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Atto amministrativo e silenzio della P.A.

Principio di trasparenza: sulle diverse finalità cui sovrintendono gli artt. 22 e ss. della legge 241/90 e le disposizioni dettate dal D.Lgs. 14.03.2013, n. 33
Cons. St., Sez. 6, Sentenza 20 novembre 2013, n. 05515

Principio

1. Principio di trasparenza: sulle diverse finalità cui sovrintendono gli artt. 22 e ss. della legge 241/90 e le disposizioni dettate dal D.Lgs. 14.03.2013, n. 33.
Le nuove disposizioni, dettate con d.lgs. 14.3.2013, n. 33, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni disciplinano situazioni, non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241, mirando le prime al contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, tramite pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti, concernenti l’organizzazione, e gli specifici campi di attività delle amministrazioni pubbliche, nei siti istituzionali delle medesime, con diritto di chiunque di accedere a tali siti “direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione” (c.d. "accesso civico"); mentre le disposizioni in materia di accesso disciplinano i casi ed i modi in cui, ai soli soggetti titolari di interessi qualificati, è consentita la visione e l’estrazione di copia di documenti correlati direttamente a detti interessi. Pertanto, l’istanza volta a conoscere “tutti gli atti delle procedure di valutazione di tutti i dottorandi di ricerca…il cui relativo titolo è stato o non è stato rilasciato da una determinata data in poi…” deve essere ricondotta in via esclusiva alla legge n. 241/1990, atteso che una così ampia diffusione degli atti interni di qualsiasi procedura valutativa non appare senz’altro imposta dal ricordato d.lgs. n. 33/2013.
2. La comparazione di interessi imposta dall’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990.
La disposizione di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990, nella parte in cui prevede che, nel caso di “documenti contenenti dati sensibili e giudiziari”, l’accesso è consentito solo “nei limiti in cui sia strettamente indispensabile” (in esito ad un sostanziale bilanciamento di interessi, operato già a livello legislativo), impone un’attenta valutazione – da effettuare caso per caso – circa la stretta funzionalità dell’accesso alla salvaguardia di posizioni soggettive protette, che si assumano lese, con ulteriore salvaguardia, attraverso i limiti così imposti, degli altri interessi coinvolti, talvolta rispondenti a principi di pari rango costituzionale rispetto al diritto di difesa. In tale ottica solo una lettura rigorosa, che escluda la prevalenza acritica di esigenze difensive anche genericamente enunciate, in effetti, appare idonea a sottrarre la medesima norma a dubbi di costituzionalità, per irragionevole sacrificio di interessi protetti di possibile rilevanza costituzionale e comunitaria.
3. Sull’inammissibilità di un immotivato ricorso frazionato e protratto nel tempo al diritto di accesso.
Le disposizioni in materia di diritto di accesso mirano a coniugare la ratio dell’istituto, quale fattore di trasparenza e garanzia di imparzialità dell’Amministrazione – nei termini di cui all’art. 22 della citata legge n. 241/90 – con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti, inerenti non solo alla riservatezza di altri soggetti coinvolti, ma anche alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione, che appare da salvaguardare in presenza di richieste pretestuose e defatiganti, ovvero introduttive di forme atipiche di controllo; cosicché non può ritenersi ammissibile un ricorso frazionato e protratto nel tempo al diritto di accesso, senza che risultino plausibili ragioni per una omessa acquisizione originaria di tutta la documentazione ritenuta utile e con sostanziale trasformazione dell’accesso in indagine sull’attività amministrativa, alla mera ricerca di nuovi elementi utilizzabili.
4. Sulla inammissibilità di una istanza di accesso motivata sulla base di esigenze di difesa solo genericamente enunciate.
Se è pur vero che, in via generale, le necessità difensive – riconducibili ai principi tutelati dall’art. 24 della Costituzione – sono ritenute prioritarie (ed in tal senso, infatti, il dettato normativo richiede l’accesso sia garantito “comunque” a chi debba acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti), ai fini dell’accesso, però, non bastano esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi ed ammettendosi solo nei limiti in cui sia “strettamente indispensabile” la conoscenza di documenti, contenenti “dati sensibili e giudiziari”.

Cons. St., Sez. 6, 20 novembre 2013, n. 05515
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