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Conferenza dei servizi

Atto amministrativo e silenzio della P.A. Beni culturali e paesaggistici Giustizia amministrativa

Non deve essere preceduto dal preavviso di rigetto il parere negativo espresso dalla Soprintendenza in sede di conferenza dei servizi. Non è ammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il dissenso espresso in sede di conferenza di servizi, avendo lo stesso natura giuridica di atto endoprocedimentale
Cons. St., Sez. 6, Sentenza 21 ottobre 2013, n. 05084

Principio

1. Non deve essere preceduto dal preavviso di rigetto il parere negativo espresso dalla Soprintendenza in sede di conferenza dei servizi.
1.1. Il parere della Soprintendenza, inserito nell’ambito della conferenza di servizi, ha valenza endoprocedimentale, con la conseguenza che lo stesso non deve essere preceduto dal preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241/1990. Il contraddittorio deve, infatti, essere garantito prima dell’adozione dell’autonomo provvedimento finale successivo alla conclusione dei lavori della conferenza (cfr. Cons. Stato, VI, 18 aprile 2011, n. 2378).
1.2. La sede della conferenza dei servizi è istituzionalmente preordinata ad assicurare il confronto degli interessi potenzialmente confliggenti, con assegnazione all’autorità competente del compito di adottare la determinazione finale che di quel confronto è espressione, restando impregiudicata la questione della rilevanza e dell’incidenza di detti valori a fronte di un giudizio della Soprintendenza, intervenuta nel procedimento per la tutela degli interessi paesaggistici che la legge le attribuisce.
1.3. Le valutazioni espresse dalla Soprintendenza hanno natura tecnica e, in quanto tali, sono sindacabili esclusivamente se, riscontrata l’esistenza di una figura sintomatica dell’eccesso di potere, si dimostra la violazione del principio di ragionevolezza tecnica. Non è, pertanto, sufficiente la mera opinabilità delle scelte effettuate (cfr. Cons. Stato, VI, 14 agosto 2013, n. 4174).

2. Non è ammissibile il ricorso giurisdizionale avverso il dissenso espresso da un’amministrazione in sede di conferenza di servizi, avendo lo stesso natura giuridica di atto endoprocedimentale.
2.1. Nella logica dell’art. 14, comma 2, legge 241/1990, la conferenza dei servizi rappresenta il modulo procedimentale essenziale alla formazione del successivo titolo abilitativo, e realizza la sede di concentrazione procedimentale del confronto dialettico delle amministrazioni interessate (cfr. Cons. Stato, VI, 23 maggio 2012, n. 3039).
2.2. Le singole amministrazioni che partecipano ai lavori della conferenza dei servizi hanno l’onere di esprimere l’eventuale motivato dissenso, ciascuna riguardo all’interesse alla cui cura è preposta, rispetto all’oggetto dell’iniziativa procedimentale e di cui si dovrà dare conto nel provvedimento che ne seguirà.
2.3. L’istituto della conferenza di servizi decisoria disciplinato dagli artt. 14 e s.s. legge n. 241/1990, è caratterizzato da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza (anche se di tipo c.d. decisorio), che ha valenza endoprocedimentale, e in una successiva fase che si conclude con l'adozione del provvedimento finale, che ha valenza esoprocedimentale ed esterna, effettivamente determinativa della fattispecie e incidente sulle situazioni degli interessati. 
2.4. Come emerge dall’art. 14, comma 4 bis della legge n. 241/1990, solamente al provvedimento finale, e non alla determinazione conclusiva della conferenza dei servizi di tipo decisorio, può essere riconosciuta una valenza effettivamente determinativa della fattispecie (con conseguente sorgere dell'onere di immediata impugnativa), mentre alla determinazione conclusiva deve essere riconosciuto un carattere meramente endoprocedimentale» (Cons. Stato, VI, 6 maggio 2013, n. 2417).
2.5. È possibile superare l’eventuale dissenso, espresso da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e del patrimonio storico-artistico, attraverso le specifiche norme procedimentali appositamente stabilite dallo stesso art. 14-quater, a cui segue la devoluzione della decisione ad un altro e superiore livello di governo e con altre modalità procedimentali (cfr. Cons. giust. amm. sic., 11 aprile 2008, n. 295; Cons. Stato, VI, 22 febbraio 2010, n. 1020; VI, 23 maggio 2012, n. 3039).
2.6. La conferenza dei servizi si rappresenta solo come un passaggio prodromico rispetto all’adozione del provvedimento finale da parte di un organo dell’amministrazione procedente, avente la veste di atto adottato in via ordinaria, tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza dei servizi ai sensi dell’art. 14-ter, comma 6-bis: regola quest’ultima dal contenuto flessibile che, rispetto alla rigidità del metodo maggioritario, consente di valutare in concreto, in ragione della natura degli interessi coinvolti, l’importanza dell’apporto della singola autorità e la tipologia del loro eventuale dissenso.
2.7. Il dissenso espresso da un’amministrazione interessata e convocata in sede di conferenza di servizi non manifesta una volontà provvedimentale dell’amministrazione, ma è solo un atto espressivo di un giudizio in vista di un confronto dialettico e che concorre, per la parte di competenza di quella stessa amministrazione, a formare il giudizio complessivo che, eventualmente, viene posto a base del provvedimento che segue la conferenza stessa e sempre che il dissenso di tipologia sensibile non venga condiviso in quanto, in tal caso non potrebbe essere superato nella stessa sede conferenziale, ma comporterebbe la devoluzione dell’esercizio della funzione pubblica al altra e superiore sede.
2.8. Il ricorso giurisdizionale è inammissibile qualora abbia ad oggetto il dissenso espresso da un’amministrazione in sede di conferenza di servizi, in quanto lo stesso ha natura giuridica di atto endoprocedimentale, e pertanto non è autonomamente impugnabile ed ha effetti comunque interni al procedimento.

Cons. St., Sez. 6, 21 ottobre 2013, n. 05084
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