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Ipotesi di grave illecito professionale in una procedura di gara ad evidenza pubblica e gli obblighi dichiarativi a carico dell operatore economico concorrente

Contratti pubblici Giustizia amministrativa

Sulla causa di esclusione del concorrente ad una procedura di gara per omessa dichiarazione ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016
T.A.R. Puglia Bari, Sez. 3, Sentenza Breve 24 marzo 2021, n. 00495

Premassima

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, il concorrente ad una procedura di gara nell’ipotesi di “grave illecito professionale” è tenuto ex lege ad obblighi dichiarativi in ragione della titolarità della quota “sovrana” del capitale sociale, specie se la quota di partecipazione corrisponde a più di 2/3 del medesimo. Dunque, sarà l’amministrazione aggiudicatrice ad avere la facoltà di indagare le pregresse vicissitudini societarie dell’operatore economico, ivi inclusi gli illeciti del socio sovrano, così da evincere il compimento di “gravi illeciti” di cui sia accertata la contrarietà rispetto ad un dovere normativamente tutelato dal punto di vista civile, penale o amministrativo.

Principio

Il Collegio si è espresso sulla tassatività dei reati disposti dall’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 e ss. mm. ii., precisando l’applicabilità del principio generale per cui ex comma 3 della succitata norma, rubricato “Motivi di esclusione”, affinché l’operatore economico sia escluso dalla gara siano necessarie oltre le condanne rilevanti elencate ai commi 1 e 2, anche quelle di cui al comma 5, dal momento che risultano incidere, considerevolmente, sull’affidabilità e l’integrità dell’impresa.

Tuttavia, alla luce del disposto ut supra le figure gestorie la cui attività rileva ai fini di cui all’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 non potranno essere le medesime individuate dal comma 3, della disposizione in oggetto, in quanto risulterebbe opinabile una distinzione concettuale dell’impresa tra “ entità giuridica” ed “operatore economico” in virtù delle funzioni amministrative e di controllo in concreto esercitate, con la conseguenza che nessuna sentenza di condanna potrà essere rilevante ai fini di una valutazione di integrità dello stesso operatore economico.

Peraltro, la Sezione ha chiarito, che l’organo amministrativo “dipende” dall’assemblea dei soci, alla quale è rimessa, in via esclusiva, la deliberazione di nomina e revoca degli amministratori, nonché di responsabilità, ai sensi degli artt. 2364 e 2479 cod. civ., di conseguenza anche qualora la gestione “diretta” sia rimessa all’organo amministrativo, sarà sempre l’assemblea, quale rappresentante della collettività dei soci, a legiferare in forza dei singoli statuti societari sia sulla gestione sia sull’economia sociale.

Quindi, in riferimento all’ipotesi di socio titolare di una quota maggioritaria del capitale sociale, tenendo conto del ruolo di preminenza dell’assemblea nella vita societaria, la titolarità di un pacchetto azionario considerevole risulta tutt’altro che secondario. Difatti, il titolare di una quota “sovrana” del capitale sociale avrà in assemblea un potere decisionale pressappoco illimitato, dal momento che in una società in cui vige il principio maggioritario, avrà il comando dell’assemblea ordinaria e straordinaria, potere di nomina esclusiva degli amministratori e dei sindaci e, inoltre, potrà avere il dominio sulle decisioni più rilevanti, tra le quali le modifiche dell’atto costitutivo.

In ragione dei poteri incondizionati di cui gode il socio sovrano, tra cui quello di impartire direttive agli amministratori della società, nella fattispecie in cui dall’esercizio delle sue prerogative derivi una violazione dei principi regolatori del diritto societario o siano cagionati danni alla società, la giurisprudenza prevede il ricorso ad azioni di responsabilità risarcitoria, di cui agli artt. 2497 e 2476 c.c. nel caso in cui si configuri rispettivamente l’ipotesi di responsabilità da abuso della personalità giuridica derivante dalla direzione unitaria della società o di responsabilità del soggetto, la cui azione dolosa o colposa, determini danni nell’amministrazione della società.

In ultimo, non potendo operare una distinzione tra la condotta contra legem del socio persona fisica e quella integerrima della società, se l’illecito professionale è logicamente conseguente ad una condanna penale, pur non essendo passata in giudicato, la valutazione di inaffidabilità morale eseguita dalla stazione appaltante sarà fictio iuris a carico dell’ente, che la rivolgerà discrezionalmente verso coloro che hanno potere direttivo o sono capaci di orientarne le scelte, in modo tale da apprezzare in autonomia le vicende professionali dell’operatore economico concorrente.

T.A.R. Puglia Bari, Sez. 3, 24 marzo 2021, n. 00495
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