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La configurabilità del danno da ritardo nei procedimenti d'ufficio.

Responsabilità amministrativa

Sulla configurabilità del danno da ritardo nell'ipotesi di procedimenti avviati d'ufficio.
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 15 gennaio 2019, n. 00358

Premassima

1. Il danno da ritardo, disciplinato dalla previsione normativa di cui all’art. 2, bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, è configurabile anche nell'ipotesi in cui il procedimento venga azionato d' ufficio.

Principio

1. Il danno da ritardo, disciplinato dalla previsione normativa di cui all’art. 2, bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, è configurabile anche nell'ipotesi in cui il procedimento venga azionato d' ufficio.

Il Supremo Consesso, in riferimento alla configurabilità del danno da ritardo richiama all'attenzione a quanto statuito dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza 04 maggio 2018, n. 5), la quale riconosce il danno da ritardo “a prescindere dalla spettanza del bene della vita sotteso alla posizione di interesse legittimo su cui incide il provvedimento adottato in violazione del termine di conclusione del procedimento”, ricollegandolo alla “lesione del diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale” e subordinandolo, comunque, a rigorosi oneri di allegazione e prova dell’elemento soggettivo e del nesso di causalità. Da tale ricostruzione emerge la natura imprenditoriale del soggetto che assume essere stato leso dal ritardo dell’amministrazione nell’emanazione del provvedimento (ancorché legittimamente di segno negativo), dovendosi invece ritenere che, negli altri casi, sia indispensabile la prova della spettanza del bene della vita cui si ricollega la posizione di interesse legittimo (Cons. St., sez. IV, 6 novembre 2018, n. 6266; id.,sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2624, id.,sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 240; id.23 giugno 2017, n. 3068; id.2 novembre 2016, n. 4580; id.6 aprile 2016, n. 1371). Per tali motivi affinchè possa parlarsi di una condotta della P.A. causativa di danno da ritardo, oltre alla concorrenza degli altri elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2043 c.c., occorre che esista, in primo luogo un obbligo dell’amministrazione di provvedere entro un termine definito dalla legge a fronte di una fondata posizione di interesse legittimo ad ottenere il provvedimento tardivamente emanato. Orbene osserva il Collegio che tale obbligo di provvedere sussiste, ai sensi del comma 1 dell’art. 2, l. 7 agosto 1990, n. 241, nell' ipotesi in cui vi sia un obbligo di procedere entro un termine definito. Dall'altro canto, ad avviso della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, deve ritenersi che, sussistendo i suddetti presupposti, il danno da ritardo, di cui all’art. 2-bis l. n. 241 del 1990, può configurarsi anche nei casi in cui il procedimento debba essere avviato di ufficio e, quindi, vi sia l’obbligo di concluderlo. Ciò risulta desumibile, sia dalle ragionevoli argomentazioni di ordine generale sia dalla evidente differenza letterale tra i primi due commi dell’art. 2-bis, ove solo il secondo di essi (comma 1-bis), si riferisce espressamente al procedimento ad istanza di parte. In tale caso, difatti, osserva il Consesso, sarà necessaria vuoi la chiara previsione normativa di un termine per l’avvio e per la conclusione del procedimento, vuoi l’esistenza di una posizione di interesse legittimo che, come tale, presuppone la natura provvedimentale dell’atto medesimo.

Cons. St., Sez. 4, 15 gennaio 2019, n. 00358
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