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La violazione della disciplina antitrust rimessa alla Corte di giustizia UE.

Concorrenza Contratti pubblici

Sulla rimessione alla Corte di giustizia UE della questione se la violazione della disciplina antiutrust, rientra negli errori gravi commessi nell’esercizio dell’attività professionale.
T.A.R. Piemonte, Sez. 1, Ordinanza ORDINANZA COLLEGIALE 21 giugno 2018, ord. n. 00770

Premassima

1. Alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, deve essere rimessa la questione se il combinato disposto da una parte degli artt. 53, paragrafo 3, e 54, paragrafo 4, della Direttiva 2004/17/CE, e dell’art. 45, paragrafo 2, lett. d), della Direttiva 2004/18/CE osti ad una previsione, come l’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sulla scorta della giurisprudenza nazionale, la quale esclude dalla sfera di operatività del c.d. “errore grave” commesso da un operatore economico “nell’esercizio della propria attività professionale”, i comportamenti integranti violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla Autorità nazionale antitrust.

Principio

1. Alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, deve essere rimessa la questione se il combinato disposto da una parte degli artt. 53, paragrafo 3, e 54, paragrafo 4, della Direttiva 2004/17/CE, e dell’art. 45, paragrafo 2, lett. d), della Direttiva 2004/18/CE osti ad una previsione, come l’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sulla scorta della giurisprudenza nazionale, la quale esclude dalla sfera di operatività del c.d. “errore grave” commesso da un operatore economico “nell’esercizio della propria attività professionale”, i comportamenti integranti violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla Autorità nazionale antitrust.

Il Collegio, in tema di contratti pubblici, ha chiarito che in ordine alle cause di esclusione c.d. “facoltative”, la giurisprudenza della Corte comunitaria formatasi in pendenza delle Direttive 92/50/CEE e 2004/18/CE, non risulta univoca. Difatti, talune pronunce sembrerebbero riconoscere agli Stati membri il potere di non attribuire rilevanza giuridica a tutte o a talune di tali cause di esclusione ovvero di ridimensionare la portata applicativa di ciascuna di esse, in particolare prevedendo che non debbano essere applicate in alcune situazioni che invece sono rilevanti per il diritto della Unione. Altre, invece, come quella di cui alla pronuncia resa nella causa C-465/11, sembrerebbe suggerire alla conclusione che gli Stati membri potevano solo precisare il significato, senza mutare la nozione rilevante ai fini del diritto europeo, o specificandone i criteri applicativi. Il Consesso, pertanto, per tali motivi, ritiene, necessario l’intervento chiarificatore della Corte di giustizia, soprattutto perchè anche la Direttiva 2014/24/UE, a cui la stessa Corte di giustizia parrebbe aver attribuito con la sentenza C-470/13, natura ricognitiva, sembra aver assegnato agli Stati membri solo il potere di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a tenere in considerazione le cause di esclusione “facoltative” indicate all’art. 57, comma 4, tra cui anche le condotte che si siano manifestatesi nella conclusione di accordi limitativi della concorrenza, e non certo anche il potere di privare le amministrazione aggiudicatrici del potere di valutare autonomamente le stesse cause di esclusione di un operatore economico, da una gara indetta per l’affidamento di un appalto pubblico.

T.A.R. Piemonte, Sez. 1, 21 giugno 2018, ord. n. 00770
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