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Il subentro nel contratto di appalto e il risarcimento per equivalente per la parte di contratto già eseguita

Contratti pubblici

1. Requisito di partecipazione. Pregresso svolgimento di servizi analoghi. Concetto di similarità tra i servizi oggetto di appalto e i servizi pregressi. 2. Inefficacia del contratto. Vizio dell’aggiudicazione. Subentro ex art. 122 c.p.a.. 3. Contratto eseguito in parte. Risarcimento del danno ex art. 124 c.p.a.. Presupposti. Criteri di liquidazione del danno ex art. 34, comma 4, c.p.a.. Mancato utile. Danno emergente. Danno c.d. curriculare.
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 25 giugno 2014, n. 03220

Principio

1. Requisito di partecipazione. Pregresso svolgimento di servizi analoghi. Concetto di similarità tra i servizi oggetto di appalto e i servizi pregressi.
1.1. Sotto il profilo del concetto di similarità dei servizi pregressi, deve rammentarsi che “servizi analoghi” non significa servizi identici, poiché la formula “servizi analoghi” implica la necessità di ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, elementi che non possono che scaturire dal confronto tra le prestazioni oggetto dell’appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria dal bando, senza quindi fermarsi alla verifica del tipo di contratto in cui tali prestazioni sono inserite.
1.2. Pertanto, quando la lex specialis di gara richiede, come nella fattispecie, di dimostrare il pregresso svolgimento di servizi simili, non è consentito alla stazione appaltante di escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività rientranti nell’oggetto dell’appalto, né le è consentito di assimilare impropriamente il concetto di servizi analoghi con quello di servizi identici, considerato che la ratio di siffatte clausole è proprio quella di perseguire un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche.

2. Inefficacia del contratto. Vizio dell’aggiudicazione. Subentro ex art. 122 c.p.a..
Ai sensi dell’art. 122 c.p.a., fuori dei casi indicati dall'articolo 121, comma 1, e dall'articolo 123, comma 3, il giudice, una volta annullata l'aggiudicazione definitiva, può disporre il subentro dell’impresa ricorrente nel contratto, qualora, come nella specie, il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara, la domanda di subentro sia stata proposta e lo stato di esecuzione del contratto e la tipologia stessa del contratto consentano tale subentro.

3. Contratto eseguito in parte. Risarcimento del danno ex art. 124 c.p.a.. Presupposti. Criteri di liquidazione del danno ex art. 34, comma 4, c.p.a.. Mancato utile. Danno emergente. Danno c.d. curriculare.
3.1. Quando il giudice non può dichiarare l'inefficacia della parte del contratto che ha già avuto esecuzione, la domanda risarcitoria ex art. 124 c.p.a., pur presentata in via subordinata a quella di reintegrazione in forma specifica, deve trovare pieno ingresso e piena considerazione in relazione a tale parte del contratto.
Dunque, in riferimento alla parte del contratto che ha già avuto esecuzione il giudice dispone il risarcimento del danno per equivalente ex art. 2043 c.c., ove sussistano tutti i presupposti (illegittimità dell’aggiudicazione, nesso di causalità, colpa in re ipsa trattandosi di appalti pubblici - Consiglio di Stato, Sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).
3.2. In tal caso, il giudice può altresì stabilire, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., i criteri in base ai quali il debitore (la stazione appaltante, nel caso di specie) deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine a titolo di risarcimento danni; ove le parti non giungano a un accordo sulla base di detti criteri, potranno essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV c.p.a..
3.3. Nel caso di specie, il giudice ha stabilito, ai sensi del quarto comma dell’art. 34 citato, i seguenti criteri:
- è necessaria la prova documentata, a carico dell'impresa, della percentuale di utile che avrebbe conseguito qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686) nel periodo intercorrente tra l’avvio del servizio e il successivo subentro;
- il mancato utile spetta nella misura integrale solo se la concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione; in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686);
- per quanto riguarda il danno emergente, la partecipazione alle gare pubbliche di appalto implica per le imprese la sopportazione di costi che, di norma, restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione; quindi nulla è dovuto a tale titolo (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 settembre 2013, n. 4392);
- in sede di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, è onere dell'interessato richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento del c.d. danno curriculare e fornirne adeguatamente la relativa prova (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7004);
- per liquidare l'obbligazione di risarcimento del danno da fatto illecito, il giudice deve effettuare una duplice operazione.
Anzitutto va reintegrato il danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato prodotto, dovendosi così provvedere alla rivalutazione del credito, cioè alla trasformazione dell'importo del credito originario in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale; normalmente questa operazione viene effettuata avvalendosi del coefficiente di rivalutazione elaborato dall'Istat, applicando l'indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, se non dimostrato un diverso indice di rivalutazione.
In secondo luogo, dovrà calcolarsi il cd. danno da ritardo, utilizzando il metodo consistente nell'attribuzione degli interessi (c.d. compensativi), da calcolare secondo i criteri già fissati dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 1712/95), secondo cui gli interessi (ad un tasso non necessariamente corrispondente a quello legale) vanno calcolati dalla data del fatto non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).

Cons. St., Sez. 5, 25 giugno 2014, n. 03220
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