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Concessione di servizi pubblici

Giurisdizione e competenza Giustizia amministrativa Contratti pubblici

1. Giurisdizione del Giudice Amministrativo in tema di controversie in cui venga in considerazione la decadenza da concessione amministrativa. 2. Eccezione di difetto di giurisdizione in sede di appello. Applicabilità del divieto di jus novorum in appello. 3. Ripartizione delle competenze nella Regione Campania tra Giunta e dirigenti in materia di gestione del demanio. 4. Concessioni di servizi pubblici. Decadenza per inadempimento. Canone del contrarius actus. Inapplicabilità
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 22 gennaio 2014, n. 00337

Principio

1. Giurisdizione del Giudice Amministrativo in tema di controversie in cui venga in considerazione la decadenza da concessione amministrativa.
1.1. In tema di concessioni amministrative, il giudice ordinario è dotato di giurisdizione esclusivamente nelle controversie concernenti il corrispettivo dovuto al concessionario, nelle quali non venga in rilievo l’esercizio di poteri pubblicistici dell’autorità concedente. Rientrano invece nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ai sensi dell’art. 5 l. n. 1034/1971, ora sostituito dall’art. 133, comma 1, lett. c, cod. proc. amm.) tutte le controversie che in qualche modo attengano al rapporto concessorio, incidendo sulla durata o sull’esistenza stessa, nonché sulla sua rinnovazione (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 novembre 2013, n. 5421). 
1.2. Nelle controversie in cui venga in considerazione la decadenza da concessione amministrativa, tali controversie vanno attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in base alla considerazione che, in tali casi, ciò che viene posto in discussione è il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale e ciò anche in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento della autorità pubblica e indipendentemente dalla natura delle posizioni giuridiche dedotte alla fonte (Cass., Sez. Un., 20 novembre 2007, n. 24012, relativa ad un caso di decadenza da una concessione di bene pubblico). 
1.3. Rientrano nella giurisdizione esclusiva sulle concessioni di beni e servizi tutte le controversie in cui si discute sulla asserita violazione degli obblighi nascenti dal rapporto concessorio; per contro va confinata la giurisdizione del giudice ordinario alle sole questioni concernenti la determinazione delle indennità, canoni ed altri corrispettivi spettanti al concessionario, sempre che, in conformità al criterio di riparto generale fondato sulla consistenza delle posizioni giuridiche soggettive, la determinazione di tali remunerazioni non sia condizionata da atti autoritativi dell’amministrazione concedente.
1.4. La giurisdizione esclusiva in materia di concessioni di servizi concerne tutte le controversie attinenti a tali rapporti, ancorché non originate da provvedimenti della pubblica amministrazione, ma nelle quali l’amministrazione concedente, intenzionata ad internalizzare il servizio, fa comunque valere le proprie prerogative di persona giuridica pubblica, anche laddove faccia ricorso a strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, trattandosi di facoltà il cui esercizio, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo (cfr. Cass., SSUU, ord. n. 8094 del 2 aprile 2007). In sostanza, il criterio discretivo che deve essere applicato al fine di stabilire il riparto di giurisdizione è quello, pienamente conforme ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204/2004, della spendita di poteri autoritativi da parte della pubblica amministrazione, a prescindere dalla forma di cui questi sono concretamente rivestiti.
1.5. La giurisdizione esclusiva sulle concessioni di pubblici servizi abbraccia non solo l’affidamento di questi ultimi, ma anche la fase di esecuzione dei relativi rapporti, escluse solo le controversie di carattere patrimoniale (indennità, canoni e corrispettivi, cfr. Cons. St., Sez. V, 2 ottobre 2012, n. 5173, nella specie l’amministrazione concedente aveva avanzato la pretesa alla restituzione degli impianti strumentali all’esercizio del servizio pubblico).
1.6. Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia instaurata dal privato concessionario il quale, adducendo un inadempimento contrattuale dell’amministrazione concedente, faccia valere la propria pretesa ad ottenere la continuazione del rapporto di concessione, previa interpretazione degli atti che costituiscono la fonte dello stesso rapporto (cfr. Cons. St., Sez. V, 6 febbraio 2013, n. 698).
1.7. La giurisdizione esclusiva sulle concessioni amministrative è rispettosa dell’esigenza di concentrare presso un’unica giurisdizione tutte le controversie afferenti il rapporto concessorio, in considerazione degli interessi pubblici che tale strumento è tipicamente destinato a realizzare, ancorché accanto al profilo autoritativo si affianchi un aspetto strettamente privatistico, relativo ai rapporti patrimoniali tra amministrazione concedente e privato concessionario. L’istituto concessorio, nella sua essenza, costituisce in ogni caso uno strumento volto al perseguimento delle finalità di carattere generale demandate alla pubblica amministrazione. In particolare, nei servizi pubblici esso costituisce una delle forme di organizzazione cui l’amministrazione può ricorrere per lo svolgimento di attività di interesse generale, in alternativa alla gestione diretta, interponendo il concessionario privato tra sé e la collettività.
1.8. In tema di concessioni di servizi pubblici, in passato il perseguimento di finalità pubblicistiche era particolarmente valorizzato ponendo in rilievo l’effetto traslativo di pubblici poteri che si determinava (in particolare cfr. Cass., Sez. Un., 8 agosto 1990, n. 8058; 3 dicembre 1991, n. 12966; ord. 9 maggio 2002, n. 6687). Attualmente, invece, per la decisiva spinta del diritto comunitario, i profili di stampo pubblicistico risultano fortemente attenuati, tantoché l’art. 3, comma 12, cod. contratti pubblici assimila le concessioni di servizi agli appalti di servizi, salvo che per la remunerazione del prezzo (in quanto non proveniente dall’amministrazione ma attraverso la gestione economica del servizio medesimo e dunque dall’utenza privata).
1.9. Nelle concessioni di servizi pubblici, si instaura un rapporto trilaterale (tra PA, concessionario e utenza) che rende l’interesse pubblico comunque predominante anche nel corso dell’esecuzione del rapporto scaturente dalla concessione. A differenza dell’appalto, l’amministrazione concedente conserva un indubbio interesse circa le modalità con le quali il servizio viene gestito dal concessionario in propria sostituzione, poiché esso, anche quando affidato a privati, non perde la caratteristica fondamentale della sua finalizzazione a bisogni collettivi. È proprio alla luce di questo ineliminabile connotato che si giustifica dal punto di vista logico, oltre che costituzionale, l’ampiezza della giurisdizione esclusiva, mentre, per contro, quest’ultima viene esclusa quando la controversia tra autorità concedente e privato concessionario verta su questioni puramente civilistiche, attinenti gli aspetti patrimoniali scaturenti dal rapporto.
1.10. Va attribuita alla giurisdizione del Giudice Amministrativo la controversia che scaturisca da atto di decadenza/risoluzione che attiene a supposti inadempimenti nello svolgimento del servizio idrico integrato i cui effetti non sono circoscritti al suddetto rapporto, ma si riflettono anche sulla collettività  (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 novembre 2013, n. 5421).

2. Eccezione di difetto di giurisdizione in sede di appello. Applicabilità del divieto di jus novorum in appello. 
In sede di appello, costituisce nuova eccezione e pertanto è inammissibile quella volta a contestare l'appartenenza alla giurisdizione di un giudice speciale (nella Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche). L’art. 104 C.P.A., nel confermare il tradizionale divieto di jus novorum in appello, lo articola anche in termini di divieto di nuove eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio. Dal testo dell’art. 9 C.P.A. si desume poi che il difetto di giurisdizione è rilevabile anche d’ufficio solo nell’ambito del giudizio di primo grado, laddove nel grado successivo esso può essere accertato solo “se dedotto con specifico motivo” avverso il pertinente capo della pronuncia impugnata. Pertanto, ai fini del giudizio di secondo grado quella del difetto di giurisdizione non è (più) una questione sollevabile d’ufficio. Di conseguenza, il divieto di nuove eccezioni in appello investe anche quella di giurisdizione, dal momento che il relativo difetto è sottratto al regime della rilevabilità ufficiosa.

3. Ripartizione delle competenze nella Regione Campania tra Giunta e dirigenti in materia di gestione del demanio.
3.1. L'art. 66 dello Statuto della Regione Campania, in base al quale vanno attribuiti alla sfera di competenze dirigenziali gli atti non rientranti nell'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, intende dare attuazione nell’ordinamento regionale al principio cardine della separazione tra politica ed amministrazione, assegna alla dirigenza una competenza sulla generalità dei provvedimenti amministrativi, facendo salve in capo agli organi di direzione politica le sole funzioni di indirizzo politico e amministrativo. E una simile impostazione non può non valere anche rispetto alla materia dell’amministrazione del patrimonio o demanio regionale. 
3.2. L’art. 51 lett. c) dello Statuto Regione Campania, in base al quale la Giunta regionale “amministra il patrimonio ed il demanio regionale”, va coordinato con l’art. 66 della stessa fonte. Di talché, non ricade nella sfera di competenza giuntale qualsiasi atto comunque riguardante il patrimonio regionale. Rientra nelle funzioni di indirizzo politico-amministrativo l’attività di programmazione, quale forma di pianificazione, per linee-guida generali, relativamente alla complessiva azione di amministrazione del demanio. Non può invece essere fatta rientrare tra le prerogative della funzione di indirizzo l’azione di gestione concreta del singolo rapporto negoziale.

4. Concessioni di servizi pubblici. Decadenza per inadempimento. Canone del contrarius actus. Inapplicabilità.
Il canone del contrarius actus è applicabile entro il limitato catalogo degli atti di autotutela in senso stretto, non trova pertanto applicazione per i provvedimenti di semplice decadenza da una concessione per inadempimento (Cons. St., Sez. V, 12 novembre 2013 n. 5421; 20 agosto 2013, n. 4192).

Cons. St., Sez. 5, 22 gennaio 2014, n. 00337
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