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GOVERNO DEL TERRITORIO

Urbanistica e edilizia Espropriazione per pubblica utilità Demanio e patrimonio

Motivazione degli strumenti urbanistici generali. Accessibilità pubblica alla battigia. Impossibilità che strumenti urbanistici sopravvenuti determinino retroattivamente l'illegittimità delle previsioni urbanistiche antecedenti. Tempus regit actum. Legittimità dei decreti di esproprio che siano coerenti allo strumento urbanistico vigente al momento dell’inizio della procedura espropriativa
T.A.R. Puglia Bari, Sez. 2, Sentenza 14 giugno 2013, n. 00963

Principio

1. Motivazione degli strumenti urbanistici.
In tema di motivazione degli strumenti urbanistici generali, solo in presenza di aspettative qualificate l’Amministrazione ha l’obbligo di motivare in maniera più specifica la scelta di tipizzare un’area in maniera difforme da quanto previsto da uno strumento urbanistico precedentemente in vigore. È dunque legittimo lo strumento urbanistico quando non risulti che l’Amministrazione sia andata ad incidere su una posizione “differenziata”, sulla quale il privato ricorrente possa vantare una aspettativa qualificata.

2. Interesse pubblico a realizzare accessi alla battigia.
Legittimamente il Comune procede all’esproprio di aree private e alla realizzazione di opere utili a garantire un confortevole e disciplinato utilizzo delle spiagge pubbliche, non rilevando che l’accesso possa servire a raggiungere un lido privato, anziché la spiaggia pubblica. La concessione di una porzione dell’arenile demaniale al lido privato, da un lato non esaurisce e non esclude la necessità di consentire l’accesso a quelle parti della stessa spiaggia data in concessione che restano di libera fruizione (a titolo esemplificativo la battigia), dall’altro che gli utenti ben possono, utilizzando le parti assoggettate al libero accesso anche all’interno del lido privato, raggiungere la c.d. spiaggia libera. D’altro canto deve tenersi conto che l’ente comunale non può escludere gli accessi pubblici sol perché questi conducono ad un “lido privato”, in quanto l’estensione territoriale e temporale delle concessioni demaniali è soggetta a mutamento, sicché non può incidere, precludendole, sulle opere stabili che consentano l’accesso alla spiaggia agli utenti che non intendono fruire dei servizi privati.

3. Sull'impossibilità che strumenti urbanistici sopravvenuti determinino retroattivamente l'illegittimità delle previsioni urbanistiche antecedenti. Tempus regit actum.
In base al principio di diritto secondo cui non può predicarsi l’illegittimità sopravvenuta degli atti amministrativi (salva l’ipotesi di illegittimità costituzionale della norma di legge di riferimento che, invero, non configura – secondo la migliore dottrina - neppure un’ipotesi di illegittimità sopravvenuta, in quanto la declaratoria di illegittimità costituzionale espunge la norma con efficacia retroattiva), la sopravvenienza di uno strumento urbanistico non può determinare retroattivamente l’illegittimità di quello antecedente, in base al pacifico principio di diritto secondo cui la legittimità degli atti va valutata con riferimento alle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della sua adozione, irrilevanti essendo le sopravvenienze.

4. (segue): legittimità dei decreti di esproprio che siano coerenti allo strumento urbanistico vigente al momento dell’inizio della procedura espropriativa.
4.1. Se legittima, in relazione alle previsioni dello strumento urbanistico, è l’apposizione del vincolo nonché la dichiarazione di P.U. (e tale essa è, come si è già affermato) ed i decreti di esproprio sono coerenti e conformi ai suddetti atti della procedura espropriativa ed allo strumento urbanistico vigente al momento dell’inizio della procedura espropriativa, le eventuali variazioni delle previsioni urbanistiche, anche se precedenti all’adozione del decreto di esproprio, non rilevano. 
4.2. I decreti di esproprio si pongono quali atti sostanzialmente esecutivi e attuativi di scelte programmatorie già delibate nella fase di apposizione del vincolo e di dichiarazione della pubblica utilità dell’opera, senza che sia contemplata normativamente la necessità di una rivalutazione della già scrutinata pubblica utilità dell’opera. 
4.3. Della natura sostanzialmente attuativa delle scelte già effettuate a monte ed ab initio nella procedura ablatoria si ha conferma, laddove si pensi che gli obblighi procedimentali posti a tutela delle garanzie partecipative sono contemplati nella fase iniziale della procedura, sicché, una volta assunte le determinazioni in ordine alla utilità dell’opera, i decreti di esproprio ne rappresentano la fase meramente esecutiva, sotto il profilo delle scelte, in cui nessuna valutazione di utilità è più richiesta.
4.4. Non è predicabile un obbligo dell’amministrazione di rivedere le determinazioni ablatorie adottate prima del’adozione di un nuovo strumento urbanistico. È indubbio che l’adozione di un nuovo strumento urbanistico non determini di per sé la caducazione della procedura espropriativa già iniziata in esecuzione dello strumento urbanistico previgente, in primis perché nessuna disposizione tanto prevede. Se, infatti, la sopravvenienza di una previsione urbanistica comportasse l’obbligo di uniformare ad essa le opere pubbliche già in passato delibate ed approvate in conformità al previgente strumento urbanistico, dovrebbe sostenersi che un’opera pubblica eventualmente anche già quasi completamente realizzata, venga rimossa in virtù della necessità di adeguamento al nuovo strumento urbanistico.
4.5. La procedura espropriativa iniziata legittimamente in conformità con le previsioni urbanistiche vigenti (di cui importi, eventualmente la contestuale modifica) non è automaticamente inficiata, nella sua legittimità, dalla sopravvenienza di uno strumento urbanistico generale che l’opera pubblica più non contempli.
4.6. I decreti di esproprio, data la natura meramente esecutiva di scelte decisionali già adottate in ordine alla pubblica utilità dell’opera, non richiedono una nuova valutazione di utilità dell’opera, in relazione alla sopravvenienza di strumenti urbanistici generali, salvo che non sia predicabile che l’ente comunale, con l’adozione del nuovo strumento urbanistico abbia (implicitamente) revocato la dichiarazione di pubblica utilità, in considerazione di un “ripensamento” circa la opportunità dell’opera, prima riconosciuta e poi disconosciuta ed anzi negata. Tanto non è escluso in linea di principio, nell’ipotesi in cui le nuove previsioni urbanistiche siano del tutto incompatibili ed antitetiche rispetto alla precedente valutazione di P.U. (si pensi al caso di un sopravvenuto strumento urbanistico che individui nell’area prima destinata ad un opera pubblica un insediamento residenziale o, comunque, del tutto incompatibile con il precedente progetto).

T.A.R. Puglia Bari, Sez. 2, 14 giugno 2013, n. 00963
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