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Istanza di accertamento della conformità su un procedimento sanzionatorio già avviato e gli effetti sul processo

Edilizia residenziale pubblica Atto amministrativo e silenzio della P.A.

Gli effetti dell’istanza di accertamento di conformità effettuati su un procedimento sanzionatorio di ingiunzione a demolire
Cons. St., Sez. 2, Sentenza 6 maggio 2021, n. 03545

Premassima

1. La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità di un procedimento sanzionatorio già instaurato, il quale si manifesta nell’adozione di un’ingiunzione a demolire, comporta la perdita di efficacia di quest’ultima solo temporaneamente, ossia per il tempo strettamente necessario finalizzato alla definizione, anche tacita, del procedimento di sanatoria ordinaria. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui la sanatoria non sia accolta, il procedimento sanzionatorio riacquisterà efficacia, e l’Amministrazione non dovrà riadottare il provvedimento, viceversa il rifiuto non impone la successiva riadozione dell’atto demolitorio, così realizzando l’attribuzione in capo al privato, destinatario dello stesso, il potere di paralizzare mediante annullamento il medesimo provvedimento.

2. In materia di sanatoria ordinaria di abusi edilizi, il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione non preclude un provvedimento tardivo di diniego espresso, il quale può essere impugnato anche con atto di motivi aggiunti.

 

Principio

1. Nella sentenza emarginata in epigrafe il Collegio si è concentrato sulla risoluzione degli effetti dell’avvenuta presentazione di una domanda di sanatoria sul procedimento sanzionatorio de quo, sollevando l’esistenza, da diversi punti di vista, di un contrasto giurisprudenziale di diritto. Difatti, vi sono due differenti correnti giurisprudenziali, una favorevole al riconoscimento dell’inefficacia solo temporanea dell’atto, determinando di conseguenza una ulteriore espansione all’esito della definizione del procedimento di sanatoria, ovvero di maturazione del termine legalmente stabilito per la definizione della inefficacia stessa, e l’altra, viceversa, fondata su di un indirizzo per cui la presentazione della domanda implica intrinsecamente l’inefficacia in generale dell’ordine di demolizione, nonché dei relativi atti, prevedendo, altresì, l’obbligo per l’amministrazione di pronunciarsi ex novo sull’illecito edilizio sottostante. Quindi, sul piano processuale, la prima ipotesi implica l’eventualità di esaminare l’atto nel merito, mentre la prima si risolve nella necessaria declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnativa dell’ordinanza a demolire.

La risoluzione conciliativa optata dal Consesso prevede un ripristino delle differenze, a carattere giuridico e sostanziale, dei diversi tipi di sanatoria, laddove l’accertamento di conformità “determina soltanto un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. In caso di rigetto dell’istanza, che peraltro sopravviene in caso di inerzia del Comune dopo soli 60 giorni, l’ordine di demolizione riacquista la sua piena efficacia”.

2. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 36, comma 3, del T.U.E. è fissato in 60 giorni il termine entro il quale il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale dovrà pronunciarsi adducendo adeguata motivazione sull’istanza di accertamento di conformità, il decorso di tale termine determina il rifiuto della relativa richiesta. Ciò posto, il Collegio in concerto con il diffuso orientamento giurisprudenziale, secondo cui tale silenzio ha valore, dal punto di vista legale, di rigetto e pertanto costituisce una ipotesi di silenzio significativo cui sono riconnessi gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego.. La suddetta norma non prevede il rilascio del permesso di costruire in sanatoria oltre tale termine di 60 giorni, “ma dispone espressamente che il decorso del termine ivi indicato rappresenti, sul piano procedimentale, la chiusura del procedimento e specularmente determini, sul piano sostanziale, la definitiva consumazione del potere, con conseguente cristallizzazione della natura abusiva delle opere”. La suddetta norma non prevede il rilascio del permesso di costruire in sanatoria oltre tale termine di 60 giorni, “ma dispone espressamente che il decorso del termine ivi indicato rappresenti, sul piano procedimentale, la chiusura del procedimento e specularmente determini, sul piano sostanziale, la definitiva consumazione del potere, con conseguente cristallizzazione della natura abusiva delle opere”.

Tuttavia, nella fattispecie in cui sia del tutto assente un’espressa prescrizione di decadenza, permane il potere dell’Amministrazione di provvedere all’istanza anche qualora sia decorso il termine di sessanta giorni.

Pertanto, alla luce di quanto osservato, può addivenirsi alla conclusione che nella sentenza emarginata in epigrafe l’ipotesi di silenzio significativo è frutto di una incalzante tutela giurisdizionale prevista nell’interesse fondamentale del privato e, di conseguenza, il successivo ed eventuale atto espresso di diniego, il quale può essere impugnato con motivi aggiunti, non è senza efficacia, giacché il relativo impianto motivazionale determina le ragioni della decisione amministrativa e consente di regolare le difese dell’istante che consideri insoddisfatto il proprio interesse alla regolarizzazione ex post di quanto ex ante realizzato sine titulo nel rispetto della disciplina urbanistica.


Cons. St., Sez. 2, 6 maggio 2021, n. 03545
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