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Servizio di refezione scolastica

Servizi pubblici

Riconducibilità del servizio di refezione scolastica tra i servizi pubblici locali. Illegittimità di atti regolamentari o generali che modulino le tariffe del servizio de quo in relazione agli scaglioni di reddito così come risultanti dall’ISEE
T.A.R. Toscana, Sez. 1, Sentenza 11 aprile 2013, n. 00559

Principio

1. Insussistenza di controinteressati quando il gravame riguardi atti regolamentari o generali.
Il presupposto di ammissibilità dell’azione di annullamento ex art. 41, comma 2, c.p.a. è che il ricorso sia notificato oltre che all’Amministrazione, ad almeno uno dei contorinteressati individuato nell’atto gravato. Quando i provvedimenti impugnati non individuino alcun controinteressato, potrebbe a un caso porsi una questione di integrazione del contraddittorio. Quando però i provvedimenti impugnati siano atti regolamentari o generali, non sussistono allora controinteressati, in forza della portata generale degli stessi e della loro inidoneità a incidere direttamente interessi di soggetti contrapposti (T.A.R. Lombardia Milano III, 9 marzo 2011 n. 676).

2. Sul concetto di servizio pubblico. Tesi oggettiva e tesi soggettiva.
2.1. Il legislatore non ha posto una definizione di servizio pubblico rimettendone il compito agli interpreti. La dottrina si è mostrata, e continua tuttora a mostrarsi, divisa tra coloro che propugnano una concezione oggettiva del servizio pubblico e coloro invece che ne propugnano una concezione soggettiva. 
2.2. La concessione oggettiva di servizio pubblico si fonda sulla natura dell’attività prestata e ritiene che in tanto un’attività può essere qualificata come servizio pubblico, in quanto la legge abbia determinato programmi e controlli sulla stessa per indirizzarla e coordinarla a fini sociali. Questa opinione trae argomento dall’art. 43 Cost. in base al quale possono essere espropriate e trasferite allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali, a fonti di energia o situazioni di monopolio e rivestono carattere di interesse generale. Il servizio pubblico dovrebbe quindi rinvenirsi ogniqualvolta un’attività, sia o meno riferibile a soggetti pubblici, realizzi le condizioni di cui al suddetto art. 43 Cost. L’area dei servizi pubblici coinciderebbe secondo tale impostazione con quelle attività economiche, svolte da un soggetto pubblico o privato, che sono indirizzate e coordinate a fini sociali. 
2.3. La concezione oggettiva di servizio pubblico è stata criticata perché non permette di distinguere adeguatamente il vero e proprio servizio pubblico da altre fattispecie di intervento pubblico nell’economia esplicantesi in atti di programmazione e controllo su attività economiche che sono, e rimangono, private. Per questo è stata contrapposta a tale concezione un’altra dottrina, secondo la quale per aversi servizio pubblico occorre che una determinata attività sia assunta come propria da un soggetto pubblico e venga disciplinata da norme di diritto pubblico, fermo restando che la gestione della stessa può essere realizzata in vario modo anche mediante esternalizzazione. Ciò che rileva a fini qualificatori è che detta attività, anche se gestita da privati, sia riferibile ad un soggetto pubblico e venga disciplinata da norme di diritto amministrativo.

3. (segue): la tesi mediana.
3.1. La contrapposizione tra concezione oggettiva e soggettiva di servizio pubblico è lungi dall’essere superata, e probabilmente la ricostruzione del concetto di servizio pubblico richiede l’apporto di entrambe poiché entrambe colgono un aspetto di verità. È vero che non ogni attività che sia svolta da, o comunque sia riferibile a, un soggetto pubblico può essere qualificata come servizio pubblico. A tal fine è infatti imprescindibile che la stessa sia finalizzata alla soddisfazione di bisogni generali della collettività, ovvero a fini sociali. 
3.2. È necessario distinguere fra quelle attività che un soggetto pubblico ponga in esse a fini di lucro economico nell’espletamento della capacità di diritto civile, e quelle invece che ponga in essere in attuazione dei propri scopi istituzionali a fini di benessere della collettività. Rileva in questo senso l’art. 112, comma 1, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il quale al primo comma, con disposizione estensibile oltre l’ambito degli enti locali, correla i servizi pubblici alla “produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. 
3.3. La concezione oggettiva del servizio pubblico coglie quindi un aspetto fondamentale perché per inquadrare le attività di un soggetto pubblico, o comunque allo stesso riferibili, occorre distinguere tra quelle dirette a fini di interesse generale e quelle che invece sono dirette a scopo di lucro. A titolo esemplificativo, se un appartamento di proprietà del soggetto pubblico viene locato a prezzi di mercato, ebbene tale operazione non potrà essere ascritta ad un servizio pubblico, ma ad un’attività economica di diritto privato. Ove invece l’appartamento venga destinato ad alloggio per soggetti che si trovano in difficili situazioni abitative, l’attività sarà riferibile a scopi di incremento del benessere della collettività e pertanto potrà essere qualificabile come servizio pubblico.
3.4. Il criterio sopraevidenziato tuttavia non appare sufficiente a distinguere l’attività privata dal servizio pubblico, poiché anche attività svolte da soggetti privati e che mai possono essere inquadrate in tale categoria possono avere finalità di accrescere il benessere della collettività. Il criterio oggettivo cioè non permette di distinguere quelle attività private che, pur avendo tali finalità dirette alla soddisfazione di bisogni generali, tuttavia non sono annoverabili nell’ambito del “pubblico”. E qui entra in campo la concezione soggettiva: in tanto un’attività può essere qualificata come servizio pubblico in quanto, oltre a possedere la suddetta finalità, sia riferibile ad un soggetto pubblico che l’ha assunta in proprio ritenendo che il suo espletamento rientri tra i propri scopi istituzionali e sia disciplinata da norme di diritto pubblico.
3.5. In conclusione può ritenersi che l’inquadramento di una determinata attività nell’ambito del servizio pubblico richiede un duplice elemento: da un lato la stessa deve essere rivolta al soddisfacimento di bisogni di interesse generale e finalizzata all’accrescimento del benessere della collettività; dall’altro deve essere stata assunta come propria da un soggetto pubblico in quanto rientrante nelle sue finalità istituzionali e dal medesimo organizzata con norme di diritto pubblico. Il primo elemento consente di distinguere il servizio pubblico dalle attività che un ente pubblico pone in essere con la generale capacità di diritto civile, mentre il secondo serve a distinguere dal servizio pubblico le attività che, pur rivolte a fini di benessere collettivo, tuttavia vengono espletate da privati e sono sottoposte a controlli o programmazione per meglio centrare l’obiettivo.

4. Riconduzione del servizio di refezione scolastica nel novero dei servizi pubblici.
Il servizio di refezione scolastica è qualificabile come servizio pubblico. Esso viene assunto dall’Amministrazione comunale con la finalità di favorire ed agevolare la frequenza delle scuole dell’infanzia ed elementari presenti nel proprio territorio. Ricorre quindi sia l’elemento soggettivo, ossia la riferibilità dell’attività di refezione scolastica ad un ente pubblico, sia l’elemento oggettivo e cioè la finalizzazione dell’attività medesima a scopi di generale interesse, consistenti nell’agevolazione della frequenza scolastica.

5. Modulazione delle tariffe del servizio di refezione scolastica in relazione agli scaglioni di reddito così come risultanti dall’ISEE.
5.1. Il c.d. ISEE e cioè l'indicatore della situazione economica equivalente è uno strumento atto ad individuare la situazione economica di un soggetto con riferimento non solo al proprio patrimonio, ma anche a quello dell’intero nucleo familiare ed è disciplinato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109. Questa normativa individua il proprio ambito di applicazione all’art. 1, comma 1, in riferimento a “coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche……… le disposizioni del presente decreto si applicano alle prestazioni o servizi sociali assistenziali” con esclusione delle prestazioni pensionistiche. Il comma 2 afferma che “ gli enti erogatori………… individuano…… le condizioni economiche richieste per l’accesso alle prestazioni agevolate, con possibilità di prevedere criteri differenziati in base alle condizioni economiche e alla composizione della famiglia……”. 
5.2. La differenziazione nell’accesso ai servizi in base alle condizioni economiche risultanti dall’ISEE è legittimo in tanto in quanto sia prevista per l’accesso a prestazioni o servizi sociali assistenziali.
5.3. Ai sensi dell’art. 128, comma 2, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 per “servizi sociali” devono intendersi le attività poste in essere da soggetti pubblici al fine di rimuovere e superare situazioni specifiche di bisogno o di difficoltà delle persone, con esclusione di quelle garantite dal sistema previdenziale e sanitario e di quelle assicurate dall’amministrazione della giustizia.
5.4. La refezione scolastica non rientra nell’ambito dei servizi sociali. Essa infatti non è finalizzata al superamento di specifiche situazioni di bisogno o di difficoltà delle persone, ma è rivolta alla generalità dei minori frequentanti le scuole dell’infanzia ed elementari nel territorio comunale. 
5.5. Viola l’art. 1 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 l'Amministrazione Comunale che moduli le tariffe del servizio di refezione scolastica in relazione agli scaglioni di reddito così come risultanti dall’ISEE; tale disposizione limita l’utilizzo dei criteri unificati di valutazione della situazione economica ai richiedenti prestazioni o servizi sociali assistenziali che non siano destinati alla generalità dei soggetti. 
5.6. L’Amministrazione, per salvaguardare le fasce di utenza più deboli del servizio di refezione scolastica, avrebbe dovuto individuare modalità di tariffazione specifica a loro favore e derogatorie ai criteri generali.

6. Tutela del legittimo affidamento e modificazioni delle condizioni tariffarie per l'accesso ai servizi pubblici locali.
Sebbene gli utenti non abbiano firmato alcun contratto indicante la quota che avrebbero pagato per l’accesso al servizio di refezione scolastica; nondimeno le condizioni tariffarie per l’accesso al servizio all’epoca vigenti erano loro note e ciò ha creato un affidamento circa il mantenimento delle stesse nel corso dell’anno scolastico (C.d.S. 22 maggio 2012, n. 4362), che l’Amministrazione non può disattendere senza adeguata motivazione. Le famiglie si organizzano per la frequenza scolastica dei propri figli al momento di iscrizione, valutando la rispondenza delle soluzioni proposte dall’Amministrazione alle loro esigenze. Modificare le condizioni tariffarie del servizio nel corso dell’anno scolastico lede l’affidamento ingenerato e potrebbe essere giustificato in presenza di eventi straordinari, ma non per esigenze di riequilibrio finanziario di cui l’Amministrazione non dimostra la riconducibilità ai medesimi.

T.A.R. Toscana, Sez. 1, 11 aprile 2013, n. 00559
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