Il controllo dello stato di approdo in conformità allo statuto proprio delle navi da soccorso
Sicurezza pubblica Misure di prevenzione e di sicurezza
Premassima
In ambito internazionale e/o interno vige
uno statuto proprio delle navi di soccorso, in forza del quale il controllo
dello Stato di approdo non risulta meramente cartolare, in quanto si limita al
raffronto tra la situazione della nave e la relativa certificazione rilasciata
dallo Stato di bandiera. Concretizzandosi, pertanto, un’impossibilità nel
verificare l’esistenza di equipaggiamento e dotazioni di sicurezza idonei al
reale impiego della nave, diversamente operando, infatti, si realizzerebbe un’elusione
degli scopi della normativa internazionale, posta in essere per scongiurare la
circolazione di navi rappresentanti un pericolo per le persone a bordo o una
irragionevole minaccia di danno all’ambiente marino.
Principio
In materia di “Sicurezza marittima”, ed in specie, relativamente al
provvedimento di fermo adottato dalla competente Autorità italiana a carico di
un’imbarcazione cargo battente bandiera tedesca ed impiegata per attività di
ricerca e soccorso in mare, il controllo dello stato di approdo (PSC – Port State
Control) consiste nell’attività di ispezione delle imbarcazioni straniere
svolta dalle autorità portuali per verificare la conformità delle condizioni
della nave e del suo equipaggiamento ai requisiti (standard minimi) previsti
dalle normative internazionali, così garantendo la sicurezza marittima e la
prevenzione dell’inquinamento.
Il giudice comunitario in sede di rinvio pregiudiziale dal giudice di primo
grado, con ordinanza cautelare, ha riformato la decisione esaminata ed ha accolto
la domanda di sospensione del provvedimento di fermo nelle more della
decisione.
All’uopo, il giudice di appello, trattando le principali tematiche oggetto
dell’ordinanza ha disposto: 1. il potere/dovere di controllo dello Stato di
approdo non può essere escluso in virtù del concreto esercizio dell’attività
dell’imbarcazione poiché difforme da quello per il quale la nave risulta formalmente
certificata legittimando così il controllo, diversamente il sistema si presterebbe
ad abusi; 2. il controllo dello Stato di approdo non può essere meramente
cartolare, così riducendosi al parallelo tra la situazione della nave e la
relativa certificazione rilasciata dallo Stato di bandiera, ossia ignorando l’attività
che in effetti viene stabilmente esercitata, non potendo verificare l’esistenza
di equipaggiamento e dotazioni di sicurezza idonei al reale impiego della nave;
3. in ambito internazionale esiste uno statuto proprio delle navi di soccorso previsto
e disciplinato dalla Convenzione di Amburgo del 27 aprile 1979, il quale
contempla il “Servizio di ricerca e di salvataggio”, anche per i mezzi privati,
attraverso l’individuazione del “Mezzo di ricerca e di salvataggio”, il quale
deve essere dotato di personale addestrato e di attrezzature necessarie per l’adempimento
del servizio de quo, mentre l’ordinamento interno dovrà fare riferimento
all’art. 1, del d.P.R. 8 novembre 1991, n. 435, che definisce “Nave da salvataggio:
una nave munita di attrezzature particolari per il servizio di soccorso a navi”;
4. una nave che esercita stabilmente l’attività di pattugliamento, ricerca e
soccorso non gode delle esenzioni di cui alla Convenzione Solas ed alle altre
convenzioni internazionali, poiché si tratta di esenzioni concernenti l’assistenza
in mare di una nave in pericolo, con relativo salvataggio degli eventuali
naufraghi, da parte dei presenti o prossimi alla scena dell’evento in
situazione accidentale, ossia trattasi di prestazione di assistenza meramente
eventuale che incombe a tutte le navi in navigazione in qualsiasi spazio
marittimo.
In conclusione, anche in assenza di specifiche prescrizioni sulle
caratteristiche tecniche delle unità di salvataggio, il servizio di
pattugliamento, ricerca e soccorso in mare dovrà avvenire in condizioni di
sicurezza per le medesime persone soccorse, per l’equipaggio, per la
navigazione e per l’ambiente. Inoltre, ai sensi dell’art. 22, d.lgs. 24 marzo
2011, n. 53, comma 2 bis e 2 ter, si configura un procedimento, in contraddittorio,
nel quale possono combinarsi gli interessi potenzialmente lesi, tramite l’adozione
di misure di adeguamento alla sicurezza del trasporto delle persone e agli
interessi ambientali, in conformità al mezzo navale e finalizzato ad un
servizio di salvaguardia delle vite umane in pericolo.