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Principio di separazione dei poteri

Giustizia amministrativa Beni culturali e paesaggistici

1. Limiti al sindacato in sede giurisdizionale sull'attività amministrativa e principio di separazione dei poteri. Il sindacato del GA in merito a valutazioni di enti preposti a tutela di beni paesaggistici. 2. Rilevanza paesaggistica di opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se non vi è un volume da computare sotto il profilo edilizio. 3. Le caratteristiche che hanno giustificato l'imposizione del vincolo paessaggistico non sono fatti controversi suscettibili di valutazione ex art. 64 cod. proc. amm. 4. Il degrado di aree sottoposte a vincolo paesaggistico non giustifica l'assentibilità di opere che ulteriormente riducano la presenza di tale caratteristiche
Cons. St., Sez. 6, Sentenza Breve 7 gennaio 2014, n. 00018

Principio

1. Limiti al sindacato in sede giurisdizionale sull'attività amministrativa e principio di separazione dei poteri. Il sindacato del GA in merito a valutazioni di enti preposti a tutela di beni paesaggistici.
1.1. Nel caso in cui il TAR escluda la violazione dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004 in base all’assunto secondo cui una piscina non comporterebbe alterazione alcuna dei valori paesaggistici, rilevando testualmente che «le piscine interrate non possono alterare i valori paesaggistici, perché non suscettibili di verticalizzazione con pregiudizio di visuali e visioni prospettiche», è evidente che il TAR abbia travalicato i limiti del sindacato proprio della giurisdizione di legittimità e sia entrato nel merito dell’atto amministrativo, sostituendosi all’Amministrazione preposta alla gestione del vincolo nella valutazione, di natura tecnico-discrezionale, della compatibilità paesaggistica dell’intervento in questione.
1.2. Il T.A.R. è incorso nella violazione dei principi della separazione dei poteri e della tassatività delle ipotesi di giurisdizione di merito delineate dall’art. 134 cod. proc. amm., da cui esula la fattispecie sub iudice, non solo perché ha sostituito la propria valutazione a quella tecnico-discrezionale rientrante nell’ambito dei poteri dell’amministrazione, ma anche perché ha affermato in modo apodittico che «le piscine interrate non possono alterare i valori paesaggistici, perché non suscettibili di verticalizzazione con pregiudizi di visuali e visioni prospettiche», senza correlativa valutazione della fattispecie concreta, con conseguente manifesta insufficienza motivazionale.

2. Rilevanza paesaggistica di opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se non vi è un volume da computare sotto il profilo edilizio.
2.1. Hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se non vi è un volume da computare sotto il profilo edilizio (pur se si tratti di volumi tecnici: Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3578), anche se si tratta di una piscina (Sez. VI, 2 marzo 2011, n. 1300), poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico possono anche esigere l’immodificabilità dello stato dei luoghi (ovvero precludere una ulteriore modifica).
2.2. Legittimamente la competente Soprintendenza ha negato il nulla osta a intervento edilizio in area sottoposta a vincolo paesaggistico, rilevando esigenze di conservazione, con osservazioni puntuali e ragionevoli, poiché la normativa di tutela dei beni paesaggistici consente (e impone) all’autorità preposta alla tutela del vincolo di valutare non solo l’incidenza delle ‘verticalizzazioni’ su ‘visuali e visioni prospettiche’, ma anche di ogni opera che modifichi i tratti naturalistici dell’area, oltre che di quanto può emergere dall’alto (dal momento che per loro natura le aree sottoposte a vincolo sono oggetto di visione, esame e studio anche dall’alto, quale elemento decisivo per la loro descrizione e per la valutazione della loro maggiore o minore integrità).

3. Le caratteristiche che hanno giustificato l'imposizione del vincolo paessaggistico non sono fatti controversi suscettibili di valutazione ex art. 64 cod. proc. amm.
Le caratteristiche della zona, che hanno giustificato l’imposizione del vincolo paesaggistico, costituiscono elementi di fatto qualificati normativamente dai provvedimenti impositivi del vincolo, assurgendo a parametri di valutazione della compatibilità paesaggistica dei singoli interventi edilizi e, dunque, ponendosi su un piano diverso dai fatti, principali e/o secondari, costituenti l’oggetto del thema probandum ed, in ipotesi, suscettibili di non contestazione ai sensi della art. 64, comma 2, cod. proc. amm. Il piano normativo/valutativo non può quindi essere confuso con il piano processuale dell’individuazione dei fatti controversi e della distribuzione dell’onere della prova.

4. Il degrado di aree sottoposte a vincolo paesaggistico non giustifica l'assentibilità di opere che ulteriormente riducano la presenza di tale caratteristiche.
Laddove il ricorrente in primo grado deduca che, nel corso del tempo, atti o comportamenti omissivi hanno portato al degrado, o addirittura alla cancellazione delle caratteristiche della zona, che hanno giustificato l’imposizione del vincolo paesaggistico, ciò nondimeno è del tutto ragionevole e legittima la valutazione sulla non assentibilità di opere che ulteriormente riducano la presenza di tale caratteristiche, e sull’esercizio in un senso rigoroso dei poteri tecnico-discrezionali, volti alla salvaguardia delle relative aree.

Cons. St., Sez. 6, 7 gennaio 2014, n. 00018
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