Sopravvenuta carenza di utilità: annullamento e permanenza di interesse alla pronuncia di merito
Giustizia amministrativa
Premassima
Ai sensi dell’art. 34 c.p.a., comma 3 e in conformità con i principi che regolano l’interesse a ricorrere, è requisito per l’accertamento dell’illegittimità di un provvedimento impugnato soltanto l’interesse ai fini risarcitori, quando, nel corso del giudizio, sia divenuto inutile l’annullamento giurisdizionale del provvedimento non più efficace.
Principio
La vexata quaestio oggetto di
massima, relativa all’interesse a ricorrere in giudizio benché sia venuta meno
l’utilità dell’annullamento, è stata affrontata dal Supremo Consesso, il quale
in ragione del principio per cui all’interesse meritevole di tutela possono
connettersi ulteriori posizioni d’interesse “strumentale o morale”, considera altre
utilità giuridiche attuali quali vantaggi che il ricorrente può conseguire funzionalmente
per effetto del provvedimento impugnato.
Il legislatore ha precisato, altresì, che l’unica
forma di interesse a consentire un legittimo proseguimento del giudizio, anche
quando sia stata acclarata l’inutilità dell’annullamento, è quella che sorregge
l’azione risarcitoria. Indubbiamente, in forza del disposto dell’art. 34
c.p.a., comma 3, non vi è un tertium genus bensì emerge soltanto la partecipazione
di posizioni d’interesse che risultano comunque correlate ad un bene della
vita, seppure immateriale, incidenti in qualche modo nel provvedimento.
Pertanto, una volta acclarata l’inutilità
della pronuncia divenuta caducante, risulta illegittima la pretesa che afferma
la permanenza dell’interesse all’accertamento della illegittimità del provvedimento
nel giudizio di impugnazione, anche qualora, coerentemente al sistema normativo
delineato, lo stesso interesse legittimante in talune condizioni la proposizione
dell’azione di mero accertamento nel processo amministrativo può collegarsi
alla tutela di situazioni future od eventuali, non potendo dar luogo all’esistenza
di un pregiudizio attuale del diritto.