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Incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense alla nomina di presidente di Tar sezione monocratica

Ordinamento giudiziario

Sul legittimo diniego alla nomina di presidente di un T.A.R. sezione monocratica nella fattispecie tipizzata dall’art. 18 dell’Ordinamento Giudiziario
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 6 aprile 2021, n. 02759

Premassima

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 dell’Ordinamento Giudiziario, deve ritenersi legittimo il diniego di nomina ad un magistrato in qualità di Presidente di un T.A.R. Mono-sezionale, disposto dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, a causa della sussistenza, per un giudizio pendente, di un rapporto di parentela con la di lui germana, quale procuratore presso il ridetto Consesso. Pertanto, al fine di consentire il permanere di uno stato di tutela sostanziale, nonché il principio di imparzialità e la terzietà del giudice imposti dalla legge, a nulla rileva l’impegno del parente (la figlia avvocato) a non esercitare la professione forense presso tale Tribunale, poiché si prospetterebbe una presunzione assoluta di incompatibilità di sede per i presidenti di uffici giudiziali monocratici tale da non consentire un’analoga soluzione per l’impegno personale assunto dal congiunto avvocato di esimersi da ogni attività, seppur stragiudiziale, o a dismettere altri incarichi nel campo del diritto amministrativo.

Principio

Il Consesso ha definito la questione dell’applicabilità ai magistrati amministrativi del disposto di cui all’art. 18 dell’Ordinamento giudiziario, di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, recante “incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense”, in virtù di quanto statuito dall’art. 28, L. 27 aprile 1982, n. 186 rubricato “Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali”.

Difatti, il succitato art. 18 prevede al comma 1: “i magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato”; prevede, altresì al comma 2, criteri di verifica della “ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede”, questi tengono conto della rilevanza della professione forense svolta “avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell’attività da parte dei medesimi soggetti”; “della dimensione dell’ufficio di appartenenza del magistrato, con particolare riguardo all’organizzazione tabellare” ; “della materia trattata dal magistrato e dal professionista, avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza, ed ancora, all'interno dei predetti e specie del settore del diritto civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per il magistrato, dalla organizzazione tabellare”; infine “della funzione specialistica dell’ufficio giudiziario”.

Si riscontra, in linea generale, la manifestazione di un indirizzo criteriale i cui principi risultano simili al contenuto della circolare del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, la quale ha evidenziato l’ampio margine valutativo-discrezionale in capo all’organo di autogoverno, di individuare le circostanze di incompatibilità ambientale in ragione delle dimensioni dell’ufficio e del foro locale, della natura della funzione esercitata dal magistrato, specie nell’ipotesi in cui ricopra funzioni direttive piuttosto che semidirettive, del periodo di permanenza in sede ed infine del settore di esercizio professionale dell’avvocato.

D’altronde ai successivi commi 3 e 4, sono richiamate disposizioni più rigide, giacché statuisce che “ricorre sempre una situazione di incompatibilità con riguardo ai Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione […], salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione alcuna attività o viceversa”; “i magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o requirenti sono sempre in situazione di incompatibilità di sede ove un parente o affine eserciti la professione forense presso l’Ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale”.

Si delinea un quadro normativo in cui le due disposizioni posto che si riferiscono a diversi ambiti, tuttavia entrambe pongono in luce un restringimento del margine di valutazione discrezionale, in quanto mentre una presume iure et de iure l’incompatibilità nei Tribunali mono-sezionali, l’altra presuppone l’incompatibilità per i magistrati preposti alla direzione di un ufficio giudiziario, ad eccezione della fattispecie in cui vi sia un articolazione in più sezioni per ciascun settore di attività penale e civile.

Pertanto, dalla fattispecie de qua è deducibile una presunzione assoluta di incompatibilità, la quale opera per categorie a prescindere dalla realizzazione in concreto di conflitti di interesse, tale da non ammettere prova contraria; quindi a nulla gioverebbe l’impegno personale del congiunto che esercita la professione forense di esimersi da ogni attività, perfino stragiudiziale, nel settore del diritto amministrativo stante la manifesta volontà della legge di prestare tutela al naturale affidamento dei cittadini nei confronti del giudice super partes.

Cons. St., Sez. 5, 6 aprile 2021, n. 02759
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