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Illecita trasformazione di beni privati. Tutela in forma specifica

Espropriazione per pubblica utilità Giustizia amministrativa Giurisdizione e competenza

Realizzazione di un’opera pubblica su fondo illegittimamente occupato, ovvero legittimamente occupato ma non espropriato nei termini di legge. 1. Controversie. Giurisdizione del GA. 2. Occupazione appropriativa. Esclusione. 3. Facoltà del proprietario di abdicare al bene domandando il ristoro per equivalente. Esclusione. 4. Modalità di acquisizione dell'opera pubblica. Decreto espropriativo. Negozio. Acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001. Necessità. 5. Trasformazione del fondo appreso. Obbligo di restitutio in integrum. Risarcimento del danno per perdita del bene. Non spetta. 6. Illecito. Natura permanente. Domande restitutorie e risarcitorie per illecita occupazione. Fondatezza. Ritualità delle domande. Necessità. 7. Restitutio in integrum. Eccessiva onerosità ex art. 2058 c.c. Inapplicabilità alle azioni di contenuto reale
T.A.R. Piemonte, Sez. 1, Sentenza 10 gennaio 2014, n. 00043

Principio

1. Realizzazione di un’opera pubblica su fondo illegittimamente occupato, ovvero legittimamente occupato ma non espropriato nei termini di legge. Controversie. Giurisdizione del GA.
Sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo nel caso di controversie concernenti l’occupazione del terreno di proprietà privata che abbia avuto luogo sulla base di un atto implicante dichiarazione di pubblica utilità ed in forza di un formale provvedimento di autorizzazione all'occupazione in via d'urgenza, quindi ricollegandosi, almeno nella sua fase iniziale, ad un’attività di stampo tipicamente autoritativo della P.A., soggetta a sindacato di legittimità del giudice amministrativo anche per i profili risarcitori, considerato (Cassazione civile,   sez. un.,  05 agosto 2009   n. 17944).  

2. (segue): occupazione appropriativa. Esclusione.
La realizzazione di un’opera pubblica su fondo illegittimamente occupato, ovvero legittimamente occupato ma non espropriato nei termini di legge, non è di per sé in grado di determinare il trasferimento della proprietà del bene a favore della Amministrazione. Deve infatti ritenersi ormai superato l’orientamento che riconnetteva alla costruzione dell’opera pubblica ed alla irreversibile trasformazione del fondo che ad essa consegue effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato, dovendo invece affermarsi che la suddetta trasformazione su fondo illegittimamente occupato integra un mero fatto non in grado di assurgere a titolo d’acquisto (TAR Piemonte, sez. I, 10 maggio 2013, n. 607; TAR Piemonte, sez. I, 30 agosto 2012 n. 985).

3. (segue): facoltà del proprietario di abdicare al bene domandando il ristoro per equivalente. Esclusione.
Nel caso di procedure ablatorie non concluse legittimamente, il diritto di proprietà non può essere fatto oggetto di atti abdicativi, e quindi anche la richiesta di risarcimento formulata dal privato, finalizzata ad ottenere il mero controvalore del fondo compromesso dalla realizzazione dell’opera pubblica, ancorché interpretata quale manifestazione della volontà di rinunciare alla proprietà del fondo, non può valere a determinare in capo al privato la perdita di proprietà del fondo illegittimamente occupato dall’opera pubblica.

4. (segue): modalità di acquisizione dell'opera pubblica. Decreto espropriativo. Negozio. Acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001. Necessità.
Nel caso di procedure ablatorie non concluse legittimamente, soltanto un formale atto di acquisizione del fondo riconducibile ad un negozio giuridico, o ad un decreto espropriativo adottato all’esito di un rinnovato procedimento di pubblica utilità, ovvero, se del caso, ad un provvedimento ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, può precludere la restituzione del bene: di guisa che, in assenza di un tale atto, è obbligo primario della Amministrazione quello di restituire il fondo illegittimamente appreso.

5. (segue): trasformazione del fondo appreso. Obbligo di restitutio in integrum. Risarcimento del danno per perdita del bene. Non spetta.
Nel caso di procedure ablatorie non concluse legittimamente, mantenendo il privato la proprietà del bene illecitamente appreso e trasformato, il soggetto proprietario del medesimo bene non ha alcun titolo per chiedere un risarcimento commisurato alla perdita della proprietà o della disponibilità fondo, potendo invece agire per la restituzione di esso e per il risarcimento del danno conseguente al mancato godimento del bene durante il periodo di occupazione illegittima.

6. (segue): illecito. Natura permanente. Domande restitutorie e risarcitorie per illecita occupazione. Fondatezza. Ritualità delle domande. Necessità.
6.1. Fintantoché perduri l’occupazione del terreno privato da parte della Pubblica Amministrazione per effetto della realizzazione dell'opera pubblica per cui il terreno è stato trasformato, si ha un fatto illecito permanente, a fronte del quale il privato interessato è in condizione e nei termini per proporre le opportune azioni di restituzione e di risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima (decorrente, quest’ultimo, dalla data di scadenza del periodo di occupazione legittima stabilito nel decreto di occupazione d’urgenza). L'esame delle suddette azioni presuppone tuttavia che siano state ritualmente esercitate dal privato. In difetto ogni eventuale decisione del giudice su tali domande dovrebbe necessariamente fondarsi su un inammissibile stravolgimento del thema decidendum, così come definito dal petitum e dalla causa petendi della domanda effettivamente proposta in giudizio dalla ricorrente.
6.2. Nel caso di procedure ablatorie non concluse legittimamente, la persistente occupazione dei terreni di proprietà del ricorrente in assenza di un valido titolo idoneo a trasferirne la proprietà alla P.A. (decreto di esproprio, cessione volontaria, atto di acquisizione ex art. 42 bis) configura un illecito permanente che obbliga la P.A. alla restitutio in integrum, oltre che al risarcimento del danno per il mancato godimento dei beni durante il periodo di occupazione illegittima.

7. (segue): restitutio in integrum. Eccessiva onerosità ex art. 2058 c.c. Inapplicabilità alle azioni di contenuto reale.
7.1. Nel caso di procedure ablatorie non concluse legittimamente, la restitutio in integrum non può essere paralizzata dalla presenza dell’opera pubblica, la quale non dà titolo per opporre l’eccessiva onerosità della rimozione delle opere nel frattempo realizzate né per invocare il principio di cui al comma 2 dell’art. 2933 cod. civ.: infatti l’eccessiva onerosità di cui all’art. 2058 cod. civ. non è opponibile nelle azioni intese a far valere un diritto reale, il cui carattere assoluto non lascia margini a modalità di reintegrazione diverse da quella in forma specifica, salva diversa volontà del titolare (TAR Piemonte, sez. I. 30 agosto 2012, n. 985; Cass. Civ. sez. II n 2359/2012).
7.2. Nel caso di procedure ablatorie non concluse legittimamente, la Pubblica Amministrazione è tenuta a far cessare l'occupazione illecita di beni privati in una delle forme attualmente previste dall’ordinamento (restituzione e risarcimento del danno; accordo col privato proprietario; decreto di acquisizione ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001), anche perché la persistente occupazione abusiva non fa che aggravare l’entità del risarcimento del danno che l’Amministrazione sarà necessariamente chiamata a pagare al privato proprietario, e quindi, correlativamente, anche la consistenza del danno erariale causato da tale comportamento illecito.

T.A.R. Piemonte, Sez. 1, 10 gennaio 2014, n. 00043
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