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Dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale

Contratti pubblici

Falso innocuo. Dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale nelle ipotesi di fusione o di incorporazione di società. Nullità di clausole del bando per contrarietà a norme imperative e inserzione automatica delle disposizioni di legge violate
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 11 giugno 2013, n. 03214

Principio

1. Sull'inapplicabilità della teoria del falso innocuo in materia di appalti pubblici.
Non può consentirsi che eventuali deficienze delle dichiarazioni ex art. 38 Codice appalti possa essere surrogata in giudizio, in contrasto con il principio della par condicio dei concorrenti che deve essere assicurato nel procedimento amministrativo di selezione e non nell’eventuale procedimento giurisdizionale, a posteriori. Infatti, deve essere esclusa la teoria del “falso innocuo” poiché il falso è innocuo quando non incide neppure minimamente sugli interessi tutelati. Nelle procedure di evidenza pubblica la completezza delle dichiarazioni, invece, è già di per sé un valore da perseguire perché consente – anche in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità – la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara. Conseguentemente, una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara. In altri termini, nel diritto degli appalti occorre poter fare affidamento su una dichiarazione idonea a far assumere tempestivamente alla stazione appaltante le necessarie determinazioni in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara o alla sua esclusione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

2. Sull'obbligo di rendere dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale da parte dei soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la pubblicazione del bando di gara.
2.1. In tema di dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale da parte di soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, l’art. 38, comma 1, lett. c), codice appalti, presenta un contenuto normativo che già di per sé comprende ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono, quando il soggetto cessato dalla carica sia identificabile come interno al soggetto concorrente (cfr. A.P. 4 maggio 2012, n. 10 e 7 giugno 2012, n. 21).
2.2. È necessaria la dichiarazione sulla c.d. moralità professionale da parte dei soggetti cessati dalla carica, nelle ipotesi di fusione o di incorporazione di società, ancorché venute in essere antecedentemente all'avvio della gara ove si realizza una successione a titolo universale fra i soggetti interessati ovvero, alla luce della riforma del diritto societario disposta dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la loro mera trasformazione, lasciando dunque ferma la continuità dell'attività imprenditoriale, ma anche e a maggior ragione nelle ipotesi di cessione di azienda o di ramo di azienda in cui si verifica una vicenda di successione a titolo particolare e si ha comunque il passaggio all'avente causa dell'intero complesso dei rapporti attivi e passivi nei quali l'azienda stessa o il suo ramo si sostanzia; il che rende la vicenda ben suscettibile di comportare pur essa la continuità tra precedente e nuova gestione imprenditoriale (cfr. A.P. 4 maggio 2012, n. 10). Ciò tuttavia avendo riguardo alla peculiarità dei casi specifici:
a) anzitutto, è comunque dato al cessionario comprovare l'esistenza nel caso concreto di una completa cesura tra vecchia e nuova gestione, tale da escludere la rilevanza della condotta dei precedenti amministratori e direttori tecnici operanti nell'ultimo triennio e, ora, nell'ultimo anno, presso il complesso aziendale ceduto;
b) resta altresì fermo - tenuto anche conto della non univocità delle norme circa l'onere del cessionario - che in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest'ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l'assenza del requisito in questione.

3. Nullità della clausola del bando che preveda l'obbligo di rendere dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale in capo ai soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara.
È nulla la clausola della lex specialis che imponga l'obbligo di rendere dichiarazioni ex art. 38, comma 1, lett. c) agli amministratori cessati dalla carica nel triennio, anziché l'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, per contrarietà a norme imperative ex art. 46, comma 1-bis, del Codice appalti: l’introduzione di una causa di esclusione, anche sotto il profilo dell’ampiezza temporale, ulteriore e diversa rispetto a quella prevista dalla norma di legge contrasta con il principio della tassatività delle cause di esclusione, rientrando nell’ipotesi di nullità ivi prevista. Nullità da intendersi quale nullità parziale, quindi, integrata ex art. 1339 c.c., dalla disposizione di legge (nuovo art. 38, così come modificato dal D.L. n. 70 del 2011, antecedente alla pubblicazione del presente bando di gara e dunque applicabile ratione temporis), che fissa ad un anno la rilevanza degli oneri di dichiarazione degli amministratori.

Cons. St., Sez. 5, 11 giugno 2013, n. 03214
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