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Abuso del processo

Giustizia amministrativa

Sull'interesse a impugnare una sentenza. Insussistenza dell'interesse a impugnare sentenza declinatoria della giurisdizione in capo alla parte che abbia eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito. Abuso del processo
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 23 dicembre 2013, n. 06207

Principio

1. Sull'interesse a impugnare una sentenza.
1.1. L'interesse ad impugnare una sentenza (species della categoria generale dell'interesse ad agire predicato dall'articolo 100 c.p.c.) deve ricollegarsi ad una condizione di soccombenza almeno parziale, la quale deve essere intesa in senso sostanziale e non formale, vale a dire come una situazione nella quale la sentenza di primo grado abbia tolto o negato alla parte un bene della vita o una qualche utilità, determinando concretamente un vantaggio per la controparte.
1.2. La legittimazione all'appello nel processo amministrativo va individuata in base al criterio della soccombenza (effettiva).
1.3. La legittimazione all'appello nel processo amministrativo deve essere riconosciuta alle parti che dalla sentenza di primo grado risentano un effetto giuridico sfavorevole, per avere subìto una lesione, giuridicamente qualificata, ad un bene della vita. Ed è onere dell’appellante dimostrare, ove occorra, l’esistenza di tale presupposto (C.d.S., V, 22 ottobre 2012, n. 5399).
1.4. L'appello proposto dalla parte la cui posizione nel primo grado di giudizio sia stata pienamente condivisa è inammissibile per difetto di interesse, a nulla rilevando l'interesse di mero fatto ad un diverso percorso motivazionale della pronunzia alla stessa parte già favorevole (cfr. Cons. St., Sez. IV, 25 agosto 2006, n. 4990; id., 21 maggio 2007, n. 2570). 
1.5. È inammissibile l’appello quando la ragione di doglianza dell’appellante non sia tesa alla eliminazione di un provvedimento lesivo, ma solo a conseguire una diversa argomentazione giuridica delle ragioni poste a sostegno di una sentenza comunque favorevole alla stessa parte (cfr. di recente C.d.S., IV, 27 giugno 2011, n. 3848; 24 agosto 2012, n. 4597).

2. (segue): insussistenza dell'interesse a impugnare sentenza declinatoria della giurisdizione in capo alla parte che abbia eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito.
2.1. La sentenza con la quale il Giudice di prime cure abbia dichiarato il difetto di giurisdizione è censurabile solo dall’originario ricorrente, dal quale è impugnabile in quanto preclusiva dell’esame del merito e del potenziale accoglimento della domanda proposta in primo grado (Cons. St., Sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4883). Dal punto di vista dell’Amministrazione intimata mancherebbe, invece, il presupposto (condizione dell’azione) dell’interesse a ricorrere, non essendo ravvisabile alcun “vantaggio” ottenibile dall’appellante, parte passiva nel processo in primo grado, da una ipotetica pronunzia che, riconosciuta la giurisdizione del Giudice amministrativo, decida nel merito il rapporto controverso, a fronte dell’acquiescenza alla decisione declinatoria di primo grado prestata invece dal titolare della situazione soggettiva di base asseritamente lesa.
2.2. Non sussiste il necessario presupposto della soccombenza, legittimante l'impugnazione della sentenza di prime cure, che abbia declinato la giurisdizione del GA, allorquando l'Amministrazione resistente in primo grado abbia eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice adìto proprio in favore di quello ordinario. E ciò anche nell'ipotesi in cui il TAR adito sia pervenuto alla propria declaratoria attraverso un itinerario diverso da quello che gli era stato proposto mediante l’eccezione di parte.
2.3. Non è dato rinvenire alcun interesse in capo alla PA che, in primo grado, abbia eccepito il difetto di giurisdizione del GA, a dolersi dei concreti profili differenziali che il tenore della pronuncia presenta rispetto a quello dell’eccezione che era stata sollevata. Questo anche perché su decisioni declinatorie di giurisdizione non si forma la cosa giudicata. 
2.4. Le sentenze dei giudici ordinari di merito, come quelle dei giudici amministrativi, sono suscettibili di acquisire autorità di giudicato esterno anche in tema di giurisdizione e perciò di spiegare i propri effetti anche al di fuori del processo in cui siano state rese, solo se la statuizione sulla giurisdizione sia accompagnata da una conseguente pronuncia di merito (così, da ultimo, Cass. civ., SS.UU., 13 aprile 2012, n. 5872; analogamente, v. ad es. 18 dicembre 2008, n. 29531; 5 marzo 2008, n. 5917). 
2.5. Quando la decisione giurisdizionale dell'AGO o del GA esaurisca il proprio contenuto sul terreno della questione di giurisdizione, senza attingere il merito del rapporto controverso, la stessa non è suscettibile di acquisire autorità di giudicato, e perciò di spiegare effetti al di fuori del processo in cui è stata emessa.
2.6. La decisione del GA meramente declinatoria di giurisdizione non è in grado di vincolare un Giudice diverso ad adeguarvisi: laddove la giurisprudenza ammette l'interesse della parte ad impugnare una sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della sua motivazione soltanto allorché da quest’ultima possa dedursi un’implicita statuizione contraria all'interesse della parte medesima, nel senso che a questa possa derivare pregiudizio da motivi che, quale premessa necessaria della decisione, siano suscettibili di formare giudicato (C.d.S., Sez. IV, 16 ottobre 1998, n. 1305; 29 gennaio 2008, n. 248; Sez. V, 17 luglio 2004, n. 5127).

Cons. St., Sez. 5, 23 dicembre 2013, n. 06207
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