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Moralità professionale

Contratti pubblici Giurisdizione e competenza

Competenza territoriale in tema di impugnazione dei provvedimenti di annotazione dell'AVCP. Sindacabilità da parte della Stazione appaltante della rilevanza dei precedenti penali sotto il profilo della effettiva incisione della moralità professionale dell’imprenditore. Modalità con cui un imprenditore può dissociarsi da una condotta penalmente sanzionata di un proprio amministratore
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, Sentenza 14 giugno 2013, n. 01561

Principio

1. Competenza territoriale in tema di impugnazione dei provvedimenti di annotazione dell'AVCP.
L’art. 135, comma 1, lett. c) c.p.a., il quale per individuare le controversie attribuite alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, richiama (anche) il proprio art. 133, comma 1, lett. l) che elenca, tra le altre, le liti sui provvedimenti dell’Autorità (con ciò sembrando istituire una competenza funzionale del suddetto Tribunale in ordine a tutti i provvedimenti emanati da quest'ultima). Al contempo la disposizione di cui all’art. 120, comma 1, c.p.a. stabilisce che i provvedimenti dell’Autorità connessi ad atti di procedure di affidamento sono impugnabili unicamente mediante ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale competente - deve intendersi - sulla gara medesima. Tale antinomia va risolta nel senso della competenza del T.A.R. periferico giacché, diversamente, ne seguirebbe l’onere per il ricorrente di incardinare, nell'ambito di una vicenda giuridica unitaria, due distinti ricorsi, uno presso il Tribunale Regionale competente per la procedura avverso gli atti della medesima, e l’altro presso il Tribunale Regionale sedente in Roma contro un connesso provvedimento dell’Autorità, con evidente frustrazione dei principi di concentrazione e di effettività della tutela giudiziaria che innervano il processo amministrativo. Sussisterebbe, per contro, la competenza del Tribunale Amministrativo del Lazio relativamente ai soli provvedimenti dell’Autorità che, pur venendo in rilievo nell’ambito di una procedura di affidamento, non sono connessi ad atti della medesima (T.A.R. Toscana sez. I 21 maggio 2012, n. 982). La soluzione appena indicata, dalla quale il Collegio non intende discostarsi, appare corroborata anche alla luce del nuovo comma 4 bis, di recente introdotto nel corpo dell’art. 13 c.p.a., alla cui stregua “la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”; la portata precettiva della disposizione, difatti, pena la sua irrazionalità, deve estendersi anche all’ipotesi inversa, ovvero deve interpretarsi nel senso che, qualora sia l’atto presupposto (nella specie, l’esclusione dalla gara e la conseguente segnalazione alla AVCP) quello da cui deriva l’interesse a ricorrere, la competenza territoriale relativa a quest’ultimo attragga a sé anche quella relativa agli atti meramente consecutivi (nella specie, l’annotazione nel casellario).

2. Sindacabilità da parte della Stazione appaltante della rilevanza dei precedenti penali sotto il profilo della effettiva incisione della moralità professionale dell’imprenditore.
2.1. Ai sensi dell’art. 38, codice dei contratti pubblici, comma 1 lett. c), non possono stipulare contratti relativi ad appalti pubblici le società di capitali i cui amministratori, muniti di poteri di rappresentanza, siano stati condannati per reati gravi che incidono sulla moralità professionale. Tale divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente (così nell’attuale formulazione) la data di pubblicazione del bando, qualora non sia dimostrata la completa ed effettiva dissociazione della società interessata dalla condotta penalmente rilevante. Il fondamento sta nella presunzione legale (relativa) di inaffidabilità delle società i cui soggetti che abbiano (o abbiano avuto) un significativo ruolo decisionale e gestionale si siano trovati in alcune delle situazioni descritte nella richiamata disposizione. 
2.2. Ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. c), la valutazione della rilevanza dei riscontrati precedenti penali sotto il profilo della effettiva incisione della moralità professionale dell’imprenditore, per i reati diversi da quelli tipizzati, è rimessa di volta in volta, in assenza di parametri predeterminati, alla ricostruzione ermeneutica del concetto giuridico a contenuto indeterminato. In tali casi, l’incisione sulla moralità professionale dell’imprenditore deve essere accertata in concreto mercè la disamina delle caratteristiche dell’appalto, del tipo di condanna, della natura e delle modalità di commissione del reato.
2.3. Illegittimamente la Stazione appaltante dispone la comunicazione all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e l’annotazione del provvedimento di esclusione nel casellario informatico delle imprese nei confronti di impresa il cui amministratore, cessato dalla carica, sia incorso in precedenti penali inidonei ad incidere sulla moralità professionale dell'impresa, laddove deponga nel senso dell’inidoneità di precedenti penali (a carico dell’amministratore della società ricorrente oramai cessato dalla carica) ad incidere in senso negativo sulla sussistenza attuale del prescritto requisito della moralità professionale ex art. 38, comma 1°, lett. c) D.Lgs. n. 163/2006: il decorso di un rilevante lasso temporale dal compimento della condotta antigiuridica (nella specie oltre dieci anni); il suo carattere del tutto episodico (nella specie non risultavano recidive, neppure specifiche); la non esatta sovrapponibilità della ipotesi di reato con l’oggetto della procedura di gara. La lettura congiunta delle riferite circostanze “disattiva” la presunzione ed il pericolo di una costante negligenza nello svolgimento della successiva attività professionale.

3. Modalità con cui un imprenditore può dissociarsi da una condotta penalmente sanzionata di un proprio amministratore.
3.1. Nelle procedure ad evidenza pubblica, la dissociazione di una società da una condotta penalmente sanzionata di un proprio amministratore deve risultare da una tempestiva ed inequivoca volontà, mentre non può considerarsi atto idoneo la revoca dalla carica quando dalla documentazione in atti emerga la sua natura necessitata e meramente strumentale, volta ad evitare effetti negativi nei confronti della società. 
3.2. Non rileva, avendo carattere strumentale, la condotta dissociativa dell'imprenditore, laddove risulti che uno dei suoi amministratori si sia dimesso dalle cariche sociali dopo molti anni dalle sentenze di condanna, e appena il giorno prima del rilascio della certificazione SOA, al solo scopo di consentire alla impresa di conseguire la certificazione SOA.

T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, 14 giugno 2013, n. 01561
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