L'annullamento d'ufficio della concessione edilizia in sanatoria.
Sulla motivazione dell'annullamento d'ufficio della concessione edilizia in sanatoria, disposto decorsi anni dal suo rilascio.
Cons. St., Sez. P,
Decisione Plenaria/SENTENZA 18 ottobre 2017, n. 00008
Premassima
1. L’annullamento
d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, disposto ai sensi e
per effetto dell'art. 21 nonies della L. 241/1990 e intervenuto ad
una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato,
deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse
pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, considerando anche gli interessi dei privati destinatari del
provvedimento sfavorevole.
Principio
1. L’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, disposto ai sensi e per effetto dell'art. 21 nonies della L. 241/1990 e intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, considerando anche gli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.
In
ordine all'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio illegittimo,
rilasciato in specie in sanatoria, il Supremo Consesso, ha rilevato
sul punto la sussistenza di due orientamenti sviluppatesi nella
giurisprudenza amministrativa. In particolare secondo l'indirizzo
esegetico prevalente (Cfr. Cons.
St., sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3660; id., sez.
V, 8 novembre 2012, n. 5691) il ridetto annullamento
d'ufficio risulta in
re ipsa correlato
alla necessità di curare l’interesse pubblico concreto e attuale
al ripristino della legalità violata. Ciò, in quanto il rilascio
stesso di un titolo illegittimo determina la sussistenza di una
permanente situazione contra
ius,
in tal modo ingenerando in capo all’amministrazione il
potere-dovere di annullare in ogni tempo il titolo edilizio
illegittimamente rilasciato. I fautori di tale tesi ritengono in
particolare che non gravi in capo all’amministrazione un
particolare onere motivazionale – ovvero l’obbligo di valutare i
diversi interessi in campo – laddove l’illegittimità del titolo
in sanatoria sia stata determinata da una falsa rappresentazione dei
fatti e dello stato dei luoghi imputabile al beneficiario del titolo
in sanatoria.Secondo un minoritario filone giurisprudenziale, invece,
nell'ipotesi di annullamento ex
officio di
titoli edilizi in sanatoria, si ritiene che dovrebbero essere
applicati i generali presupposti legali di cui all’art. 21 nonies,
della L. 241/1990, non potendo l’amministrazione fondare l’adozione
dell’atto di ritiro sul mero intento di ripristinare la legalità
violata (Cons.
St., sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 351 del 2016; id., sez.
IV, 15 febbraio 2013, n. 915). Da
ciò deriva che l’esercizio
del potere di annullamento d’ufficio richiede l’apprezzamento di
un presupposto, quello dell’illegittimità dell’atto da
annullare, nonché di due ulteriori presupposti riferiti a concetti
indeterminati, da apprezzare discrezionalmente dall’amministrazione,
quali la ragionevolezza del termine di esercizio del potere di ritiro
e l’interesse pubblico alla rimozione, unitamente alla valutazione
dell’interesse dei destinatari. Ergo,il
Collegio aderendo a quest'ultimo indirizzo ermeneutico, osserva che
l’amministrazione, la quale intende procedere all’annullamento ex
officio
di
un provvedimento di sanatoria di opere abusive, è tenuta ad operare
un motivato bilanciamento, fra l’interesse pubblico al ripristino
della legalità violata e l’interesse dei destinatari al
mantenimento dello status
quo ante.
La
motivata ponderazione fra i diversi interessi in gioco risulta tanto
più necessaria nel caso di atti di ritiro di titoli edilizi, i quali
sono destinati ad esaurirsi con l’adozione dell’atto ampliativo,
palesando una scelta legislativa volta a riconoscere maggiore
rilevanza all’interesse dei privati destinatari dell’atto e
minore rilevanza all’interesse pubblico alla rimozione dell’atto
i cui effetti si sono ormai prodotti in via definitiva. Ed inoltre a
ciò si aggiunge che in detta ipotesi, tuttavia, si dovrà tener
conto dei seguenti elementi e cioè che: a) il mero decorso del
tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione
dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine
ragionevole
per
la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte
dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a
fondamento dell’atto di ritiro; b)l’onere motivazionale gravante
sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della
rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto
che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto
attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il
rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate,
che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di
interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius
poenitendi);
c)la non veritiera prospettazione da parte del privato delle
circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto
illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a
lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per
cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione, potrà
dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non
veritiera prospettazione di parte.
Cons. St., Sez. P, 18 ottobre 2017, n. 00008