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Informative antimafia interdittive

Sicurezza pubblica

Principi in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”) D.P.R. n. 252/1998
T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sez. 1, Sentenza 9 aprile 2013, n. 00209

Principio

1. Principi in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”) D.P.R. n. 252/1998.
1.1. Il principio consolidato che la giurisprudenza osserva in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”) D.P.R. n. 252/1998 è quello secondo cui ai fini dell’esercizio del potere interdittivo è necessario e sufficiente la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non una attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma una effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere (ex multis, da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1254; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2010 , n. 248; TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943). Secondo questo principio, a titolo esemplificativo, è stata ritenuta rilevante la circostanza che un numero congruo di dipendenti di una Cooperativa sociale sia direttamente ricollegato o ricollegabile a sodalizi criminali operanti nel territorio e che tali sodalizi siano essenzialmente omogenei tra loro (TAR Reggio Calabria, 23 marzo 2011, nr. 192); sono state ancora ritenute rilevanti fattispecie nelle quali venivano accertati interessi comuni nella gestione di affari (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 aprile 2009 , n. 2276), offerte di lavoro rivolte dall’imprenditore a soggetto controindicato (TAR Reggio Calabria 7 aprile 2009, nr. 224), una stratificata situazione di parentele dirette tra gli amministratori della società e partecipanti di organizzazione camorristica tratti in arresto (Consiglio di Stato, sez. IV, 02 ottobre 2006 , n. 5753), compartecipazioni sociali o societarie (TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943; TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 66; Consiglio di Stato, sez. VI, 21 ottobre 2005 , n. 5952), più situazioni tra quelle descritte concorrenti tra loro (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 66, che tratta una fattispecie nella quale due soci accomandatari dell’impresa ricorrente versavano in una serie di stretti legami parentali con soggetti pluripregiudicati, l’impresa era socia accomandataria di altra impresa attinta da certificazione antimafia, un altro socio accomandatario risultava gravato da più precedenti penali).
1.2. Nell’analisi del contesto imprenditoriale, vanno tenuti presenti la dimensione ed il contesto aziendale (TAR Reggio Calabria, 19 novembre 2010, nr. 1339) ed altri elementi obiettivi, quali l'eventuale disponibilità di mezzi dell’impresa, una condizione di interrelazioni tra i soggetti frequentati, qualora risultino, ad esempio, essere tutti affiliati ad una medesima famiglia o contesto mafioso, e dunque associati o comunque contigui tra di loro (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 54), o ancora l’ambito finanziario dei rapporti tra soggetti notati o controllati, posto che ai fini del condizionamento mafioso di una impresa è certamente significativo l’approvvigionamento di mezzi finanziari, il rapporto tra impresa e beni impiegati appartenenti ai terzi, come i noli, o le modalità dell’impiego degli utili e dei proventi e così via (per tutti, si veda TAR Reggio Calabria 28 gennaio 2011, nr. 60).
1.3. Ai fini dell’istituto in esame, può ritenersi sufficiente un contesto di mere frequentazioni non circostanziate (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011 n. 60 e10 marzo 2010 n. 239), come pure di informazioni risalenti nel tempo, rendendosene necessaria una congrua attualizzazione (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 53), così come una mera relazione di parentela tra l’imprenditore ed il suocero, quest’ultimo ritenuto gravitante nell’orbita di una cosca locale (TAR Reggio Calabria, 20 aprile 2011, nr. 350), nonché la condizione di “giovane età” dell’imprenditrice (TAR Reggio Calabria, 13 febbraio 2012, nr. 147, in cui si è parimenti ribadito che il potere interdittivo del Prefetto ex art. 10, comma 7 del DPR 252/1998 opera solamente al di sopra delle soglie di rilevanza prefissate dalla legge ovvero la soglia di euro 154.937,07 ex art. 10 DPR 252/1998, salvo che per i contratti dipendenti o comunque collegati ad appalti sopra soglia, poiché in questo caso non opera alcun limite di valore, cfr. TAR Reggio Calabria, 4 luglio 2012, nr. 471).
1.4. È illegittima l'informativa antimafia interdittive emesso dalla Prefettura allorché dalle informazioni delle Forze dell’Ordine non emerga alcun elemento atto o idoneo a prefigurare alcun genere oggettivo di rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nell’impresa interessata, venendo tratti elementi di convincimento da rapporti individuali di amicizia tra l'imprenditore interessato e un terzo a sua volta attinto da informativa antimafia, trattandosi di un provvedimento del tutto immotivato, espressivo più di un metodo “di sospetto” che non basato su un accertamento effettivo di circostanze concrete. La non negata amicizia tra due imprenditori non è di per sé un elemento atto a far ragionevolmente presumere il rischio di un inquinamento mafioso, poiché, assente ogni altro elemento oggettivo, trattasi di nulla di più che una relazione interpersonale del tutto neutrale (come accade con il ben più intenso rapporto di parentela che la giurisprudenza ritiene insufficiente).
1.5. L’effetto tipico della misura interdittiva indica solamente il “rischio” che l’azienda attinta da tale misura sia condizionata; tale effetto si esaurisce peraltro solo nei rapporti tra l’impresa e la PA, non operando in quelli di mercato tra imprenditori e privati, e non implicando dunque alcuna “presunzione” di legge che indichi una pericolosità atta a transitare – senza ulteriori riscontri – verso i terzi (inclusi tra questi ultimi altri operatori economici). Si tenga presente, infatti, che, a norma dell’art. 37, commi 18 e 19 del Dlgs 163/2006, nel caso (ben più pregnante e significativo di correlazioni e collaborazioni) di imprese raggruppate, quando una misura interdittiva antimafia colpisce il mandante o il mandatario di un RTI, la legge consente all’Amministrazione di proseguire il rapporto di appalto con l’impresa superstite (naturalmente, alle condizioni del possesso dei necessari requisiti di qualificazione richiesti dal bando), tanto che – sulla base di tale norma – la giurisprudenza ha tratto un giudizio di illegittimità di qualsiasi “automatica” considerazione della sussistenza di rischi di infiltrazione mafiosa in capo ad una impresa per il solo fatto che si fosse associata ad altra impresa ritenuta controindicata (cfr. TAR Reggio Calabria 22 aprile 2011, nr. 350).
1.6. La “vicinanza” tra una impresa controindicata ed una impresa oggetto di valutazione nel procedimento volto alla definizione di un provvedimento interdittivo va apprezzata caso per caso, in relazione alle concrete vicende collaborative tra le due imprese, che vanno adeguatamente approfondite allo scopo di accertare la sussistenza di fattori oggettivi di condizionamento (non della impresa controindicata rispetto a quella in valutazione, ma solo da parte delle medesime organizzazioni criminali che hanno compromesso la posizione della prima).

T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sez. 1, 9 aprile 2013, n. 00209
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