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Giudizio di ottemperanza

Giustizia amministrativa

Sull'esecuzione delle sentenze esecutive non sospese in pendenza del grado di appello.
T.A.R. Lazio Roma, Sez. 3T, Sentenza 19 dicembre 2013, n. 10988

Principio

Sull'esecuzione delle sentenze esecutive non sospese in pendenza del grado di appello.
Il combinato disposto di cui all’art. 33, comma 2, del c.p.a. e all’art. 112, comma 2, lett. b) del c.p.a. attribuisce una più incisiva effettività alla decisione del giudice di prime cure, consentendo una tutela anticipata della pretesa fatta valere con il ricorso.
Nondimeno, la pendenza dell’appello, se non scalfisce la portata esecutiva della sentenza di primo grado, è circostanza idonea a non attribuire all’esecuzione di questa la medesima portata propria dell’actio judicati, in ragione della evidente differenza sussistente tra il dictum giudiziale come risultante dopo la definitiva decisione del giudice di appello ed il decisum reso solo in primo grado, e, dunque, ancora in formazione, in quanto destinato a consolidarsi solo dopo la sentenza di secondo grado.
Da quanto sopra consegue anche una differente portata nei poteri del giudice dell’esecuzione che devono essere opportunamente calibrati, essendo ancora incerto l'esito dell'appello, di talché le statuizioni dettate in sede di esecuzione della sentenza appellata ma non sospesa non solo non devono compromettere l’assetto degli interessi in gioco, ma devono consentire, ove sopravvenisse un giudicato che dovesse, in ipotesi, vedere soccombente il ricorrente già vittorioso in primo grado, il ripristino dello status quo ante.
Pertanto, in tale ipotesi, il giudice adito deve procedere con prudente ed equilibrato apprezzamento nell’adozione di provvedimenti esecutivi implicanti effetti necessariamente interinali del decisum.

T.A.R. Lazio Roma, Sez. 3T, 19 dicembre 2013, n. 10988
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