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Gasdotti

Energia, idrocarburi e risorse geotermiche Giurisdizione e competenza Enti locali

Competenza dei T.A.R. periferici in tema di controversie concernenti i gasdotti di importazione. Inesistenza in capo agli Enti Locali della potestà di impedire che una determinata attività si svolga nel proprio territorio. Incompetenza dei Consigli Comunali nell'adozione di atti di gestione. Soccorso istruttorio
T.A.R. Puglia Lecce, Sez. 1, Sentenza 13 maggio 2013, n. 01048

Principio

1. Sulla competenza dei T.A.R. periferici in tema di controversie afferenti a provvedimenti aventi incidenza soltanto indiretta sulle procedure e i provvedimenti concernenti i gasdotti di importazione.
1.1. In base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 133 e 135 cod. proc. amministrativo, deve ritenersi che le controversie “attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione concernenti … i gasdotti di importazione” (a cui hanno riguardo l’art. 133, primo comma, lett. o), e l’art. 135, primo comma, lett. f), cpa), relativamente alle quali è funzionalmente competente il T.A.R. Lazio, restano confinate alle funzioni amministrative attinenti al progetto nella sua unitarietà, senza estendersi anche ai provvedimenti adottati da un’autorità territoriale e che hanno incidenza solo indiretta sulla manifestazione del potere che quelle funzioni rappresentano. 
1.2. Ove non si rivenga una situazione di eccezionalità, da cui trarre la conclusione del rilievo di preminente interesse nazionale delle funzioni amministrative svolte (cfr. art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito in legge 27 gennaio 2006, n. 21), non è giustificata una disciplina processuale derogatoria della competenza territoriale del G.A. La disciplina drogatoria si porrebbe in contrasto con l’ordinario sistema di ripartizione della competenza territoriale dei tribunali amministrativi, voluto dalla Costituzione, che all’art. 125 ha previsto la loro dislocazione regionale, allo scopo di avvicinare questa giurisdizione ai cittadini.

2. Inesistenza in capo agli Enti Locali della potestà di impedire che una determinata attività si svolga nel proprio territorio.
2.1. L’esigenza di tutela della comunità da parte delle autonomie locali (in cui è senza dubbio annoverato il compito di promuovere le migliori condizioni di qualità della vita) non può rilevare in maniera isolata ed essere scissa dal contesto nazionale in cui si innesta il sistema delle autonomie; cosicché ogni intervento dei poteri locali deve gioco forza coordinarsi con le prerogative degli altri poteri pubblici ed essere teso ad indirizzare la loro azione verso gli obiettivi di cura e tutela del benessere degli amministrati. Ciò in forza di un principio, immanente nell’ordinamento giuridico ed a più riprese espresso nella giurisprudenza anche costituzionale, in virtù del quale si esige da ogni potere concorrente la leale cooperazione.
2.2. In termini generali, il dissenso di un’amministrazione a che una determinata attività si svolga sul proprio territorio deve rispondere ai principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, non potendo limitarsi ad una mera sterile opposizione, ma dovendo essere "costruttivo". Ciò del resto è conforme non solo all’esigenza dell’effettivo perseguimento degli obiettivi di semplificazione e di accelerazione dell’azione amministrativa, ma anche nell’ottica dell’altro principio di leale collaborazione cui pure devono essere improntati i rapporti tra le varie pubbliche amministrazioni (cfr., in tema di conferenza di servizi, Cons. Stato, Sez. V, 23 maggio 2011 n. 3099).

3. Sull'incompetenza del Consiglio Comunale ad assumere atti ostativi alla localizzazione sul territorio comunale di determinate attività.
Non è configurabile la potestà di impedire che una determinata attività si svolga nel proprio territorio in capo al Consiglio comunale, organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, le cui competenze sono rigidamente fissate dall’art. 42 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in base ad un’elencazione tassativa (cfr., per tutte, Cons. Stato – Sez. VI, 12 ottobre 2011 n. 5518), che pertanto non può assumere provvedimenti annoverabili tra gli atti di gestione, rientranti tra i compiti della dirigenza, secondo quanto stabilito dall’art. 107, secondo comma, lett. f), del T.U. n. 267/2000.

4. Sulla necessità di operare il c.d. “soccorso istruttorio”.
4.1. La necessità di operare il c.d. “soccorso istruttorio” incontra il solo limite del rispetto della “par condicio” nei procedimenti concorsuali (per gli appalti pubblici, cfr. da ultimo Cons. Stato – Sez. V, 5 dicembre 2012 n. 6248) e, all’infuori di ciò, costituisce un ben determinato obbligo nel compimento dell’istruttoria.
4.2. In prima battuta spetta all'Amministrazione e per essa al responsabile del procedimento verificare, ai sensi dell'art. 6 delle legge n. 241 del 1990, la completezza della documentazione da allegarsi con la domanda, al fine di consentire la tempestiva ed adeguata integrazione della documentazione necessaria e non prodotta (cfr. TAR Lazio, Sez. II, 17 settembre 2012 n. 7810).
4.3. Attesa la collocazione sistematica dell'art. 6 legge n. 241/1990 nella legge generale sul procedimento amministrativo, l’obbligo di soccorso sussiste per ogni tipo di attività istruttoria e la sua inottemperanza inficia il provvedimento finale negativo.

T.A.R. Puglia Lecce, Sez. 1, 13 maggio 2013, n. 01048
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