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Istruttoria in grado di appello

Giustizia amministrativa Contratti pubblici

Sul carattere perentorio dei termini processuali per il deposito di memorie e documenti in vista dell'udienza pubblica di trattazione nel merito del ricorso al GA. Sul divieto d’assumere nuovi mezzi di prova e di produrre nuovi documenti nel giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato. Sul potere del GA di acquisire anche nel corso del giudizio di appello informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione. Sull'acquisizione officiosa in grado di appello degli atti e dei documenti in base ai quali gli atti impugnati sono stati emanati. Esclusione dalla gara pubblica delle imprese che non comprovino ex art. 48 codice dei contratti il possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa
Cons. St., Sez. 3, Sentenza 13 settembre 2013, n. 04546

Principio

1. Sul carattere perentorio dei termini processuali per il deposito di memorie e documenti in vista dell'udienza pubblica di trattazione nel merito del ricorso al GA.
1.1. I termini di cui all'art. 73 c.p.a. hanno carattere perentorio, esprimendo un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del Giudice Amministrativo (cfr., per tutti, Cons. St., V, 23 febbraio 2012 n. 1058; id., 22 marzo 2012 n. 1640; id., 7 novembre 2012 n. 5649; id., IV, 15 febbraio 2013 n. 916). Sicché tale ordine pubblico processuale, cui è informata la scansione dei tempi per lo svolgimento delle attività difensive nel giudizio amministrativo, non consente il superamento delle preclusioni poste dalla norma. 
1.2. L'inutilizzabilità processuale delle memorie e dei documenti tardivi non può essere superata, proprio per le ragioni testé esposte e tranne i casi del tutto eccezionali in cui si dimostri l'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge (art. 54 c. 1, c.p.a.), neanche ove sussistesse un accordo tra le parti.

2. Sul divieto d’assumere nuovi mezzi di prova e di produrre nuovi documenti nel giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato.
2.1. Ancorché l’art. 104, c. 2, c.p.a., nella sua intera formulazione —ossia, anche nella parte in cui pone il divieto d’assumere nuovi mezzi di prova e di produrre nuovi documenti recede ove «…salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa…»—, riproduca l'art. 345, III c., c.p.c. vecchio testo, non rileva nel processo amministrativo la novella del 2012 al codice di procedura civile (art. 54, c. 1, lett. 0b) del DL 22 giugno 2012 n. 83 convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012 n. 134), entrata in vigore il 12 agosto 2012, la quale ha espunto dal divieto proprio il citato inciso, rendendo ancor più rigoroso il divieto d’introdurre, nel giudizio civile d'appello, nuove prove e documenti.
2.2. L'art. 104 c.p.a. non può ritenersi implicitamente abrogato nella parte in cui subordina la produzione di nuove prove alla valutazione della loro indispensabilità (in alternativa alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ), per effetto dell’intervenuta nuova formulazione dell’art. 345 c.p.c., stante l’assoluta autonomia dell’art. 104 c.p.a. (e l’assenza di intervento del legislatore su di esso) rispetto all’art. 345 cit., sì che non può nemmeno ipotizzarsi una sorta di rinvio dinamico del primo a qualunque modifica che del secondo sopravvenga. Né il diverso regime delle nuove prove in grado di appello tra processo civile ed amministrativo, che così ne risulta, pare affetto da vizii di incostituzionalità, stante la non sovrapponibilità dei due processi e delle situazioni soggettive coinvolte.
2.3. Anche a voler ipotizzare l’applicabilità del nuovo art. 345 c.p.c. al processo amministrativo, trattandosi di norma che incide sulle stesse valutazioni da effettuarsi dalle parti sin dal primo grado ai fini dell’adempimento dell’onere della prova su ciascuna incombente, è da ritenersi, in un’ottica interpretativa che non risulti lesiva del diritto alla difesa sancito dall’art. 24 Cost., che la stessa sia applicabile solo ai processi di appello di decisioni di primo grado scaturenti da ricorsi instaurati dopo l’entrata in vigore dell’intervenuta modifica dell’art. 345 c.p.c. ad opera dell’art. 54, comma 1, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella legge n. 134/2012.

3. Sul potere del GA di acquisire anche nel corso del giudizio di appello informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.
Nel processo amministrativo, ai sensi dell'art. 64, c. 1, c.p.a., vige il principio dell'onere della prova sancito dall'art. 2697 c.c., di talché il Giudice amministrativo può esercitare i suoi poteri istruttori, tra l’altro, in caso di ravvisata incompletezza dell'istruttoria (ed eventualmente anche in grado di appello), fermo restando che nessun accertamento può essere disposto a suffragio di una tesi difensiva ove la parte interessata non abbia fornito al riguardo quanto meno un principio di prova (arg. ex Cons. St., IV, 14 gennaio 2013 n. 160). È pertanto compito del Giudice di prime cure (le cui eventuali omissioni in tal senso non possono che essere surrogate dal Collegio di appello) di governare, attraverso l’uso accorto del potere acquisitivo di cui al c. 3 dell'art. 64 c.p.a. e, se del caso, mediante approssimazioni successive, l’istruttoria processuale, al fine di ottenere ulteriori elementi utili al giudizio (arg. ex Cons. St., IV, 15 marzo 2012 n. 1453). 

4. Sull'acquisizione officiosa in grado di appello degli atti e dei documenti in base ai quali gli atti impugnati sono stati emanati.
Pur in difetto di acquisizioni da parte del Giudice di prime cure, in base all’art. 65, c. 3, c.p.a. non viene a determinarsi alcuna decadenza in capo alla P.A. in ordine al potere/dovere di produzione degli atti del procedimento sostanziale oggetto del giudizio, al riguardo potendo il Giudice d’appello supplirvi con i suoi poteri ufficiosi.

5. Esclusione dalla gara pubblica delle imprese che non comprovino ex art. 48 codice dei contratti il possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa.
L’art. 48 del d.lgs. n. 163/2006 è preordinato ad assicurare il regolare e rapido espletamento della procedura di gara e la tempestiva liquidazione dei danni prodotti dall'alterazione della stessa a causa della mancanza dei requisiti da parte dell'offerente, di modo che esso risulta strumentale rispetto all'esigenza di garantire imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa. Tale disposizione richiede, dunque, che le imprese sorteggiate "comprovino" entro dieci giorni dalla data della richiesta il possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. La sanzione conseguente alla mancata produzione della prova sul possesso dei requisiti ovvero ad una documentazione che non confermi detto possesso (o non comprovi le dichiarazioni in precedenza rese) è indubitabilmente l'esclusione dalla gara (con conseguente incameramento della cauzione provvisoria e segnalazione all'Autorità garante per i provvedimenti di sua competenza).

Cons. St., Sez. 3, 13 settembre 2013, n. 04546
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