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Provvedimento di sospensione del rapporto di accreditamento istituzionale

Igiene e sanità

Sul provvedimento di sospensione del rapporto di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie accreditate ex art. 8 octies, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 502 del 1992, rubricato “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della Legge 23 ottobre 1992, n, 421
T.A.R. Sicilia Catania, Sez. 4, Sentenza 21 settembre 2021, n. 02892

Premassima

Nel novero degli illeciti amministrativi rientra il provvedimento di sospensione del rapporto di accreditamento istituzionale ai sensi dell’art. 8 octies, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 502 del 1992. Si sostanzia in una sanzione amministrativa, ascrivibile in ragione di un illecito amministrativo riconducibile a quelli di “mera condotta”, ossia gli illeciti che, a prescindere da qualsiasi accertamento concreto in ordine alla lesione dei diritti protetti e in assenza di un danno percepibile, si perfezionano per l’inottemperanza ad un precetto. Tale istituto svolge una “funzione special-preventiva”, in quanto opera da un lato sui rapporti finanziari con il Servizio sanitario regionale come “penalità economica”, e dall’altro priva temporaneamente la struttura convenzionata della possibilità di imputare al SSR, in toto o parzialmente, i costi delle prestazioni erogate nei confronti dei propri pazienti.

Principio

In materia sanitaria, il supremo Consesso ha allineato su un unico piano due orientamenti contrapposti, uno espresso e l’altro secondo cui se le disfunzioni rilevate non vengano rimosse, in seguito alla diffida opera la sospensione dell’accreditamento con prescrizioni, al fine di indurre l’interessato a rendere conforme la propria struttura con i requisiti di accreditamento. Mentre qualora le disfunzioni siano tempestivamente ed effettivamente rimosse, in tal caso risulterebbe superfluo disporre ugualmente la sospensione dell’accreditamento di una struttura corrispondente alle prescrizioni ad essa applicabili.

Per quanto attiene all’istituto della “diffida”, nel caso in ispecie, non convergerebbe con la mera comunicazione di avvio del procedimento, bensì sarebbe intrisa di un significato più pregnante sia da un punto di vista sostanziale che formale. Difatti, in relazione alla ratio e alla funzione del suddetto provvedimento, la misura della sospensione dell’accreditamento svolgerebbe una funzione ripristinatoria, atta a “sollecitare le strutture accreditate a rimettersi in linea con i requisiti di accreditamento” e a realizzare uno “stimolo al rispetto dei requisiti di accreditamento, attraverso la rimozione delle disfunzioni rilevate”. D’altronde, come chiarito dal Tribunale amministrativo regionale la “diffida” prevista dall’art. 5 del decreto assessorile invocato dalla ricorrente svolge la funzione di avvisare il destinatario che in ordine all’ipotesi di mancata acquisizione del requisito, l’Amministrazione potrà avviare il procedimento teso alla sospensione dell’accreditamento, svolgendo di fatto la funzione di “invito ad adempiere”.

In conclusione, giacché nel nostro ordinamento vige ed opera il c.d. “principio della libertà della forma degli atti amministrativi”, in virtù del quale in mancanza di espresse e tassative disposizioni in contrario, ferma restando l’obbligatorietà della forma scritta e del rispetto delle forme stabilite per la corretta notifica o comunicazione degli atti, l’Amministrazione è nella posizione di redigere i provvedimenti secondo l’impostazione che ritiene più idonea a conferire maggiore efficacia agli stessi.

T.A.R. Sicilia Catania, Sez. 4, 21 settembre 2021, n. 02892
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