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Opere pubbliche di competenza del Consiglio Comunale

Espropriazione per pubblica utilità Urbanistica e edilizia Enti locali

Competenza del Consiglio Comunale in materia di opere pubbliche comportanti varianti allo strumento urbanistico generale. Giusto procedimento in tema di apposizione di vincoli espropriativo. Obbligo di astensione del Sindaco dalla votazione di delibere riguardanti interessi propri. Il caso del Sindaco progettista di opera pubblica. Rapporto unilaterale di integrazione esistente tra il comma 2° e il comma 3° dell'art. 78 D.Lgs. n. 267/2000
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 20 dicembre 2013, n. 06177

Principio

1. Competenza del Consiglio Comunale in materia di opere pubbliche comportanti varianti allo strumento urbanistico generale.
1.1. Dall'art. 42, comma 2, lett. b), del D.Lgs. n. 267 del 2000, si evince come la Giunta municipale abbia una competenza amministrativa di carattere generale e residuale. Ne discende che, se normalmente spetta a questa il potere di approvazione del progetto preliminare di un'opera pubblica, tale attribuzione viene meno nei casi in cui questo esercizio comporti una variante allo strumento urbanistico, nel qual caso la competenza appartiene al Consiglio (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 27 luglio 2010 n. 4890).
1.2. Quando un progetto di opera pubblica sottoponga un bene privato ad un vincolo di servitù, si impone che l'adozione del progetto sia susseguente alla previa imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, ossia dell’effettiva destinazione delle aree al fine espropriativo. 
1.3. Quando la richiesta condizione di asservimento delle aree all'opera pubblica non sia evincibile dalla destinazione preesistente, essa deve essere appositamente imposta con uno degli strumenti concessi dall’ordinamento, tra questi rientra una variante urbanistica, puntuale o generale che sia, idonea a conformare il regime di proprietà della zona. 

2. Giusto procedimento in tema di apposizione di vincoli espropriativo.
2.1. Approvando un progetto di opera pubblica, si dà vita ad una variante puntuale della disciplina urbanistica, ossia ad una variante destinata ad incidere non in generale sulla destinazione di un’area, ma in particolare sulla funzionalizzazione della proprietà incisa ad un preciso intervento pubblico. Tale intervento, proprio perché precipuamente diretto a segmenti proprietari ben identificabili, che vengono in tal modo gravemente differenziati rispetto al regime valevole per gli immobili contermini, impone, da un lato, un più preciso obbligo motivazionale (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 15 aprile 2013 n. 2029) e, dall’altro, la necessaria partecipazione dei soggetti proprietari direttamente lesi (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 12 settembre 2013, n. 4517).
2.2. L’esistenza, quindi, di un obbligo partecipativo, se trascurato dalla PA, ancorché imposto dalla natura del procedimento, inficia a monte la correttezza del meccanismo di adozione dell'atto approvativo del progetto di opera pubblica, con una illegittimità che non potrebbe essere sanata dall’eventuale conoscenza in fatto ottenuta dalle parti interessate, atteso che il vizio potrebbe essere superato solo con la dimostrazione da parte dell’amministrazione dell’impossibilità di procedere in altro modo (giusta il disposto dell’art. 21 octies della legge sul procedimento), prova che, almeno nei casi di allocazione di opera pubblica, appare quanto meno diabolica.

3. Obbligo di astensione del Sindaco dalla votazione di delibere riguardanti interessi propri. Il caso del Sindaco progettista di opera pubblica.
3.1. Ai sensi dell'art. 78 D.Lgs. n. 267/2001 grava sul Sindaco l'obbligo di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibera riguardante la approvazione di progetto di opera pubblica, quando relativamente alla medesima opera risulti che il Sindaco abbia svolto la funzione di progettista strutturale per i calcoli statici.
3.2. Il dovere di astensione degli amministratori locali sussiste in tutti i casi in cui essi versino in situazioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano idonee anche solo in via potenziale a minare l'imparzialità dei medesimi, rendendo quindi del tutto irrilevante sia il superamento dell’eventuale prova di resistenza del voto (Consiglio di Stato, sez. V, 17 novembre 2009 n. 7151), sia anche il mancato raggiungimento del risultato sperato e del pregiudizio dell’amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 693). 
3.3. Anche l’esistenza di un mero rapporto professionale può concretizzare un interesse proprio al fine dell’adozione. Può escludersi soltanto in cui il contenuto del provvedimento adottato, di carattere ampiamente generale, sia tale da elidere in radice qualsiasi accostamento tra attività amministrativa e impegno professionale.
3.4. La posizione del progettista, sebbene non idonea a legittimare una posizione processuale differenziata (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 18 aprile 2012, n. 2275, dove si legge che il progettista è “titolare di un mero interesse semplice o di fatto alla realizzazione dell'opera secondo il progetto, per cui non può impugnare in via autonoma il diniego di concessione edilizia"), si articola normalmente in un ventaglio ampio di posizioni, da quelle economiche, date dai rapporti contrattuali tra le parti (sconosciute ai terzi, ma che in astratto ben possono comprendere meccanismi incentivanti collegati all’effettiva realizzazione dell’opera), a quelle curriculari o di pubblicità conseguente al completamento dell’opera, fino a quelle meramente personali di legittima soddisfazione. 
3.5. L’interesse del progettista ha, quindi, un’ampiezza maggiore del mero concludersi della prestazione professionale con il committente (come dimostra peraltro la giurisprudenza in tema di responsabilità successiva, da ultimo in campo civile,: Cass. civ., sez. II, 23 luglio 2013, n. 17874 e, in campo penale, Cass. pen., sez. III, 9 aprile 2013, n. 16204), così giustificando l’ultrattività dell’obbligo di astensione anche al di là della conclusione del rapporto contrattuale a monte.

4. Rapporto unilaterale di integrazione esistente tra il comma 2° e il comma 3° dell'art. 78 D.Lgs. n. 267/2000.
4.1. Il comma 3° dell'art. 78 D.Lgs. n. 267/2000 impone che “I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato”, opera pro futuro, diversamente dal comma 2° del medesimo art. 78. Ciò non significa che i due comportamenti disciplinari siano distinti, tanto da rappresentare segmenti normativi non comunicanti. Ragionando in tal modo, si perverrebbe al risultato incongruo che, stante l’obbligo pro futuro di non esercitare, non vi sarebbe incompatibilità per qualsiasi tipo di progettazione effettuata prima dell’assunzione della carica, legittimando così la legittima presenza deliberante del progettista in ragione del mero dato temporale.
4.2. Il comma 2° e il comma 3° dell'art. 78 D.Lgs. n. 267/2000 si pongono in rapporto unilaterale di integrazione, atteso che la prima disposizione, di carattere generale e valevole in tutte le circostanze, è affiancata e rafforzata dalla seconda, che impone, ai soli “componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici” (limite soggettivo) non solo il rispetto della norma principale di astensione, ma anche di quella più stringente del comma successivo, che li obbliga (limite oggettivo) ad “astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato”.

Cons. St., Sez. 4, 20 dicembre 2013, n. 06177
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