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Giudizio costituzionale sul vincolo di rappresentatività di entrambi i sessi nelle liste elettorali nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti

Elezioni

Il giudizio della Corte costituzionale sull’obbligo di rappresentatività di entrambi i sessi e la violazione dell’art. 51, comma 1, art. 3, comma 2, art. 117, comma 1, Cost., in riferimento all’art. 14 CEDU, art. 1 Protocollo Addizionale n. 12
Cons. St., Sez. 3, Ordinanza ORDINANZA COLLEGIALE 4 giugno 2021, ord. n. 04294

Premassima

Ai sensi del combinato disposto dagli artt. 51, primo comma, 3, secondo comma, 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 14 CEDU, art. 1 Protocollo Addizionale n. 12, è manifestamente rilevante e fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 71, comma 3 bis, d.lgs. n. 267 del 2000, specie nella parte dispone la necessaria rappresentanza di entrambi i generi nelle liste elettorali nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, e anche dell’art. 30, lett. b) bis e lett. e), d.P.R. n. 570 del 1960 nella parte in cui esclude dal regime sanzionatorio le liste elettorali presentate in violazione della suddetta normativa.

Principio

Nella sentenza emarginata in epigrafe, il Consesso precisando in primis che nell’odierno assetto normativo si individuano tre livelli di tutela, la quale applicazione deriva dal numero di abitanti del Comune oggetto della competizione elettorale, ha ricordato che l’art. 71, comma 3-bis, d.lgs. n. 267 del 2000, pur avendo previsto l’obbligo di assicurare la parità di genere nelle elezioni di qualsiasi Comune, ha volutamente omesso di fornire una disciplina alle conseguenze della violazione dell’obbligo anzidetto nei Comuni più piccoli.

Un’interpretazione compatibile con il dettato costituzionale è da escludere anche qualora vi sia una eventuale disapplicazione della normativa de qua per opposizione con l’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea rubricata “parità tra donne e uomini”, secondo cui “La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”.

La suddetta disposizione, difatti, non presenta efficacia diretta ed immediata, perlomeno in riferimento alla legislazione promozionale, riponendo alla decisione del legislatore nazionale la scelta di strumenti più adeguati all’affermazione del principio di parità. Pertanto, scarseggiano le condizioni tali da consentire al giudice la disapplicazione della norma interna per contrasto con il diritto comunitario.

Quindi, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Collegio è rilevante e non risolvibile attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata del dettato normativo.

Inoltre, cardine della disciplina in commento è rappresentato dall’art.42, rubricato “adozione e finalità delle azioni positive”, ossia la azioni predisposte al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità, nell’ambito della competenza statale.

Difatti, è in merito all’art. 3 Cost. che emerge la premessa sul sindacato della Corte nella materia elettorale. Il giudizio “deve svolgersi attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sia insindacabile discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti”. Laddove, l’orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale sostiene che il trattamento si configura come “discriminatorio” quando la differenziazione di disciplina sia ingiustificata, “formalmente contradditoria”, ovvero “irrazionale, secondo le regole del discorso pratico”. Nel caso de quo risulta irragionevole non avere indicato alcun vincolo nella formazione delle liste elettorali nei Comuni fino a 5.000 abitanti e l’avere privato gli aspiranti candidati agli organi elettivi di tali Comuni di qualsiasi forma di tutela avverso le violazioni del principio di parità di genere nelle competizioni elettorali, principio che appunto è stato espressamente affermato dal legislatore. Di conseguenza, in tal modo risulta violato l’art. 3 Cost. rispetto alla predisposizione di regimi di tutela differenziati con riferimento al diritto all’elettorato passivo, inteso come “diritto politico fondamentale che l’art. 51 Cost. garantisce ad ogni cittadino con i caratteri propri dell’inviolabilità ex art. 2 Cost.”.

Cons. St., Sez. 3, 4 giugno 2021, ord. n. 04294
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