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Natura della D.I.A.

Urbanistica e edilizia Giustizia amministrativa

Ritualità della notifica dell'appello quando la notificazione si sia tempestivamente perfezionata nei confronti di una sola delle parti principali del giudizio di primo grado. Notificazione dell'atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l'atto è destinato. Riproponibilità in appello le censure di legittimità assorbite e non esaminate dalla sentenza che accoglie il ricorso di 1° grado. Natura della D.I.A. Il c.d. prospective overruling nel giudizio amministrativo. Principio del tempus regit actum in materia di urbanistica e edilizia. Sulla illegittimità costituzionale art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010 (Corte Cost. sent. n. 309/2011). Disapplicazione del regolamento comunale qualificante come ristrutturazione edilizia interventi che comportano una diversa sagoma, in contrasto con la norma primaria dell'art. 3 d.P.R. n. 380/2001. Risarcimento del danno per responsabilità attizia. L'elemento soggettivo. Jus poenitendi
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 6 dicembre 2013, n. 05822

Principio

1. Ritualità della notifica dell'appello quando la notificazione si sia tempestivamente perfezionata nei confronti di una sola delle parti principali del giudizio di primo grado.
L'onere della notificazione dell'appello deve ritenersi correttamente adempiuto quando la notificazione si sia tempestivamente perfezionata nei confronti di una sola delle parti principali del giudizio di primo grado, non avendo la notificazione del gravame la funzione di instaurare un nuovo contraddittorio, bensì quella di riprendere la controversia già instaurata nella fase precedente (cfr. Cons. St., Ad. plen. n. 50/1980; IV Sez., n. 824/1998 e n. 2833/2003; V Sez., n. 1897/2001; v., oggi, l'art. 95, commi 2 e 3, c.p.a.).

2. Notificazione dell'atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l'atto è destinato.
La notificazione dell'atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l'atto è destinato, comporta un vizio della notificazione, che può essere sanato, con efficacia ex tunc, o con la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l'impugnazione è diretta, ovvero con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal Giudice a norma dell'art. 291 c.p.c., con la consegna di un numero di copie pari a quello dei destinatari, tenuto conto di quella o di quelle già consegnate (cfr. Cons. Stato Sez. III, 03-10-2011, n. 5419; Cass. civ. Sez. V, 24-01-2007, n. 1574; Cass., 17/04/2004, n. 7347 e 4 aprile 2006, n. 7818).

3. Riproponibilità in appello le censure di legittimità assorbite e non esaminate dalla sentenza che accoglie il ricorso di 1° grado.
Nel caso di appelli regolati dalle norme di rito previgenti all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, opera il principio secondo cui, in applicazione estensiva dell'art. 346 c.p.c., nel processo amministrativo sono riproponibili i motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria, così semplificando gli oneri dell'appellante incidentale (proprio), esentandolo dalla necessità di notificazione dell'atto. Peraltro, se pure si consente la riproposizione dei motivi per il tramite di memoria e non di appello incidentale (accordando prevalenza all'art. 346 c.p.c. sull'art. 37 R.D. n. 1054/1924), non si può escludere che detta memoria debba essere comunque depositata entro il termine previsto dal citato art. 37. E ciò a maggior ragione vista l'assenza di diversa previsione nell'art. 346 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4766).

4. Natura della D.I.A.
La D.I.A. è un atto del privato, cosicché il privato asseritamente leso da essa ha il diritto/dovere di agire innanzi al T.A.R. chiedendo l’accertamento circa la insussistenza dei presupposti per la eseguibilità dell’intervento oggetto di denuncia. Ciò nel termine decadenziale decorrente dalla conoscenza dell’avvenuta presentazione della D.I.A. (si veda, in particolare, Cons. Stato, Sez. VI, n. 717/2009 e Cons. Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15). 

5. I principi desumibili dall'Adunanza Plenaria n. 15/2011 non sono applicabili alle controversie insorte anteriormente alla sua pubblicazione. Il c.d. prospective overruling nel giudizio amministrativo.
5.1. È ammissibile il ricorso con cui il privato, che assuma di essere stato leso da opere edilizie eseguite in forza di D.I.A., abbia impugnato il provvedimento con cui l'A.C. ha rigettato l'istanza del medesimo privato volta a sollecitare l'esercizio di poteri inibitori o sanzionatori, in quanto l’intervento contestato risulterebbe conforme alle norme vigenti. Infatti, poiché il privato ha conformato la propria azione all'indirizzo giurisprudenziale che era prevalente all'epoca della notifica del ricorso giurisdizionale, sussistono i presupposti per ritenere non applicabile il successivo overruling, secondo cui, nel caso di presentazione di D.I.A. edilizia, deve configurarsi un silenzio significativo che può essere impugnato dal terzo mediante esperimento di un'azione impugnatoria, ex art. 29 c.p.a., da proporre nell'ordinario termine decadenziale, decorrente dal momento della piena conoscenza dell'adozione dell'atto lesivo (cfr. art. 41, comma 2, del codice) e cioè completamento dei lavori edilizi contestati, 
5.2. In base agli insegnamenti della consolidata giurisprudenza di legittimità civile va limitata la portata retroattiva dell’overruling. Affinché un orientamento del giudice della nomofilachia non sia retroattivo come, invece, dovrebbe essere in forza della natura formalmente dichiarativa degli enunciati giurisprudenziali, ovvero affinché si possa parlare di "prospective overruling", devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto "overruling" comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 11 marzo 2013, n. 5962, ma si veda anche Sezioni Unite della Cassazione Civile, Ordinanza n. 8127 del 11 aprile 2011).
5.3. Il c.d. prospective overruling è rispettoso dell’ampia portata del principio del diritto di difesa consacrato ex art. 24 della Costituzione, armonizzandosi a perfezione con tale prescrizione, ché, altrimenti, la parte ricorrente rischierebbe di essere assoggettata a conseguenze pregiudizievoli per il solo fatto di essersi conformata ad un orientamento maggioritario (se non come nel caso di specie uniforme), ancorché successivamente superato;
5.4. Il c.d. prospective overruling può essere agevolmente traslato al giudizio innanzi al Consiglio di Stato (giudice di ultimo grado le cui pronunce possono essere sindacate unitamente per motivi attinenti alla giurisdizione e, quindi, equiparabile, sotto il profilo della tutela del diritto di difesa, al “giudice di legittimità”).

6. Principio del tempus regit actum in materia di urbanistica e edilizia.
6.1. La legittimità di un provvedimento amministrativo si deve accertare con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del "tempus regit actum", con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi che non possono in alcun caso legittimare ex post precedenti atti amministrativi”(Cons. Stato Sez. IV, 21 agosto 2012, n. 4583; Cass. civ. Sez. VI, 22 febbraio 2012, n. 2672, secondo cui tale canone valutativo costituisce un principio di imprescindibile applicazione).
6.2. La materia urbanistica e quella edilizia non fanno eccezione alla regola generale del tempus regit actum (cfr., ex multis, Cons. Stato Sez. IV, 9 febbraio 2012, n. 693, secondo cui per il principio tempus regit actum, la legittimità del rigetto del permesso di costruire deve essere rapportata alla situazione di diritto riscontrabile alla data della relativa emanazione).

7. (segue): inapplicabilità ai titoli edilizi, formatosi anteriormente alla sua entrata in vigore, dell'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010.
Relativamente ai titoli edilizi formatosi anteriormente alla sua entrata in vigore non trova applicazione l'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, che definisce come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma. Ratione temporis, quindi, va esclusa in radice l’applicabilità di dette disposizioni al processo in corso, ovvero la loro valutabilità ex post ed incidenza sull’attività edificatoria antecedentemente realizzatasi e sui titoli abilitativi anteriormente formatisi (ex multis, si veda, di recente Cons Stato Sez. V 1632/2012). 

8. Sulla illegittimità costituzionale art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010 (Corte Cost. sent. n. 309/2011).
8.1. Vanno ricondotti nell'ambito della normativa di principio in materia di governo del territorio le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli interventi edilizi; cosicché a fortiori sono principi fondamentali della materia le disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali. L'intero corpus normativo statale in ambito edilizio è costruito sulla definizione degli interventi, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di ristrutturazione urbanistica, di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall'altro. La definizione delle diverse categorie di interventi edilizi spetta, dunque, allo Stato (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 303 del 2003; Id. sentenza n. 309 del 2011).
8.2. Le diverse categorie di interventi edilizi sono individuate dall'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, collocato nel titolo I della parte I del testo unico, intitolato «Disposizioni generali». In particolare, la lettera d) del comma 1 di detto articolo include, nella definizione di «ristrutturazione edilizia», gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all'edificio preesistente; la successiva lettera e) classifica come interventi di «nuova costruzione» quelli di «trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti». In base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale - configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia (cfr. Corte Cost. sent. n. 309/2001).
8.3. La linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi, d'altronde, non può non essere dettata in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la cui «morfologia» identifica il paesaggio, considerato questo come la rappresentazione materiale e visibile della Patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli (cfr. Corte Cost. sent. n. 309/2001).
8.4. Da tali presupposti è stata fatta discendere la statuizione per cui, l'art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall'art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, nel definire come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma, è in contrasto con il principio fondamentale stabilito dall'art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in materia di governo del territorio. 
8.5. La nozione di ristrutturazione edilizia comprende anche la demolizione con ricostruzione solo se il nuovo manufatto ha la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, non può essere classificato quale ristrutturazione l'intervento che abbia comportato la realizzazione di un nuovo immobile, distinto per volumetria altezza e sagoma rispetto al precedente (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 440). 
8.6. Nel concetto di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell'art. 31, primo comma, lett. d) della L. 5 agosto 1978 n. 457, rientra anche la demolizione e la successiva fedele ricostruzione del manufatto purché tale ricostruzione venga comunque eseguita in un tempo ragionevolmente vicino a quella della demolizione e realizzi un nuovo manufatto del tutto conforme al vecchio come sagoma, volume e superficie (cfr., ex aliis, Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 2002, n. 5410, ma anche Cons. Stato Sez. V, 3 aprile 2000, n. 1906) 

9. Disapplicazione del regolamento comunale qualificante come ristrutturazione edilizia interventi che comportano una diversa sagoma, in contrasto con la norma primaria dell'art. 3 d.P.R. n. 380/2001.
9.1. Il potere di disapplicazione dei regolamenti, anche se non ritualmente impugnati, è ammesso, in caso di contrasto tra norme di rango diverso - conflitto di norme-fonti non omogenee nella loro forza precettiva, ma simultaneamente abilitate e intervenire direttamente sulla stessa fattispecie concreta -,per garantire il rispetto della gerarchia delle fonti e accordare, quindi, prevalenza a quella di rango superiore, e cioè alla legge o comunque agli atti di rango primario (sulla disapplicazione della fonte inferior, cfr., ex multis, di recente, Cons Stato Sez. V n. 4914/2012).
9.2. Il regolamento comunale, nella parte in cui qualifica come ristrutturazione interventi che comportano una diversa sagoma, si pone in diretto conflitto con le disposizioni di rango e valenza superiore, segnatamente l'art. 3 d.P.R. n. 380/2001, cosicché va disapplicato dal Giudice Amministrativo.

10. Risarcimento del danno per responsabilità attizia. L'elemento soggettivo.
10.1. L'azione di risarcimento conseguente all' annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo implica la valutazione dell'elemento psicologico della colpa, alla luce dei vizi che inficiavano il provvedimento stesso e della gravità delle violazioni imputabili all'Amministrazione, secondo l'ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all'organo amministrativo, nonché delle condizioni concrete in cui ha operato l'Amministrazione, non essendo il risarcimento una conseguenza automatica della pronuncia del giudice della legittimità (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5052).
10.2. È configurabile l’errore scusabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3981).
10.3. Non sussiste l'elemento soggettivo della colpa, quando l'atto illegittimo sia stata emanato dalla P.A., in un quadro normativo non perspicuo e siano plausibili opposte opzioni ermeneutiche, nonché quando la P.A. abbia conformato la propria condotta a quanto previsto da una norma regolamentare ed a propria volta conforme ad una norma regionale che, di seguito, venne attinta da declaratoria di incostituzionalità.

11. Jus poenitendi.
11.1. Costituisce principio generale quello secondo cui lo jus poenitendi costituisce connotato indefettibile del potere amministrativo e del rapporto di supremazia speciale che lega l’amministrazione agli amministrati, riposando la potestà di autotutela nella possibilità per l’Amministrazione di ritirare, revocare, autoannullare le proprie precedenti manifestazioni provvedimentali, ad eccezione di quelle, di natura giustiziale, rese in sede di ricorso gerarchico.
11.2. In tema di adozione di atti amministrativi, il potere di annullamento è immanente al potere di autotutela e ne condivide i limiti, con particolare riguardo all'obbligo di motivazione, alla presenza di concrete ragioni di pubblico interesse non riducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità, alla valutazione dell'affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame, al rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale, ivi compreso l'avviso di avvio del procedimento di ritiro, all'adeguata istruttoria (cfr. T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, 2 febbraio 2012, n. 64).

12. (segue): sull'esercizio del potere di autotutela con riferimento a DIA.
12.1. La D.I.A. non è una manifestazione provvedimentale “per consensum”, trattandosi invece di attività giuridica privata (arg. ex Ad Plen. 15/2011). Nondimeno possono almeno in parte traslarsi sulla D.I.A. gli approdi relativi alle caratteristiche dell’autotutela.
12.2. Non incorre nel vizio di “straripamento” ed extrapetizione ex art. 112 c.p.c., la sentenza del G.A. che dichiari illegittimo il diniego dell'A.C. all'esercizio dei poteri inibitori e sanzionatori di interventi soggetti a D.I.A., restituendo il potere all’Amministrazione. Il G.A. non ha infatti travalicato, né sotto il profilo formale, né sotto quello sostanziale, il potere/dovere dell’Amministrazione di determinarsi sulla richiesta di autotutela, seppur con il vincolo conformativo discendente dalla sentenza del medesimo G.A.
12.3. Nel caso di annullamento di diniego di autotutela riguardo a un intervento edilizio che assuma la legittimità della ristrutturazione con modifica di sagoma ed altezza, in sede di riedizione del potere amministrativo Comune è tenuto a valutare l’incidenza, sulla delibazione che esso è chiamato a svolgere della recentissima modifica dell’art. 3 e dell’art. 10 del dPR n. 380/2001 ad opera dell’ art. 41, comma 4, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

Cons. St., Sez. 4, 6 dicembre 2013, n. 05822
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