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Dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale e clausola antitrust

Contratti pubblici

Quando i procuratori ad negotia debbono rendere la dichiarazione ex art. 38 codice contratti pubblici e sulla nullità della c.d. clausola antitrust
T.A.R. Lazio Roma, Sez. 3, Sentenza 9 aprile 2013, n. 03558

Principio

1. Procuratori ad negotia e dichiarazioni sulla c.d. moralità professionale ex art. 38, comma 1°, lett. c) codice dei contratti pubblici.
L’ampliamento della cerchia dei soggetti tenuti a rendere la dichiarazione di cui all'art. 38, comma 1°, lett. c) deve intendersi legittimo esclusivamente nelle ipotesi in cui il soggetto, diverso dalla persona formalmente investita del potere di amministrazione e di rappresentanza, sia titolare di poteri talmente ampi da permetterne la qualificazione nei termini di un vero e proprio amministratore di fatto; del resto l’articolo 38, comma 12, lett. c), si riferisce agli “amministratori muniti di rappresentanza” e quindi il conferimento di poteri più o meno ampi di gestione e rappresentanza non è sufficiente a giustificarne l’applicazione, occorrendo invece che il soggetto sia assimilabile a un vero e proprio amministratore e quindi sia titolare del potere di gestione dell’impresa sociale unitariamente intesa, cioè del potere di indirizzarne complessivamente e globalmente l’attività ai fini del conseguimento dell’oggetto sociale ponendo in essere tutti gli atti occorrenti a tal fine.

2. Nullità della c.d. clausola antitrust.
2.1. È nulla la clausola del bando recante l’esclusione dei concorrenti riuniti in RTI allorché uno o più componenti del medesimo sia in grado di soddisfare singolarmente i requisiti di ammissione richiesti (c.d. clausola antitrust), in quanto essa introduce una causa di esclusione non prevista dalla legge in contrasto con l’articolo 46, comma 1-bis d.lg. 12 aprile 2006, n. 163).
2.2. La cd. clausola antitrust non costituisce applicazione di una norma di legge o di regolamento e la giurisprudenza ha in passato riconosciuto la sua legittimità ritenendo che costituisse una legittima manifestazione del potere discrezionale delle stazioni appaltanti di disciplinare – eventualmente anche in modo più restrittivo rispetto alla legge - i requisiti di ammissione alle gare (così ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 19 giug no 2009, n. 4145). Detto potere discrezionale è stato soppresso dal comma 1-bis dell’articolo 46 del d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dall’articolo 4 del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, secondo cui “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”. Alla luce della disposizione del comma 1-bis citata la cd. clausola antitrust si traduce, in difetto di una sua copertura a livello legislativo o regolamentare, in una causa di esclusione atipica, come tale non ammissibile e, quindi, nulla.

T.A.R. Lazio Roma, Sez. 3, 9 aprile 2013, n. 03558
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