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Trasformazione edilizia di immobili in regime di comunione

Urbanistica e edilizia Giustizia amministrativa

Inammissibilità del ricorso avverso atto avente natura endoprocedimentale. Nel caso in cui il privato sfoghi richieste istruttorie formulate dalla PA successivamente al formarsi del titolo edilizio per silentium, si ha una rinuncia implicita agli effetti scaturiti dalla formazione tacita del provvedimento. Sussistenza del potere-dovere dell’Amministrazione di verificare la presenza, in capo al privato richiedente il rilascio di titoli abilitativi edilizi, del potere di disporre dell’immobile interessato dal progetto di trasformazione. In particolare nel caso di beni in regime di comunione. Onere della prova in tema di risarcimento del danno per responsabilità attizia della P.A.
T.A.R. Emilia Romagna Bologna, Sez. 1, Sentenza 23 dicembre 2013, n. 00836

Principio

1. Inammissibilità del ricorso avverso atto avente natura endoprocedimentale.
È privo di natura provvedimentale, e perciò non autonomamente impugnabile, l’atto interlocutorio con cui, nel procedimento ad istanza di parte, l’Amministrazione chiede al privato una mera integrazione documentale. 

2. Nel caso in cui il privato sfoghi richieste istruttorie formulate dalla PA successivamente al formarsi del titolo edilizio per silentium, si ha una rinuncia implicita agli effetti scaturiti dalla formazione tacita del provvedimento.
Nelle ipotesi in cui la normativa sul procedimento per il rilascio del permesso di costruire (nella specie l’art. 13 della legge reg. Emilia Romagna n. 31 del 2002) preveda la formazione del titolo per silentium, se il privato istante, anziché invocare nei confronti dell’Amministrazione la formazione per silentium del titolo edilizio, dia seguito a successive richieste istruttorie formulate dalla PA procedente, ciò costituisce una circostanza che implica la rinuncia del privato agli effetti del silenzio-assenso precedentemente maturato e quindi il proseguire di un procedimento a questo punto svincolato da termini che facciano automaticamente derivare dal mero decorso del tempo la produzione di effetti equivalenti all’adozione di un provvedimento positivo (v. TAR Liguria, Sez. I, 23 aprile 2013 n. 704).

3. Sussistenza del potere-dovere dell’Amministrazione di verificare la presenza, in capo al privato richiedente il rilascio di titoli abilitativi edilizi, del potere di disporre dell’immobile interessato dal progetto di trasformazione. In particolare nel caso di beni in regime di comunione.
3.1. Ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. n. 380 del 2001, il “permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo” (formulazione corrispondente al precedente art. 4, comma 1, della legge n. 10 del 1977); se è vero che di regola l’Amministrazione non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza della richiesta edificatoria prodotta da un comproprietario, è altresì vero che qualora uno o più comproprietari si attivino per denunciare il proprio dissenso rispetto al rilascio del titolo edificatorio o quando comunque l’esistenza di un titolo di proprietà in comune emerga dagli atti, va verificato se dietro l’istanza sia riconoscibile l’effettiva disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio o se la situazione di fatto consenta di supporre un pactum fiduciae intercorrente tra i comproprietari, sicché sussiste il potere-dovere dell’Amministrazione di verificare la presenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile interessato dal progetto di trasformazione e, in caso esso vada ad incidere sul diritto di altri comproprietari, di esigere il consenso degli stessi, consenso che invece non occorre ove si tratti di opere connesse all’uso ordinario della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 cod.civ. (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2012 n. 4676 e 20 dicembre 2011 n. 6731).
3.2. Quanto alla fattispecie di cui all’art. 1102 cod. civ., l’alterazione o modificazione della destinazione della cosa comune si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza del nuovo uso sulla consistenza e sulla destinazione della stessa, nel senso che la cosa comune può essere utilizzata dal condomino, anche in modo particolare, se ciò non alteri l’equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e non determini pregiudizievoli invadenze dell’ambito dei coesistenti diritti di costoro, sicché è da escludere che l’utilizzo del singolo possa risolversi in una compressione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari.
3.3. Laddove il progetto edilizio assentito dalla PA, preveda la trasformazione di una strada in regime di comunione per il transito dei residenti delle nuove unità abitative oggetto del medesimo intervento edilizio assentito, ciò determina una sostanziale modificazione della destinazione dell’area comune, variando in modo significativo l’equilibrio fra le utilizzazioni dei comproprietari e assegnando al bene un’identità nuova, situazione certamente tale da risultare incompatibile con l’uso della cosa comune ex art. 1102 cod.civ. 
3.4. Nell'ipotesi in cui l'attività edilizia assentita dalla PA determini una sostanziale modificazione della destinazione dell'area comune, è illegittimo il permesso di costruire rilasciato senza acquisire il consenso degli altri comproprietari, quando risulti che quest'ultimi avessero già espresso alla PA procedente la loro contrarietà all’intervento edilizio.

4. Onere della prova in tema di risarcimento del danno per responsabilità attizia della PA.
Ai fini del ristoro dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire la prova rigorosa dell’esistenza del pregiudizio patrimoniale, non potendosi invocare il c.d. “principio acquisitivo”, perché esso attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non anche all’allegazione dei fatti; l’importanza dell’assolvimento dell’onere allegatorio, in particolare, è fondamentale affinché le prove abbiano pur sempre ad oggetto dei fatti circostanziati,– per quanto possa ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 cod.civ. la prova del danno subìto e della sua entità implica in ogni caso l’obbligo, a monte, di allegazione di circostanze di fatto precise -con l’ulteriore conseguenza che, quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi abbia adempiuto, non può neppure darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 cod.civ., presupponendo tale norma l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito (v. Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2012 n. 3441). Donde l’inammissibilità della domanda risarcitoria dei ricorrenti, che nulla in concreto hanno addotto a fondamento della loro pretesa.

T.A.R. Emilia Romagna Bologna, Sez. 1, 23 dicembre 2013, n. 00836
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