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Occupazione appropriativa

Espropriazione per pubblica utilità

Criteri in base ai quali la P.A. che abbia illecitamente appreso un bene privato debba provvedere al ristoro dei pregiudizi conseguenziali
T.A.R. Puglia Lecce, Sez. 1, Sentenza 17 aprile 2013, n. 00849

Principio

1. Giurisdizione amministrativa sulle controversie, anche risarcitorie, che abbiano a oggetto un'occupazione originariamente legittima, e che sia poi divenuta sine titulo.
Appartengono alla giurisdizione amministrativa le controversie, anche risarcitorie, che abbiano a oggetto un'occupazione originariamente legittima, e che sia poi divenuta sine titulo a causa del decorso dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e dell’occupazione in via temporanea e d’urgenza, senza il sopravvenire di un valido decreto di esproprio, atteso che in questi casi trattasi non già di meri comportamenti materiali, ma di condotte costituenti espressione di un'azione originariamente riconducibile all'esercizio del potere autoritativo della Pubblica amministrazione e che solo per accidenti successivi, come avviene anche per l'ipotesi di successivo annullamento giurisdizionale degli atti ablatori, hanno perso la propria connotazione eminentemente pubblicistica (in questo senso Cons. St., sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6012).

2. Tardività del decreto di esproprio allorché sia emesso oltre il termine di cinque anni dalla data di immissione nel possesso ovvero allorquando sia scaduto il termine finale per il completamento della procedura espropriativa.
Deve essere dichiarato tardivo e “tamquam non esset” il decreto di esproprio che sia stato emesso oltre il termine di cinque anni dalla data di immissione nel possesso, nonché allorquando sia scaduto il termine finale per il completamento della procedura espropriativa ex art. 13 della legge n. 2359/1865 discendente dall’approvazione del progetto, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1/1978.

3. Modalità con cui la P.A. può far cessare la detenzione sine titulo di beni di proprietà privata.
3.1. La carenza di potere all’emanazione del decreto di esproprio – da considerarsi, dunque, “inutiliter datum” se nel frattempo emesso – non determina il trasferimento della proprietà del bene alla P.A., posto che – come ripetutamente chiarito dal Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, la sentenza della Sez. IV del 3 ottobre 2012 n. 5189; conf., 2 settembre 2011 n. 4970, 7 aprile 2010 n. 1983 e 30 gennaio 2006 n. 291) – anche “l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non fa venire meno l’obbligo dell’amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso”.
3.2. Divenuta illecita la detenzione del bene, e modificato esso dalla realizzazione dei lavori, la P.A. ha disposizione un solo rimedio per far cessare la situazione di illiceità, con il ricorso al c.d. procedimento acquisitivo, già previsto dall’art. 43 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 ed ora, successivamente alla sentenza della Corte costituzionale dell’8 ottobre 2010 n. 293, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, nuovamente regolamentato all’art. 42-bis dello stesso testo, come introdotto dall’articolo 34, comma 1, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111.

4. Criteri in base ai quali la P.A. che abbia illecitamente appreso un bene privato debba provvedere al ristoro dei pregiudizi conseguenziali.
4.1. È indubbio il comportamento illecito dell’amministrazione che, a seguito della scadenza dei termini di occupazione d’urgenza e stante il mancato perfezionamento del procedimento di esproprio, detenga sine titulo il terreno di parte ricorrente sul quale ha proceduto a realizzare l’opera pubblica, così com’è indubbia l’esistenza di un ingiusto pregiudizio in capo al privato che ha perso la disponibilità del terreno.
4.2. Dovendosi escludere che la mera trasformazione irreversibile di un suolo con la realizzazione di un'opera pubblica costituisca circostanza idonea a trasferire in capo all’Amministrazione la proprietà delle aree in assenza di un regolare provvedimento di esproprio, e ciò sia nel caso di occupazione del terreno ab origine sine titulo sia nel caso di un'occupazione iniziata in forza di un provvedimento legittimo poi scaduto (cfr. sentenze CEDU nei casi Scordino/Italia, Belvedere Alberghiera c/Italia, Prena c/Italia), il comportamento della Pubblica Amministrazione costituisce un illecito permanente, dal quale consegue l’obbligo di far cessare la illegittima compromissione del diritto di proprietà mediante la restituzione del bene alla ricorrente, dato che questa non ha perduto la proprietà del bene ed ha titolo a riaverlo. 
4.3. Ne consegue che è infondata la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno, derivante dalla perdita della proprietà, per equivalente monetario. Il risarcimento deve operare in relazione all’illegittima occupazione del bene, e deve pertanto coprire le voci di danno per il mancato godimento del bene, dal momento del perfezionamento della fattispecie illecita sino al giorno della sua giuridica regolarizzazione, ossia sino all’effettiva restituzione del bene; ciò salva la possibilità per l’amministrazione di perfezionare valido contratto di acquisto del bene (con il consenso dei ricorrenti), ovvero di avvalersi in via postuma dello strumento acquisitivo della proprietà di cui all’art. 42 bis d.p.r. n. 327/01.
4.4. Il termine iniziale da cui si perfeziona la fattispecie illecita va identificato in quello in cui l’occupazione dell’area è divenuta illegittima , mentre il termine finale va individuato in quello in cui la P.A. che abbia appreso il bene provveda alla restituzione dell’area, salva la sua legittima acquisizione, per contratto ovvero con lo strumento di cui all’art. 42 bis d.p.r. n. 327/01. Con riferimento a tale contesto temporale, la P.A. va condannata a corrispondere alla ricorrente, a titolo risarcitorio, una somma da quantificare sulla base del criterio normativo di cui all’art. 42 bis co. 3, vale a dire il 5% annuo sul valore dell’area nel periodo considerato.

T.A.R. Puglia Lecce, Sez. 1, 17 aprile 2013, n. 00849
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