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Reiterazione di vincoli espropriativi

Espropriazione per pubblica utilità Urbanistica e edilizia

Sulla necessità di adeguata motivazione per gli atti di reiterazione di un vincolo espropriativo
T.A.R. Toscana, Sez. 1, Sentenza 11 luglio 2013, n. 01152

Principio

1. Onere di motivazione nel caso di reiterazione di strumenti urbanistici che impongano vincoli espropriativi su aree private.
1.1. La reiterazione di un vincolo espropriativo decaduto per l'avvenuta scadenza del termine quinquennale previsto dall'art. 9 del d.p.r. n. 327/2001 (subentrato all’art. 2 della legge n. 1187 del 1968) è legittima e possibile solo se corredata da rinnovata e specifica motivazione che asseveri l'attualità e la rispondenza al pubblico interesse della previsione reiterata. 
1.2. In caso di reiterazione del vincolo espropriativo l'esigenza di una specifica motivazione è da ritenere maggiormente avvertita laddove la protratta inerzia dell’Amministrazione (che non ha provveduto ad eseguire le espropriazioni, lasciando decadere i vincoli) può indurre a ritenere estinto, o quanto meno attenuato, l'interesse pubblico al mantenimento del vincolo, cosicché la sua reiterazione non può limitarsi alla generica affermazione dell'esistenza di un pubblico interesse, ma richiede una motivazione puntuale e specifica che riguardi la mancanza di aree più idonee della stessa zona destinate ad uso pubblico, la perdurante conformità all'interesse collettivo della originaria destinazione, le esigenze della collettività che richiedono la realizzazione dell'opera e la prevalenza delle stesse sull'interesse del privato proprietario del bene. 
1.3. Sebbene la decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 24.5.2007, nella parte in cui subordina la astratta possibilità di reiterazione dei vincoli espropriativi alla puntuale valutazione dell'interesse pubblico attuale, precisi che tale motivazione può anche essere sufficientemente assolta dal richiamo al necessario rispetto degli standard, è anche vero che la necessità di dotare un'area di certi standard, misurati da tempo, deve essere necessariamente aggiornata alla luce delle attuali nuove esigenze (TAR Sicilia, Catania, I, 15.9.2009, n. 1508).
1.4. È insufficiente, ai fini della giustificazione della conferma del vincolo espropriativo, il generico richiamo al rispetto degli standard di cui al D.M. n. 1444/1968, quando risulti che la proprietà interessata dal ridetto vincolo sia stata da lungo tempo oggetto dello stesso, più volte reiterato, dapprima destinando l'area privata a verde pubblico, e poi a edilizia scolastica pubblica, nonché quando risulti dagli strumenti urbanistici comunali l’esistenza di edifici scolastici non più utilizzati con previsione di adibirli ad altre destinazioni, senza quindi che siano spiegate le ragioni in base alle quali l’Amministrazione, per soddisfare i predetti standard, preferisca realizzare nuovi edifici scolastici piuttosto che utilizzare quelli dismessi.

2. Reiterazione del vincolo espropriativo e previsione di un indennizzo a favore del privato a ristoro del pregiudizio patito per il protrarsi del sacrificio imposto.
È legittima la deliberazione comunale con il quale sia approvato lo strumento urbanistico che reiteri un vincolo espropriativo, anche se viene omessa la previsione di un indennizzo a favore del privato a ristoro del pregiudizio patito per il protrarsi del sacrificio imposto, poiché l’art. 39 del d.p.r. n. 327/2001 non impone l’indicazione di un indennizzo nella delibera di approvazione della variante urbanistica confermativa del vincolo, in quanto la sua spettanza è eventuale e deve essere accertata sulla base dell’apposita domanda dell’interessato, sul quale ricade l’onere di dimostrare il pregiudizio concretamente subito (Cons. Stato, A.P., 24.5.2007, n. 7; TAR Sicilia, Catania, I, 13.4.2010, n. 1086; TAR Campania, Napoli, VIII, 7.3.2013, n. 1286). La formulazione della predetta norma tiene conto del fatto che il proprietario dell’area oggetto del vincolo espropriativo, diversamente da quanto accade in caso di occupazione d’urgenza o di espropriazione vera e propria, continua ad utilizzare l’area stessa e potrebbe in concreto ricavare da tale utilizzo una utilità analoga o superiore a quella ricavabile dall’utilizzo edificatorio; in tal modo il legislatore da un lato evita la possibilità di ingiustificati arricchimenti del proprietario (il quale può comunque far valere la pretesa dell’indennità fornendo la prova dell’an e del quantum del pregiudizio subito) e dall’altro lato valorizza il principio generale della vicinanza dei mezzi di prova, in forza del quale l’onere probatorio è accollato a chi sia il dominus delle informazioni necessarie al giudizio, ovvero abbia la possibilità di dimostrare fatti e circostanze rilevanti in quanto ricadenti nella propria sfera di controllo.

T.A.R. Toscana, Sez. 1, 11 luglio 2013, n. 01152
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