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Murazzi del Po

Demanio e patrimonio Giurisdizione e competenza

Natura del rapporto tra Comune di Torino e privati affidatari delle arcate dei Murazzi del Po. Giurisdizione sulle relative controversie. Giudicato civile sulla giurisdizione e suoi effetti sul giudizio amministrativo. Rilevabilità in appello del difetto di giurisdizione
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 11 giugno 2013, n. 03218

Principio

1. Sulla qualificazione del rapporto negoziale tra il Comune di Torino e privati affidatari delle arcate dei Murazzi del Po.
1.1. In tema di concessioni di beni pubblici, l’esistenza di un provvedimento concessorio distinto almeno logicamente dall’atto di carattere privatistico, preventivo e di natura pubblicistica, è naturalmente indispensabile per configurare il rapporto quale rapporto concessorio su beni pubblici, poiché l’atto amministrativo ampliativo deve essere caratterizzato dall'esercizio di poteri finalizzati al perseguimento di interessi pubblici che devono emergere dall’atto stesso e che non possono certo confondersi o esaurirsi nella controprestazione patrimoniale (il pagamento dell’affitto); mancando tale atto, il rapporto non può configurarsi secondo lo schema della concessione.
1.2. In tema di affidamento a privati delle arcate dei Murazzi del Po, il bene oggetto del contratto non può ritenersi consistere nelle arcate delle strade, che sicuramente rientrano nel demanio o patrimonio indisponibile del Comune, bensì i locali ricavabili sotto le predette arcate, che certamente non hanno la medesima natura, e, anzi devono sicuramente ritenersi beni del patrimonio disponibile del Comune, non rientrando nella previsione di cui all’art. 826 c.c.
1.3. Il rapporto intercorso tra Comune di Torino e soggetto affidatario di arcate dei Murazzi del Po non è un rapporto amministrativo concessorio, non sussistendo peraltro alcun atto di concessione, cui acceda un contratto regolante le situazioni meramente patrimoniali, secondo lo schema proprio delle convenzioni concessorie. Il rapporto de quo configura semmai di un rapporto privatistico di locazione, rientrante nello schema del contrato di locazione di immobili urbani a fini commerciali.
1.4. Spetta al A.G.O. la giurisdizione in ordine alle domande di risoluzione e di risarcimento danni del contratto tra Comune di Torino e privato, avente ad oggetto il godimento di arcate dei Murazzi del Po, trattandosi di domande relative ad un contratto di diritto comune, che dà luogo ad un ordinario rapporto di locazione (cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 17 luglio 2008, n. 19598; Cassazione civile, Sez. Un., 10 agosto 2012, n. 14371).

2. Rilevabilità del difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo dopo sia passata in giudicato la sentenza del Giudice civile che ne affermi invece la giurisdizione.
Allorché il Giudice civile abbia dichiarato la propria carenza di giurisdizione su un contenzioso concernente beni pubblici e abbia conseguentemente devoluto la controversia al Giudice Amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva ex art. 5 L. n. 1034/1970, la parte che si duole della statuizione sulla giurisdizione ma non l'abbia impugnata non è legittimata ad eccepire il difetto di giurisdizione dinanzi al Giudice Amministrativo, risultando la sua acquiescenza al relativo dictum del Giudice civile, acquiescenza con conseguente inammissibilità dell’impugnazione sul punto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5694).

3. (segue): la statuizione del Giudice civile sulla giurisdizione determina un giudicato interno idoneo a dispiegare i propri effetti al di fuori del processo nel quale sono state rese.
3.1. Secondo tradizionali insegnamenti, a differenza delle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione - alla quale, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione, spetta il potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna (cosiddetta efficacia panprocessuale) - le sentenze di merito dei giudici ordinari e amministrativi, che statuiscano sulla sola giurisdizione, non sono idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale ed a spiegare, perciò, effetti al di fuori del processo nel quale siano state rese, poiché le pronunce dei detti giudici sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato (esterno) anche in tema di giurisdizione, e di spiegare, conseguentemente, i propri effetti anche al di fuori del processo nel quale siano state adottate, solo quando, in esse, la decisione, sia pure implicita sulla giurisdizione, si rapporti ad essa collegandosi, con una statuizione di merito (cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 10 agosto 2005, n. 16779; cfr. anche Cass. 27 gennaio 2005, n. 1621; Cass. 29 novembre 2000, n. 1233).
3.2. In seguito all’introduzione nel nostro ordinamento del principio della cd. translatio iudicii, sancito per la prima volta dall’art. 59 della legge n. 69 del 2009 (in seguito alle note decisioni della Corte costituzionale n. 77 del 2007 e delle sezioni unite civili 22 febbraio 2007, n. 4109), ora riprodotto dall’art. 11 del c.p.a., il giudicato sulla giurisdizione, benché formato da organo giurisdizionale appartenente ad altro Ordine, costituisce pur sempre giudicato interno e non esterno, rendendo inapplicabile il principio secondo cui le sentenze di merito dei giudici ordinari e amministrativi, che statuiscano sulla sola giurisdizione, non sono idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale (cfr. Cassazione civile, sez. un., 13 aprile 2012, n. 5873, che fa applicazione di tale mutamento normativo al caso specifico del regolamento preventivo di giurisdizione).

4. Carenza di legittimazione a sollevare in sede di appello questioni di giurisdizione in capo alla parte che abbia adito il Giudice amministrativo con l'atto introduttivo.
Non è legittimata ad eccepire il difetto di giurisdizione del G.A. in sede di appello la parte che abbia adito la stessa giurisdizione con l'atto introduttivo di primo grado (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 marzo 2011, n. 1537; sez. V, 7 febbraio 2012, n. 656; sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4010). Va qualificato tale comportamento della parte in termini di abuso di diritto (si veda, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 17 maggio 2012, n. 2857). Il che vale anche nel caso in cui l'appellante abbia accettato la giurisdizione del Giudice Amministrativo a seguito della devoluzione della controversia allo stesso da parte dell'A.G.O., non potendo il medesimo appellante, in sede di appello, in contraddizione con il proprio precedente comportamento, contestare la giurisdizione stessa, pena la violazione del canone generale del ne venire contra factum proprium, che costituisce una delle manifestazioni dell’abuso del diritto nel processo. L’abuso del diritto è particolarmente rilevante allorché il comportamento della parte finisca chiaramente per incidere sulla ragionevole durata del processo, principio tutelato, come è noto, ai sensi dell’art. 111, comma 2, Cost.

Cons. St., Sez. 5, 11 giugno 2013, n. 03218
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