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Canone per la concessione di spazi e aree pubbliche

Enti locali Imposte e tasse Giustizia amministrativa

Differenza tra tassa di occupazione e canone patrimoniale per la concessione di spazi e aree pubbliche
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, Sentenza 10 ottobre 2013, n. 02277

Principio

1. Differenza tra tassa di occupazione e canone patrimoniale per la concessione di spazi e aree pubbliche.
A differenza della tassa di occupazione (costituente espressione della potestà impositiva dell’ente pubblico in relazione ad un fatto cui la legge attribuisce il valore di indice di capacità contributiva), il canone patrimoniale per la concessione di spazi e aree pubbliche (C.O.S.A.P.) ha natura di corrispettivo dovuto all’ente locale in relazione al monopolio (relativo) accordato in favore del privato su di un bene comune. Ciò giustifica perché (mentre nel primo caso la discrezionalità dei comuni risulta fortemente limitata dalla suddivisione degli stessi in cinque classi per numero di abitanti e dalla fissazione di un minimo e un massimo), i principi relativi al canone di concessione dettati dall’art. 27, comma 8, del D.lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada) assegnano all’ente concedente un’ampia area di discrezionalità.
2. Parametri di congruità del criterio di commisurazione individuato dall’ente per la determinazione del canone di occupazione del suolo pubblico.
Atteso che l’art. 27, comma 8, del Codice della Strada (che detta i principi per la determinazione dei canoni da occupazione di spazi ed aree pubblici), indirizza l’amministrazione ad incorporare nel corrispettivo per occupazione suolo pubblico il “valore economico risultante dal provvedimento di concessione” nonché il “vantaggio che l’utente ne ricava”, appare adeguato e ragionevole il criterio di commisurazione determinato dal Comune fondato, non sulla mera superficie occupata (la quale non è indice affidabile della potenzialità di ricavo), bensì sulle caratteristiche dimensionali dell’impianto, elemento oggettivo che contempera non arbitrariamente l’interesse particolare del concessionario con le molteplici esigenze connesse all’uso pubblico. 
3. Sul principio di proporzionalità.
Il principio di proporzionalità assume nell’ordinamento interno lo stesso significato che ha nell’ordinamento comunitario alla luce della clausola di formale recezione ex art. 1 comma 1 della L. n. 241 del 1990, come novellato dalla L. n. 15 del 2005, articolandosi esso, come è noto, nei tre distinti profili della: necessarietà del mezzo impiegato rispetto all’obiettivo perseguito; idoneità, ovvero capacità di raggiungere il risultato; adeguatezza dell’esercizio del potere tramite lo strumento che comporti il minor sacrificio per il privato rispetto agli interessi in gioco.
4. Onere rafforzato di allegazione e prova nel caso di censura di un atto per violazione del principio di proporzionalità.
Soprattutto quando si è in presenza di una delega ampiamente discrezionale fatta dal legislatore alla fonte secondaria per l’individuazione degli elementi di dettaglio (nel caso di specie per l’individuazione dei parametri di determinazione del C.O.S.A.P.), il carattere indeterminato delle disposizioni statali di indirizzo impone alla parte istante, che ne voglia censurare l’esercizio sproporzionato concretizzatosi – nel caso di specie - in tariffe ritenute eccessivamente esose, un onere rafforzato di allegazione e prova di elementi concreti di raffronto empirico. 


T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, 10 ottobre 2013, n. 02277
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