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Motivazione degli atti amministrativi

Atto amministrativo e silenzio della P.A. Giustizia amministrativa

Sulla natura del vizio di difetto di motivazione
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 4 dicembre 2013, n. 05768

Principio

Sulla natura del vizio di difetto di motivazione. 

1. Secondo l'insegnamento costante della giurisprudenza formatasi nell’ambito della tradizionale tripartizione nell'art. 26 del T.u. C.d.S. 26 giugno 1924, n. 1054 (riconfermata dall'art. 2 della legge TAR 6 dicembre 1971, n.1034), il difetto di motivazione costituisce, per sua natura, lo strumento tipico per l'analisi funzionale del provvedimento. Il difetto di motivazione è, cioè, un elemento rilevante in quanto sintomaticamente rivelatore di un eccesso di potere concernente il mancato rispetto dei precetti della logica, della coerenza interna e della razionalità; ovvero di un errore di valutazione dei presupposti del provvedimento; o ancora di uno sviamento dell'atto dalla causa tipica e/o dall'interesse pubblico.
2. La motivazione di un provvedimento può, e deve, essere sindacata dal giudice della legittimità sul piano della sufficienza intrinseca, della logica, dalla sostanziale congruità e razionalità, al fine di accertare la possibile ricorrenza di un difetto strutturale o funzionale del provvedimento (per falsità o erroneità dei presupposti, travisamento della realtà di fatto ecc.), o di una sostanziale deviazione dagli interessi pubblici (per sviamento di potere o violazione del principio di imparzialità), o di una palese illogica, irrazionalità, iniquità, ecc. In difetto di tale riscontro, la mera enunciazione della carenza o dell’inidoneità della motivazione, disgiunta da un’analisi approfondita della fattispecie, rischierebbe infatti di risolversi in un inammissibile giudizio di merito su scelte amministrative discrezionali.

Cons. St., Sez. 4, 4 dicembre 2013, n. 05768
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