i.( “Codice dei contratti”).

Cons. St., Sez. 4, 26 marzo 2013, n. 01698
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