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Dismissione di beni del demanio militare

Demanio e patrimonio Atto amministrativo e silenzio della P.A.

Ipotesi in cui è giustiziabile il silenzio-rifiuto della P.A. Natura del procedimento di dismissione definitiva di beni immobili appartenenti al demanio militare. Insussistenza di un obbligo a provvedere in capo alla PA sulle istanze di privati volte a ottenere la dismissione del demanio militare ex art. 307 cod. ord. militare. Sulla novella dell'art. 2 legge n. 241/1990 introdotta dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. 1, Sentenza 15 novembre 2013, n. 00594

Principio

1. Ipotesi in cui è giustiziabile il silenzio-rifiuto della P.A.
1.1. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990, l'obbligo giuridico della P.A. di provvedere sussiste ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, derivandone che il silenzio-rifiuto è un istituto riconducibile a inadempienza dell'Amministrazione, in rapporto a un sussistente obbligo di provvedere, che può discendere dalla legge, da un regolamento o anche da un atto di autolimitazione dell'Amministrazione stessa, che, in ogni caso, deve corrispondere ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall'ordinamento (conf.: Cons. St.: Sez. IV, 22.6.2006 n. 3883; 4.9.1985 n. 333 e 6.2.1995 n. 51; Sez. V 6.6.1996 n. 681 e 15.9.1997 n. 980; Sez. VI, 11.11.2008).
1.2. L'obbligo a provvedere ex art. 2, comma 1, legge n. 241/1990 è rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (ex plurimis: Cons. Stato Sez VI 14.10.1992 n. 762; T.A.R. Campania-Napoli I Sez. 28.6.2001 n.1034; T.A.R. Puglia - Lecce III Sez. 21.12.2007 n. 4370).

2. Natura del procedimento di dismissione definitiva di beni immobili appartenenti al demanio militare.
2.1. Nell’ambito del procedimento di dismissione definitiva degli immobili assegnati in uso governativo all’Amministrazione della Difesa, non è possibile rinvenire un interesse tutelato dall’ordinamento giuridico che legittimi la pretesa del privato a che l’Amministrazione azioni il procedimento di dismissione ex art. 307 D.Lgs. n. 66/2010 o emani un provvedimento di dismissione, viepiù quando manchi una (previa) valutazione di cessata utilità del bene immobile da parte dei competenti organi militari (nella specie l'immobile di cui il privato chiedeva la dismissione era incluso nell’elenco degli immobili necessari al Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 5, comma 3, del d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85 e la detta utilità ai fini istituzionali/operativi risultava confermata dalla mancata segnalazione dell’immobile de quo per le finalità dell’art. 2, comma 8-quater del decreto legge 27 giugno 2012, n. 87).
2.2. Il procedimento delineato dall’art. 307 D.Lgs. n. 66/2010 è connotato da elevata discrezionalità in relazione all’an dell’avvio, che mal si concilia con la pretesa (di dismissione e acquisto o, in subordine, di concessione) invocata dal privato interessato all'acquisto del bene da dismettere. La dismissione costituisce solo la fase finale di un articolato iter, che inizia con l’adozione di un “programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso”, passa attraverso la riallocazione delle funzioni presso idonee e funzionali strutture sostitutive in aree maggiormente funzionali per migliorare l’efficienza dei servizi assolti e, all’esito di questa, alla individuazione degli “immobili non più utilizzati per finalità istituzionali, da consegnare all’Agenzia del demanio”.
2.3. Soltanto a seguito della “individuazione” e “consegna” ai sensi dei primi commi dell'art. 307 D.Lgs. n. 66/2010 gli immobili non più utilizzati entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e alle altre procedure di dismissioni previste dalle norme vigenti, ovvero alla vendita a trattativa privata anche in blocco. L'elenco degli immobili individuati e consegnati è, poi, sottoposto al Ministro per i beni e le attività culturali, il quale, nel termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto di individuazione, provvede, attraverso le competenti soprintendenze, a verificare quali tra detti beni siano soggetti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dandone comunicazione al Ministro dell'economia e delle finanze. All’esito di tale verifica, l'Agenzia del demanio apporta le conseguenti modifiche all'elenco degli immobili.

3. (segue): insussistenza di un obbligo a provvedere in capo alla PA sulle istanze di privati volte a ottenere la dismissione del demanio militare ex art. 307 cod. ord. militare.
3.1. L'Amministrazione non ha l'obbligo, ma il potere discrezionale, di avviare il procedimento ex art. 307 D.Lgs. n. 66/2010 che può portare alla dismissione dei beni immobili non più utilizzati per finalità istituzionali, con la conseguenza che istanze volte a sollecitare l'esercizio di tale potere hanno una funzione di mera sollecitazione, ma non creano in capo alla P.A. alcun obbligo di provvedere e non danno luogo a formazione di silenzio-inadempimento in caso di mancata definizione dell'istanza.
3.2. Nell’ambito del procedimento di dismissione ex art. 307 D.Lgs. n. 66/2010, non è, in definitiva, configurabile né la sussistenza di un interesse del privato meritevole di tutela, né, tanto meno, l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere in merito ad una sua eventuale istanza volta alla soddisfazione di un interesse di mero fatto, quale è, senza dubbio, quella di colui che ambisce ad acquistare od ottenere in concessione un immobile rispetto al quale non siano già state avviate (d’ufficio) le relative procedure. In questa ipotesi il privato non appare, pertanto, titolare di una posizione differenziata e qualificata ovvero portatrice di un interesse in grado di radicare il dovere di provvedere in capo all’amministrazione.

4. Sulla novella dell'art. 2 legge n. 241/1990 introdotta dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”.
4.1. La legge 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione” ha apportato una modifica additiva al primo comma dell’art. 2 della legge n. 241/1990, prevedendo che la PA conclude il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata in caso di “manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda", motivando il provvedimento in modo sintetico (con riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo). Tale previsione, lungi dall’introdurre una nuova ipotesi di obbligo di provvedere e/o dall’affermare la sussistenza, in via generalizzata, dell’obbligo dell’Amministrazione di concludere il procedimento con una pronuncia espressa anche in caso di mancanza in capo al privato di una posizione qualificata e differenziata, si limita unicamente a “rafforzare” il primo periodo del primo comma del medesimo art. 2 legge n. 241/1990.
4.2. La novella di cui alla legge n. 190/2012 - coerentemente con le finalità perseguite dal legislatore (di contrasto alla corruzione e all'illegalità nella pubblica amministrazione) - va letta nel senso che, laddove sussiste l’obbligo di provvedere, l’Amministrazione è tenuta all’adozione di un provvedimento espresso, anche se l’istanza s’appalesa manifestamente priva di quei caratteri che, nella prassi amministrativa, sono spesso ritenuti i soli meritevoli di considerazione e di riscontro. In tal senso depongono non solo ragioni di carattere letterale e logico/sistematico, ma anche l’ineludibile esigenza di evitare di gravare l’Amministrazione con adempimenti inutili a fronte di “istanze” palesemente non correlate ad una situazione differenziata di specifico e rilevante interesse.

T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. 1, 15 novembre 2013, n. 00594
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