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Permesso di costruire e silenzio-assenso

Atto amministrativo e silenzio della P.A. Urbanistica e edilizia

Impugnazione del provvedimento espresso, successivo al silenzio, recante il rilascio del permesso a costruire.
T.A.R. Liguria, Sez. 1, Sentenza 23 aprile 2013, n. 00704

Principio

1. Sul potere dell’amministrazione di provvedere in modo espresso a seguito della formazione del silenzio-assenso.
1.1. La giurisprudenza ha affermato che una volta formatosi il silenzio assenso questo non può essere ritenuto tamquam non esset dall’amministrazione, tanto che per rimuoverne gli effetti dovrà essere esperito il procedimento di autotutela (C.S. V 20.3.2007 n. 1339, V 27.6.2006 n. 4114).
Il silenzio significativo, nella specie silenzio assenso, è un non atto che solo per fictio iuris è equiparato al provvedimento espresso. L’art. 20, comma 1, l. 241/90 espressamente afferma che il silenzio “equivale a provvedimento di accoglimento”, con ciò significando che il silenzio produce gli stessi effetti del provvedimento di accoglimento.
1.2. La questione relativa agli effetti del silenzio sul potere dell’amministrazione di provvedere, se cioè il maturarsi del silenzio consumi il potere dell’amministrazione oppure no, viene articolata  a seconda che il provvedimento successivo espresso sia contenutisticamente omogeneo al silenzio o meno.
Un primo punto fermo è che, in assenza di espressa disposizione di legge in tal senso, il silenzio non consuma il potere dell’amministrazione più di quanto possa farlo il provvedimento espresso.
Ciò significa, da un lato, che il tenore della disposizione di cui all’art. 20 l. 241/90 non può essere inteso come limitante i poteri dell’amministrazione alla sola autotutela, ma solo come una modalità procedimentale per la riedizione del potere; dall'altro, che ove particolari forme di aututotela siano vietate dagli ordinamenti settoriali le stesse saranno parimenti vietate nei confronti del silenzio assenso (così se il permesso di costruire è irrevocabile l’amministrazione non potrà revocare il silenzio formatosi sulla istanza di permesso di costruire).
E’evidente, quindi, che se il silenzio non consuma il potere dell’amministrazione di provvedere in senso contenutisticamente difforme dal silenzio, a maggior ragione l’amministrazione potrà provvedere in senso conforme al silenzio, disciplinando esplicitamente il rapporto amministrativo già definito in senso favorevole all’istante dal maturarsi del silenzio.
1.3. Il comportamento della parte istante che successivamente al maturarsi del silenzio assenso continua l’interlocuzione procedimentale, rispondendo alle richieste dell’amministrazione e soggiacendo alle condizioni da questa posta, coincide con una rinuncia agli effetti del silenzio medio tempore maturato.
Di conseguenza, il rapporto amministrativo è disciplinato esclusivamente dal provvedimento espresso emanato successivamente alla formazione del silenzio e, pertanto, il controinteressato non deve necessariamente impugnare il silenzio-assenso maturato, a pena di inammissibilità del gravame avverso il provvedimento espresso.

2. Sulla legittimazione a ricorrere derivante dalla c.d. vicinitas.
2.1. Devono ritenersi legittimati a impugnare il permesso di costruire concesso in violazione della normativa sulle distanze legali tra i fabbricati anche coloro che non abitano o non sono proprietari di porzioni dell’immobile in relazione al quale le distanze non sono rispettate.
Infatti, recentemente, la giurisprudenza ha affermato che il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. vicinitas, cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione (C. S. IV 15.2.2013 n. 922, CS IV 22.1.2013 n. 361).

3. Disciplina delle distanze legali applicabile alle nuove costruzioni ricadenti in zona A.
3.1. L’art. 9 del d.m. 1444/1968 disciplina le distanze per le ristrutturazioni e risanamenti conservativi in zona A e quelle per le nuove costruzione ricadenti in altre zone. Rimane priva di esplicita disciplina la distanza da rispettarsi nelle nuove costruzioni in zona A.
Inevitabile, tuttavia, appare l’applicazione analogica della disciplina prevista per le distanze da rispettarsi per le nuove costruzioni nelle zone diverse da quella A, posto che la ratio giustificatrice della disciplina che consiste nell’esigenza di evitare intercapedini dannose per la salute, non cambia a seconda delle zone. Tale ratio, infatti, non viene meno solo per il fatto che la nuova costruzione sia ubicata in zona A dove anzi, se mai, appare maggiormente pressante.
3.2. L’art. 9 del citato d.m. è norma assoluta ed inderogabile per tutte le nuove costruzioni in qualunque zona esse siano realizzate (fatta eccezione per le deroghe espresse contenute nello steso d.m.).
Sul punto è sufficiente il richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale che ha più volte ritenuto il decreto ministeriale in questione dotato di «efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato» (sentenza 23.1.2013 n. 6, sentenza n. 114 del 2012; ordinanza n. 173 del 2011).

T.A.R. Liguria, Sez. 1, 23 aprile 2013, n. 00704
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