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L'esecuzione dell'ordinanza di assegnazione di somme emessa all'esito del pignoramento ex art. 5 quinquies, l. n. 89/2001 e ss. mm..

Giustizia amministrativa

Sulla insussistenza del ricorso al giudizio di ottemperanza contro l'ordinanza di assegnazione delle somme emesse all'esito del pignoramento previsto ex art. 5 quinquies , l. n. 89/2001 e ss. mm..
T.A.R. Lazio Roma, Sez. 2, Sentenza 27 novembre 2018, n. 11500

Premassima

1. L'ordinanza di assegnazione delle somme emessa all'esito del pignoramento previsto ex art. 5 quinquies , l. n. 89 del 2001, così come modificata dall’art. 6, comma 6, d.l. n. 35 del 2013, convertito nella l. n. 64 del 2013, non può essere annoverata tra i provvedimenti equiparati alle sentenze passate in giudicato del Giudice ordinario, ai sensi dell’art. 112, comma 2 lett. c), c.p.a. e, pertanto, non può ritenersi suscettibile di attuazione in ottemperanza.

Principio

1. L'ordinanza di assegnazione delle somme emessa all'esito del pignoramento previsto ex art. 5 quinquies , l. n. 89 del 2001, così come modificata dall’art. 6, comma 6, d.l. n. 35 del 2013, convertito nella l. n. 64 del 2013, non può essere annoverata tra i provvedimenti equiparati alle sentenze passate in giudicato del Giudice ordinario, ai sensi dell’art. 112, comma 2 lett. c), c.p.a. e, pertanto, non può ritenersi suscettibile di attuazione in ottemperanza.

Sul punto il Collegio ha chiarito, in primo luogo, che laddove si ammettesse che il creditore ex lege Pinto, una volta ottenuto il decreto della Corte di Appello che liquida il relativo indennizzo, possa azionarlo dinanzi al Giudice civile per far emettere l’ordinanza di pignoramento diretto delle somme giacenti in capitoli di contabilità speciale presso l’originario debitore, e, poi, una volta ottenuta la predetta ordinanza, non vedendo soddisfatto il proprio credito per mancanza di liquidità nei citati capitoli di contabilità speciali e nei fondi dell’ente liberamente pignorabili, possa chiederne l’effettiva esecuzione a mezzo del giudizio di ottemperanza, non si comprenderebbe quale sia la finalità e l’ambito di tale ultimo giudizio se non quello di duplicare un ordine di pagamento già emesso e peraltro assistito dal vincolo del pignoramento mobiliare. In secondo luogo, ha precisato che il giudizio di ottemperanza non costituirebbe per il creditore una tutela ulteriore del proprio credito rispetto a quella rappresentata dall’ordinanza di pignoramento ex art. 5 quinquies, l. n. 89 del 2001, poiché, nell' ipotesi di perdurante inadempimento dell’amministrazione resistente per incapienza dei relativi capitoli di bilancio, il commissario ad acta, eventualmente nominato dal Giudice amministrativo, non potrebbe compiere alcuna ulteriore attività rispetto al già intervenuto pignoramento delle somme giacenti in capitoli di contabilità speciale ovvero nei fondi liberamente pignorabili presso l’originario debitore per fare ottenere al creditore quanto a lui dovuto. Si tratterebbe, pertanto, di ritenere ammissibile un’azione che non solo per tutte le suesposte ragioni non attribuirebbe al creditore procedente alcuna ulteriore garanzia di effettività, in ossequio ai principi di cui agli artt. 24, 111, 113 e 117 Cost. e di cui agli artt. 6 e 13 della CEDU, ma che sortirebbe l’unico distorto effetto di gravare l’amministrazione esecutata di spese ulteriori, quali quelle di precetto (atto prodromico all’esecuzione civile, ma non all’ottemperanza) e quelle di lite che il Giudice dell’esecuzione liquida nel provvedimento di assegnazione. Sicchè, alla luce di quanto dedotto, tenuto conto che il creditore dell’indennizzo liquidato dalla Corte di Appello non incontra nessun ostacolo ad ottenere l’integrale adempimento del relativo decreto mediante l’immediato esperimento del giudizio di ottemperanza, la diversa soluzione finirebbe con il confliggere sia con principi, posti a fondamento della materia del diritto delle obbligazioni e del correlativo adempimento coattivo delle stesse, sia con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale le regole di correttezza, buona fede e giusto processo devono ritenersi violate quando il creditore aggravi ingiustificatamente la posizione del debitore ed eserciti l'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, che segna, invece, il limite, oltreché la ragione dell'attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi.

T.A.R. Lazio Roma, Sez. 2, 27 novembre 2018, n. 11500
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