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Legittimazione a ricorrere

Urbanistica e edilizia Giustizia amministrativa

Sulla possibilità di ricorrere avverso il rilascio di un titolo edilizio da parte del soggetto comodatario di un immobile finitimo, quale soggetto che si trova in stabile collegamento giuridico con l’area oggetto dell'intervento costruttivo (in applicazione del c.d. criterio della vicinitas)
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 26 marzo 2013, n. 01693

Principio

1. Sulla possibilità di ricorrere avverso il rilascio di un titolo edilizio da parte del soggetto comodatario di un immobile finitimo, quale soggetto che si trova in stabile collegamento giuridico con l’area oggetto dell'intervento costruttivo (in applicazione del c.d. criterio della vicinitas).
1.1. In linea generale la possibilità di ricorrere avverso il rilascio di una concessione edilizia da parte di 'chiunque', era infatti stata riconosciuta fin dall'art. 31, comma 9, l. n. 1150 del 42 (come modificato dall'art. 10 L. n. 765 del 1967). Tale norma, se, se non configurava un nuovo tipo di azione popolare, riconosceva la posizione di interesse a chi comunque si trovi in una situazione di rapporto stabile con la zona. 
1.2. Come sottolineato più volte dalla giurisprudenza la legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una concessione edilizia, discende direttamente dalla c.d. “vicinitas”, cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con l’area oggetto dell'intervento costruttivo. Tale situazione di norma esime sia dall’accertamento concreto dell’effettivo pregiudizio, e sia dalla stretta dimostrazione dell’esistenza dei titoli di legittimazione del soggetto che propone l'impugnazione. Salvo il caso di una prova contraria, sempre concessa alla controparte, della totale inesistenza di un interesse o di una situazione di vicinitas, si è infatti sempre ritenuto corretto riconoscere, a chi si affermi danneggiato, un interesse tutelato a ché il provvedimento dell'Amministrazione sia procedimentalmente e sostanzialmente ossequioso delle norme vigenti in materia (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV, 5 gennaio 2011, n. 18).
1.3. Anche il contratto di comodato concreta uno stabile collegamento giuridico con un bene. Il comodato, di cui all’art. 1803 c.c., è infatti il contratto con cui una parte consegna all'altra un bene”.. affinché se ne serva per un tempo o un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta” , che peraltro anche condizionatamente all’adempimento di un modus;o di un onere, come ad es. la relativa manutenzione (cfr. Cass. Civ. Sent. n. 485/2003); ovvero al pagamento di una somma a titolo di mero rimborso delle spese (cfr. Cass. Civ. Sent. n. 4976 del 1997; Cass. Civ. Sent. n. 3021 del 2001; Cass. Civ. Sent. n. 2091 del 1985). In ogni caso il comodato di un bene immobile in forza di un titolo contrattuale attribuisce al destinatario la qualifica di "detentore qualificato autonomo" nel suo esclusivo interesse. La sua natura come contratto tipico e la previsione di una durata normalmente prestabilita, fa sì che il contratto di comodato, non meno che la locazione, ben dunque possa costituire un titolo sufficiente ad integrare una posizione soggettiva giuridicamente diversificata come tale meritevole di tutela. 

2. Rilevanza del fattore tempo nella contestazione di abusi edilizi. Legittimazione di terzi ad impugnare gli atti di sanatoria straordinaria.
2.1. Il fattore “tempo” non può comportare alcuna aspettativa giuridicamente qualificata in capo all’abusivista in quanto il comportamento illecito dei privati è sempre sanzionabile, qualunque sia il tempo trascorso e qualunque sia l'entità dell'infrazione (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 04 maggio 2012 n. 2592).
2.2. Gli artt. 33 e 40, primo comma, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 dispongono che le sanzioni previste dal capo I erano applicabili indistintamente a tutte le opere realizzate anteriormente e non sanate, e realizzate senza il prescritto titolo, anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 10 del 1977. Nel caso di un abuso edilizio la circostanza che un manufatto sia risalente nel tempo è infatti giuridicamente irrilevante dato che l'abuso edilizio costituisce un illecito permanente (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 27 dicembre 2011 n. 6873). Per questo, in linea di principio, non può mai parlarsi di né “usucapione” (e tantomeno) del “diritto all’abuso”.
2.3. A fronte di un abuso edilizio, i terzi mantengono intatto il loro interesse alla declaratoria dell’illiceità della costruzione senza che abbia alcun rilievo il decorso del tempo dalla ultimazione delle opere edilizie contestate. Al pari di quanto previsto per l'impugnazione delle concessioni edilizie, chiunque si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione oggetto di sanatoria, è infatti legittimato ad impugnare le concessioni in sanatoria di cui all'art. 31, l. n. 47 del 1985, ritenute illegittime a decorrere dal momento della piena conoscenza del contenuto del condono, (cfr. Consiglio Stato, Sez. V, 7 maggio 2008 n. 2086; Consiglio Stato, sez. V, 5 febbraio 2007 n. 452). In tal caso infatti l’interesse del terzo è sempre attuale in quanto l’annullamento della concessione edilizia in sanatoria, comporta automaticamente il conseguenziale ordine demolizione delle opere abusive o in difetto l’acquisizione che è, a sua volta, automatica conseguenza del mancato rispetto dell’ordine di demolizione (cfr. Cons.giust.amm. Sicilia sez. giurisd. 19 marzo 2002 n. 155; Consiglio Stato, sez. V 12 dicembre 2008 n. 6174 ed in precedenza Consiglio Stato, sez. V 26 gennaio 2000 n. 341).

Cons. St., Sez. 4, 26 marzo 2013, n. 01693
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