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Procuratore della Repubblica

Ordinamento Giudiziario

Sulla procedura di conferma del magistrato titolare di Ufficio del Pubblico Ministero presso Tribunale al termine quadriennale di permanenza nelle funzioni
T.A.R. Lazio Roma, Sez. 1, Sentenza 26 marzo 2013, n. 03081

Principio

1. Sul potere del C.S.M. di definire i procedimenti di conferma del Capo dell'Ufficio del P.M. senza bisogno del previo concerto con il Ministero della Giustizia.
1.1. L’art. 11 della l. 24 marzo 1958, n. 195, nel testo attualmente vigente, stabilisce che, sul conferimento degli uffici direttivi, tra i quali rientra quello di procuratore della Repubblica, il Consiglio superiore della magistratura delibera su proposta, formulata di concerto col Ministro della giustizia, di una propria commissione; il ministro “esprime le sue motivate valutazioni solo in ordine alle attitudini del candidato relative alle capacità organizzative dei servizi”. A sua volta, il D.Lgs. 5 aprile 2006, n.160, all’art. 45 dispone che le funzioni direttive “hanno natura temporanea e sono conferite per la durata di quattro anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato, previo concerto con il Ministro della giustizia, per un’ulteriore sola volta, per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, dell'attività svolta”.
1.2. Il concerto si riferisce prima alla nomina e poi alla conferma, e non invece al diniego di conferma: a provvedimenti positivi, e non a provvedimenti negativi. La ratio dell'art. 45 D.Lgs. n. 160/2006 è di assicurare il preventivo assenso ministeriale sulla persona del magistrato che potrebbe ricoprire, o continuare a ricoprire, determinati uffici direttivi particolarmente delicati: è invece evidentemente irrilevante il gradimento su chi non li ricoprirà, e, coerentemente, anche su chi cesserà di ricoprirli.
2. Sugli obblighi di motivazione incombenti sul C.S.M. in sede di giudizio di conferma ex art. art. 45 D.Lgs. n. 160/2006.
2.1. La conferma, ex art. 45 D.Lgs. n. 160/2006, di magistrato titolare di incarichi direttivi (nella specie Capo della Procura della Repubblica presso Tribunale) non costituisce un atto dovuto, e nemmeno l’esito ordinario della relativa procedura; è però altrettanto vero che il relativo diniego presuppone un giudizio opposto e contrario a quello favorevole, emesso dallo stesso Consiglio quattro anni prima, al momento dell’assegnazione dell’incarico: esso deve essere dunque essere adeguatamente motivato, con riferimento ad elementi specifici e coerenti, tali cioè da dimostrare, nel loro complesso, l’inadeguatezza del magistrato a proseguire nello svolgimento dell’incarico.
2.2. Nel giudizio di conferma del Procuratore Capo, il giudizio del C.S.M. su addebiti organizzativi è illogico se attribuisce eccessivo rilievo a inadempimenti essenzialmente formali, senza preoccuparsi di stabilire quale reale impatto gli stessi avrebbero avuto sull’organizzazione concreta e quotidiana della procura. In particolare, eventuali lacune del progetto organizzativo del Procuratore Capo di gestione dei flussi dei carichi (cfr. 21 luglio 2009, "in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero"), costituiscono una negligenza che non può comunque pregiudicare la conferma, quando i dati rilevanti siano comunque desumibili dal progetto precedentemente approvato dal C.S.M., e comunque non abbiano determinato alcun tangibile pregiudizio per l’efficienza del servizio.
2.3. In tema di poteri di indirizzo del Procuratore Capo nell'emissione di provvedimenti cautelari da parte dei sostituti, le previsioni contenute nel D.Lgs. 20 febbraio 2006, n. 106, di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, oltre a confermare il principio che l’azione penale spetta soltanto al Procuratore della Repubblica, all’art. 3 stabilisce specifiche regole sulle prerogative del Procuratore della Repubblica in materia di misure cautelari. Ne consegue che l'atto con cui il Procuratore Capo chieda ai sostituti procuratori che le misure cautelari disposte devono essere di massima conosciute ed approvate dal procuratore, salvo deleghe preventive sempre revocabili, non può assurgere ad elemento idoneo a sorreggere il diniego di conferma.

T.A.R. Lazio Roma, Sez. 1, 26 marzo 2013, n. 03081
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