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Abusi edilizi

Urbanistica e edilizia

Onere della prova circa la ricorrenza del presupposto temporale richiesto dalla normativa al fine di escludere la necessità del titolo edilizio per opere realizzate fuori dai centri abitati anteriormente al 1° settembre 1967. Sulla non necessarietà della comunicazione di avvio del procedimento per i procedimenti iniziati ad istanza di parte. Sulla legittimità dell'ordine di demolizione di manufatti abusivi che non sia stato notificato ad uno dei comproprietari e che non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento
T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. III, Sentenza 24 maggio 2013, n. 1166

Principio

1. Onere della prova circa la ricorrenza del presupposto temporale richiesto dalla normativa al fine di escludere la necessità del titolo edilizio per opere realizzate fuori dai centri abitati anteriormente al 1° settembre 1967.
1.1. Atteso che con la legge 6 agosto 1967, n. 765 - recante modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 agosto 1967, n. 218 ed entrata in vigore il giorno successivo a tale pubblicazione (1° settembre 1967) è stato esteso su tutto il territorio nazionale l’obbligo generalizzato di dotarsi di licenza edilizia, prima circoscritto solo ai centri abitati, quando si discuta della legittimità di immobile edificato sine titulo fuori dal perimetro del centro abitato, prima del 1° settembre 1967 (data di entrata in vigore della l. n. 765/1967), l’onere di fornire la prova in ordine alla ricorrenza del presupposto temporale richiesto per escludere la necessità del titolo edilizio e, dunque, la natura abusiva delle opere, incombe sull’interessato, mentre sull’Amministrazione grava l’onere di controllare l’attendibilità dei fatti dedotti ex adverso, compiendo ogni opportuna verifica istruttoria ed, eventualmente, contrapponendo ad essi le risultanze di proprie verifiche ed accertamenti d’ufficio; questo perché, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio, colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l’edificio sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta, come ad es. atto pubblico di acquisto, fatture, ricevute, bolle di consegna, relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali, ecc. (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8298; Consiglio Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 45).
1.2. Quanto alla valenza probatoria della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà concernente l’intervenuta ultimazione delle opere entro la data utile invocata, va precisato che essa non ha alcun valore privilegiato: la stessa rappresenta solo un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI 2 gennaio 2006, n. 7) e non preclude all’Amministrazione la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse, senza che ciò faccia ricadere su quest’ultima l’onere di fornire la prova dell’ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall’interessato (T.A.R. Lazio, Latina, 29 luglio 2003, n. 675).

2. Sulla non necessarietà della comunicazione di avvio del procedimento per i procedimenti iniziati ad istanza di parte. Su ulteriori irregolarità non vizianti l'atto amministrativo.
2.1. La comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, è necessaria soltanto per i procedimenti iniziati d'ufficio e non già per quelli avviati ad istanza di parte, nei quali lo stesso interessato con la sua domanda può inserire tutti gli elementi che ritiene debbano essere presi in considerazione dalla Pubblica Amministrazione ai fini dell'adozione del provvedimento finale (cfr. ex plurimis: Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2007, n. 5314; 30 marzo 2000, n. 1814; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 13 maggio 2011; n. 840; T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 6 maggio 2011, n. 784; T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 6 giugno 2007, n. 1617; 27 marzo 2007, n. 979; III, 20 marzo 2006, n. 608; 20 aprile 2005, n. 577; Catania, III, 3 marzo 2003, n. 374; T.A.R. Campania, IV, 12 febbraio 2003, n. 797; 14 giugno 2002, n. 3499; 28 marzo 2001, n. 1404).
2.2. Non sono vizianti l’omessa indicazione del nominativo del responsabile del procedimento e dell’autorità giudiziaria cui ricorrere: per giurisprudenza pacifica, la mancata designazione del responsabile del procedimento, così come la mancata comunicazione del nominativo nella comunicazione di avvio del procedimento, non dà luogo ad una invalidità dell’atto, ma comporta solamente che venga considerato responsabile del procedimento il funzionario addetto all’unità organizzativa competente; così la mancata indicazione nel provvedimento impugnato dei termini e dell’autorità cui ricorrere, non genera alcun vizio di illegittimità dell’atto ma comporta la mera possibilità della rimessione in termini per errore scusabile del ricorrente (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 aprile 2012, n. 2139).

3. Sulla legittimità dell'ordine di demolizione di manufatti abusivi che non sia stato notificato ad uno dei comproprietari.
L'ordine di demolizione non può ritenersi illegittimo per il solo fatto di non essere stato notificato anche al comproprietario, atteso che, in mancanza di tale notifica, spetta al comproprietario pretermesso di far valere con autonoma impugnativa le proprie doglianze entro il termine decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento di demolizione (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 10 giugno 2008, n. 5821; sez. VI, 4 ottobre 2007, n. 8921).

4. Sulla legittimità dell'ordine di demolizione di manufatti abusivi che non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.
L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della p.a. con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto; in disparte, poi, il rilievo per cui l’art. 21 –octies della l. n. 241/90, prevede espressamente, al comma 2, primo periodo, l’irrilevanza dei vizi procedimentali allorché il contenuto del provvedimento vincolato corrisponde alla previsione di legge (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 6 giugno 2012, n. 3337).

T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. III, 24 maggio 2013, n. 1166
N. 02485/2006 REG.RIC.

N. 01166/2013 REG.SEN.

N. 02485/2006 REG.RIC.

N. 01322/2008 REG.RIC.

N. 02333/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi riuniti:
A) ricorso con il numero di registro generale 2485 del 2006, integrato con motivi aggiunti, proposto da DI VITA Melchiorre, rappresentato e difeso dagli Avvocati Roberto Genna e Rosalba Genna, con domicilio eletto in Palermo, via Siracusa 30, presso lo studio dei predetti difensori;

contro

- il Comune di Mazara del Vallo (TP), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Epifanio Giglio, con domicilio eletto in Palermo, via Terrasanta 31, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Alberti;

nei confronti di

- Martino Maria e Di Vita Nicolò (nato a Carini il 20 giugno 1969), nella qualità di eredi di Di Vita Filippo, rappresentati e difesi dall'Avv. Cira Anna Rini, con domicilio eletto in Palermo, via Siracusa n. 30, presso lo studio dell’Avv. Rosalba Genna;



B) ricorso con il numero di registro generale 1322 del 2008, proposto da MARTINO Maria e DI VITA Nicolò (nato a Carini il 20 giugno 1969), nella qualità di eredi di DI VITA Filippo, rappresentati e difesi dall'Avv. Cira Anna Rini, con domicilio eletto in Palermo, via Siracusa n. 30, presso lo studio dell’Avv. Rosalba Genna;

contro

- il Comune di Mazara del Vallo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Epifanio Giglio, con domicilio eletto in Palermo, via Terrasanta 31, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Alberti;

nei confronti di

- Di Vita Melchiorre, rappresentato e difeso dagli Avvocati Roberto Genna e Rosalba Genna, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, via Siracusa 30;
- Di Vita Nicolò (nato a Mazara del Vallo il 20 febbraio 1922), Di Vita Angela, Di Vita Bartolomea, Alfieri Angela e Alfieri Maria, non costituiti in giudizio;



C) ricorso con il numero di registro generale 2333 del 2011, proposto da DI VITA Melchiorre, rappresentato e difeso dagli Avvocati Roberto Genna e Rosalba Genna, con domicilio eletto in Palermo, via Siracusa 30, presso lo studio dei predetti difensori;

contro

- il Comune di Mazara del Vallo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Epifanio Giglio, con domicilio eletto in Palermo, via Terrasanta 31, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Alberti;

nei confronti di

- Angela Di Vita, Bartolomea Di Vita; Maria Martino e Nicolò Di Vita nella qualità di eredi di Filippo Di Vita; Maria Alfieri e Angela Alfieri nella qualità di eredi di Rosaria Di Vita; Carmela Martino, Giacomo Alfieri e Rosaria Alfieri nella qualità di eredi di Ignazio Alfieri a suo volta erede di Rosaria Di Vita, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia


quanto al ricorso n. 2485 del 2006:

quanto al ricorso introduttivo:

- del provvedimento prot. n.41940 del 11/09/2006 di reiezione dell’istanza di rilascio del certificato di agibilità e di autorizzazione allo scarico delle acque reflue dell’edificio di C.da Dubbesi adibito a caseificio nel territorio di Trapani in catasto al foglio di mappa n. 204, p.lle 531-532 (p.lla originaria 226);

- di tutti gli atti a esso preordinati, propedeutici, presupposti, connessi e consequenziali;


quanto al primo ricorso per motivi aggiunti:

-dei medesimi atti impugnati con il ricorso introduttivo alla luce del parere legale reso dall’avvocatura comunale, prot. n. 189/I/B del 13 gennaio 2006;


quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti:

- dell'ordinanza n.43 emessa il 22 febbraio 2008 d’ingiunzione della demolizione dei fabbricati in catasto al foglio 204, p.lle 532 sub 1 e 2 (ex p.lla 226);

- di tutti gli atti e provvedimenti comunque connessi e conseguenziali;


quanto al ricorso n. 1322 del 2008:

- dell'ordinanza n.43 emessa il 22 febbraio 2008 d’ingiunzione della demolizione del fabbricato in questione del quale il ricorrente è proprietario in quota parte;

- di tutti gli atti e provvedimenti comunque connessi e conseguenziali;


quanto al ricorso n. 2333 del 2011:

- del provvedimento prot. n.1351 del 3 agosto 2011 di revoca del certificato di agibilità n. 1148 del 20 gennaio 2010 relativo all’edificio adibito a caseificio in C.da Dubbesi nel territorio di Trapani in catasto al foglio di mappa n. 204, p.lla 532, sub 1;

- di tutti gli atti a esso presupposti, connessi, successivi e consequenziali;


Visti i ricorsi n. 2485 del 2006, integrato da motivi aggiunti, n. 1322 del 2008 e n. 2333 del 2011, con i relativi allegati;

Viste le memorie di costituzione, con i relativi allegati, del Comune di Mazara del Vallo nei giudizi n. 2485 del 2006, n. 1322 del 2008 e n. 2333 del 2011;

Vista la memoria di costituzione, con i relativi allegati, di Filippo Di Vita nel giudizio n.2485 del 2006;

Vista la memoria di costituzione, con i relativi allegati, di Martino Maria e Di Vita Nicolò quali eredi di Di Vita Filippo, nel giudizio n.2485 del 2006;

Vista l’ordinanza collegiale n. 104 del 18 gennaio 2007 (causa n.r.g. 2485/2006), di accoglimento della domanda cautelare nei limiti del riesame volto ad accertare se l’immobile in questione sia stato effettivamente realizzato prima dell’entrata in vigore della legge n. 765/67, eseguita dall’Amministrazione comunale resistente il 9 ottobre 2007;

Vista la memoria di costituzione, con i relativi allegati, di Di Vita Melchiorre, nel giudizio n.1322 del 2008;

Vista l’ordinanza collegiale n. 1393 del 5 dicembre 2008 (causa n.r.g. 2485/2006) di accoglimento della domanda di sospensione dell’efficacia dell’ingiunzione di demolizione impugnata;

Vista l’ordinanza collegiale n. 1394 del 5 dicembre 2008 (causa n.r.g. 1322/2008) di accoglimento della domanda di sospensione dell’efficacia dell’ingiunzione di demolizione impugnata;

Vista l’ordinanza collegiale n. 920/11 del 2 dicembre 2011 (causa n.r.g. 2333/2011) di rigetto della domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento prot. n.1351 del 3 agosto 2011 di revoca del certificato di agibilità n. 1148 del 20 gennaio 2010;

Vista l’ordinanza n. 58/12 del 13 gennaio 2012, con la quale il C.G.A. ha accolto l’appello avverso l’ordinanza collegiale n. 920/11 del 2 dicembre 2011;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Referendario Anna Pignataro;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2012, l’Avv. R. Genna, difensore di Di Vita Melchiorre e l’Avv. E. Giglio per il Comune resistente;


RITENUTO, preliminarmente, che i tre ricorsi in epigrafe vanno riuniti, stante la loro connessione soggettiva (le stesse parti in causa) e oggettiva (i medesimi o, comunque, legati dal nesso di consequenzialità, sono i provvedimenti gravati);

CONSIDERATO che:

A) con ricorso n.r.g. 2485 del 2006, notificato il 13 novembre 2006 e depositato l’11 dicembre seguente, il sig. Melchiorre Di Vita ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, il provvedimento prot. n. 41940 dell’11 settembre 2006, con il quale gli è stato negato il rilascio del certificato di agibilità e di autorizzazione allo scarico (chiesto con istanza prot. n. 16725 del 4 aprile 2006) dell’immobile adibito a caseificio artigianale sito in C.da Dubbesi, foglio 204, p.lle 531- 532 (p.lla originaria 226) del quale si dichiara comproprietario - per una quota pari a 404/1.000, unitamente ai germani Angela, Bartolomea, Filippo e Rosaria - ma unico detentore a titolo di comodato gratuito da oltre un quarantennio;

- il diniego impugnato si basa sull’omessa integrazione documentale (dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà) che sarebbe stata chiesta, vanamente, a tutti i germani comproprietari sopra indicati, dall’ufficio comunale procedente (con note prot. n. 2177 del 20 febbraio 2006, n.4424 del 4 maggio 2006 e n. 6688 del 25 luglio 2006, tutte allegate in copia agli atti del fascicolo di parte ricorrente) al fine dell’accertamento della data di edificazione dell’immobile di che trattasi per il quale non risulta rilasciata alcuna concessione edilizia (fatto, quest’ultimo, non contestato da parte ricorrente);

- il ricorso introduttivo è affidato ai seguenti motivi:

1) “Nullità e/o annullabilità del provvedimento del dirigente del settore urbanistica del comune di Mazara del vallo dell’a11 settembre 2006, prot. n. 41940, acclarato al prot. 7461 dell’8/9/2006 del Settore Urbanistica, per violazione degli artt. 7 e 8 della l. 7.8.1990 n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, sotto il profilo della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento istruttorio e della indicazione del responsabile del procedimento, nonché mancata indicazione dell’Autorità avanti la quale impugnare il provvedimento e del termine d’impugnazione; travisamento dei fatti”.

Si deduce che, nel caso di specie, l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento sarebbe viziante: le richieste d’integrazione documentale ai fini dell’accertamento della data di edificazione dell’opificio, e in particolare la prima, la nota prot. n.2177 del 20 febbraio 2006, richiamata nel provvedimento impugnato, non potrebbero essere intese come comunicazioni di avvio del procedimento per il rilascio del certificato di agibilità ed autorizzazione allo scarico (chiesto con istanza prot. n. 16725 del 4 aprile 2006) perché inoltrate nell’ambito di un diverso procedimento istruttorio avente ad oggetto il “Progetto di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie ed alla istallazione dei presidi depurativi dell’immobile in C.da Dubbesi”. Sarebbe evidente, allora, che l’interessato non è stato posto in condizione di fornire un adeguato e determinante apporto partecipativo. Sotto il profilo del travisamento dei fatti, si deduce che, erroneamente, nel provvedimento impugnato si farebbe riferimento all’immobile insistente sulla p.lla 171 che non sarebbe oggetto della richiesta prot. n. 16725 del 4 aprile 2006 concernente le diverse p.lle 531 e 532 (ex p.lla 226): anche di tale asserito errore il Comune avrebbe potuto ravvedersi se solo avesse consentito la partecipazione del ricorrente all’istruttoria, tramite l’avviso di avvio del procedimento;

2) “Illegittimità dell’atto impugnato sotto il profilo ulteriore del travisamento dei fatti”.

In ogni caso, anche ove fosse ritenuta la non fondatezza della prima censura dedotta sotto il profilo dell’omesso avviso di avvio del procedimento, permarrebbe il distinto vizio del travisamento dei fatti causato dall’erroneo riferimento all’immobile insistente sulla p.lla 171 che non è oggetto della richiesta prot. n. 16725 del 4 aprile 2006 concernente, esclusivamente, le diverse p.lle 531 e 532 (ex p.lla 226);

3) “Illegittimità del provvedimento impugnato, nonché di tutti gli atti ad esso connessi, presupposti, successivi e conseguenziali, con riferimento all’asserita necessarietà del consenso espresso di tutti comproprietari e/o necessità di comunicazione dell’epoca di realizzazione del fabbricato, nonché sotto il profilo della carenza di motivazione ed illegittimità della motivazione apparente”.

Si sostiene, innanzitutto, che, poiché soltanto il ricorrente avrebbe “il possesso” esclusivo da oltre quaranta anni dell’unità immobiliare di che trattasi, i fratelli comproprietari mai avrebbero potuto compiere alcuna opera edilizia e, conseguentemente, riscontrare la richiesta d’integrazione istruttoria avanzata dal Comune intimato.

In secondo luogo, si deduce che, pur ammettendosi che la nota n. 4424 del 4 maggio 2006 di richiesta istruttoria facesse riferimento al procedimento conclusosi con il diniego oggetto di lite, dovrebbe, allora, prendersi atto del fatto dell’avvenuto riscontro di essa da parte di tutti i comproprietari, ossia Di Vita Filippo, da un lato, Di Vita Angela e Di Vita Bartolomea nonché Angela e Maria Alfieri (queste ultime nella qualità di eredi di Rosaria Di Vita) dall’altro, rispettivamente, il primo con la dichiarazione resa e contenuta nella nota prot. n.39787 del 29 agosto 2006 e le altre con quella contenuta nella nota prot. n. 24249 del 18 maggio 2006. Ciò sarebbe sufficiente al fine del rilascio della richiesta autorizzazione, non potendovi ostare l’eventuale non esaustività o contraddittorietà delle predette dichiarazioni rispetto al contenuto dell’atto pubblico di compravendita stipulata tra il ricorrente e il fratello Nicolò di Vita (in notar Ingargiola del 29 dicembre 2003) ove si leggerebbe che i fabbricati oggetto del trasferimento pro quota sarebbero stati costruiti in data anteriore al 1° settembre 1967;

CONSIDERATO che:

- con il primo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 10 gennaio 2007 e depositato il giorno 15 seguente, sono stati impugnati, alla luce del parere legale reso dall’Avvocatura comunale, prot. n. 189/I/B del 13 gennaio 2006, i medesimi atti già oggetto del gravame introduttivo rispetto ai quali sono dedotti i vizi di:

1) “Eccesso e sviamento di potere sotto il profilo della contraddittorietà con precedenti comportamenti della P.A. nello stesso procedimento”.

Si sostiene che, essendosi già formato il silenzio assenso ai sensi dell’art.5, comma 3, della L.R. 10 agosto 1985, n. 37, in ordine alla precedente e distinta istanza del 4 agosto 2005 finalizzata all’ottenimento dell’autorizzazione all’istallazione di presidi depurativi e per l’esecuzione di opere interne di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie dei locali dell’opificio caseario sito in C.da Dubbesi, foglio 204, p.lle 531 e 532 (ex p.lla 226), il rilascio del certificato di agibilità e dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue sarebbero atti dovuti conseguenziali: il loro diniego, pertanto, si porrebbe in contraddizione con il predetto provvedimento tacito di assenso, la cui regolare formazione sarebbe stata riconosciuta, dal Comune medesimo, in seno al parere prot. n. 189/I/B del 13 gennaio 2006, reso dall’Avvocatura comunale al Settore Urbanistica;

2) “Eccesso di potere sotto il profilo dell’ingiustizia manifesta”.

Poiché il Comune nulla avrebbe obiettato a proposito della regolarità dei lavori di adeguamento rispetto al progetto presentato per l’ottenimento dell’autorizzazione all’istallazione di presidi depurativi e per l’esecuzione di opere interne di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie, per i quali lavori non è stato ritenuto necessario, in sede di espressione del citato parere reso dall’Avvocatura comunale, il consenso degli altri comproprietari, analogamente non sarebbe legittima la richiesta, rivolta a questi ultimi, di rendere una dichiarazione attestante la data di edificazione del caseificio;

CONSIDERATO che:

- il Comune resistente, al fine di dare esecuzione all’ordine cautelare di riesame del provvedimento impugnato con precipuo riferimento alla necessità di accertamento della circostanza dell’effettiva edificazione dell’opificio prima dell’entrata in vigore della legge n. 765 del 1967, ha depositato una relazione nella quale si indicano i nuovi accertamenti istruttori eseguiti, consistenti nell’acquisizione di documentazione formata e detenuta dall’A.N.A.S. s.p.a., Ufficio Espropri, e riguardante il procedimento di esproprio di parte dell’immobile ricadente nella p.lla 226, dalla quale ha avuto origine la p.lla 532 (decreto d’esproprio n. 11 del 29 marzo 1976, verbale di consistenza del 29 settembre 1969, verbale di liquidazione definitiva del 25 maggio 1971, con stralcio planimetrico del fg. 204, scala 1:2000); sono state, altresì, acquisite dai signori Di Vita Nicolò, Di Vita Bartolomea e Di Vita Angela, le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà nelle quali è attestata la data di edificazione in epoca successiva al 1967;

CONSIDERATO che:

- con il secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 30 aprile 2008 e depositato il giorno 29 maggio seguente, è stata impugnata, al fine dell’annullamento previa sospensione dell’efficacia, l’ingiunzione n. 43 del 22 febbraio 2008, di demolizione dei fabbricati in catasto al foglio 204, p.lle 532 sub 1 e 2, “nonché di tutte le opere che costituiscono trasformazione urbanistica non annotate in catasto, ed il ripristino dello stato dei luoghi, ivi compresa la stradella vicinale Giuffo, così come risulta dallo stralcio catastale”;

- la motivazione del provvedimento impugnato è imperniata sulle risultanze dell’accertamento istruttorio compiuto al fine di dare esecuzione all’ordine cautelare di riesame di cui sopra;

- avverso l’ingiunzione di demolizione predetta sono denunciati i vizi di:

1) “Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento per essere stata emessa l’ordinanza impugnata nei confronti di soggetti non più proprietari dell’immobile e non anche nei confronti di altri proprietari, nonché violazione dell’art. 102 c.p.c. in relazione all’art. 7 della L. 7.8.1990, n. 241 e s.m.i. sotto il profilo del litisconsorzio necessario relativo all’avvio del procedimento istruttorio in esecuzione dell’ordinanza n. 104/2007 del TAR Palermo, all’avvio del procedimento per abusivismo edilizio e all’emissione del provvedimento impugnato essendo stati i predetti atti emessi e notificati soltanto nei confronti di alcuni dei comproprietari e non a tutti i comproprietari”.

Erroneamente il Comune avrebbe omesso di notificare l’ingiunzione di demolizione (nonché il relativo avviso di avvio del procedimento) a Alfieri Ignazio, erede di Di Vita Rosaria e, altrettanto inesattamente, lo avrebbe, invece, notificato a Di Vita Nicolò, già resosi cedente della sua quota di proprietà dell’immobile al fratello Melchiorre, odierno ricorrente; similmente, la comunicazione di avvio del procedimento di riesame, in esecuzione dell’ordinanza n. 104/2007 di questo Tribunale, al fine della partecipazione alle operazioni conseguenziali, sarebbe stata inoltrata soltanto al ricorrente e non agli altri comproprietari e all’interveniente Di Vita Filippo.

Quanto all’esito del riesame effettuato dal Comune, se ne contesta il contenuto soprattutto con riguardo alla dichiarata inesistenza (o, comunque, non conoscenza) di aerofotogrammetrie antecedenti al 1987, anno in cui l’immobile risultava già edificato. A tal fine, sono stati versati agli atti di causa, tra l’altro, due aerofotogrammetrie realizzate dall’Istituto Geografico Militare in date 20 maggio 1955 e 21 giugno 1968, dalle quali risulterebbe l’esistenza del fabbricato di cui è ordinata la demolizione oggetto d’impugnazione, e due realizzate dalla S.A.S., l’una nel giugno 1978 e l’altra nell’ottobre 1986;

2) “Eccesso di potere sotto il profilo del mancato approfondimento dell’esame della documentazione acquisita attraverso l’ANAS s.p.a. e della illogicità delle mendacie dichiarazioni rese dalle sig.re Di Vita Angela, Di Vita Bartolomea nonché del palese contrasto di quella del Sig. Di Vita Nicolò con altre sottoscritte davanti a PP.UU. – Notaio Romolo Ingargiola e Sig. Vito Angileri delegato del Comune di Petrosino (TP) alla autentica ai sensi dell’art. 20 della L. 4 gennaio 1968 n. 15”.

Si asserisce che la documentazione acquisita dall’A.N.A.S. non avrebbe a oggetto il fabbricato di che trattasi bensì altra parte del fondo di cui i germani Di Vita sono proprietari; non vi sarebbe prova, infatti, che l’immobile destinato all’espropriazione e alla conseguente demolizione, così come indicato nel verbale dello stato di consistenza redatto dall’A.N.A.S. il 26 settembre 1969, sia quello oggetto del provvedimento repressivo impugnato. Né, d’altra parte, da ciò potrebbe desumersi l’inesistenza di quest’ultimo al tempo della redazione del predetto stato di consistenza nel quale, non necessariamente, dovevano essere indicati quei beni che non erano oggetto di espropriazione.

Si contesta, altresì, che, al fine della dimostrazione della costruzione dell’immobile in data posteriore al 1967, possano ritenersi decisive le dichiarazioni rese dai germani comproprietari poiché questi non avrebbero mai goduto della detenzione del fondo, da sempre in comodato gratuito all’odierno ricorrente e, conseguentemente, non avrebbero potuto edificare in data posteriore al 1967. Seguono, poi, una serie di argomentazioni inerenti alle modalità di redazione e al contenuto delle dichiarazioni predette, mirate a evidenziare la contraddittorietà delle medesime e, quindi, la loro presunta non veridicità;

3) “Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà tra motivazione del provvedimento e dispositivo del provvedimento impugnato”.

Si deduce che l’operazione di sovrapposizione delle planimetrie dei luoghi in possesso del Comune e dell’A.N.A.S., non sarebbe decisiva poiché si tratterebbe di documentazione redatta per finalità pubbliche diverse. Sarebbe, comunque, contraddittoria la decisione di applicare la sanzione demolitoria per l’intero immobile allorquando risulterebbe che solo una parte di esso (circa 100 mq) è posto in zona di proprietà dell’A.N.A.S. che, peraltro, avrebbe dovuto accorgersi della edificazione in loco di un nuovo fabbricato.

4) “Violazione ed errata interpretazione ed applicazione della legge dello Stato n. 47 del 28.2.1985 e della L. Reg. Sic. n.37/85, nonché eccesso di potere sotto il profilo della ingiustizia manifesta”.

Le aerofotogrammetrie prodotte (le prime due realizzate dall’Istituto Geografico Militare in date 20 maggio 1955 e 21 giugno 1968, e le due successive realizzate dalla S.A.S., l’una nel giugno 1978 e l’altra nell’ottobre 1986) dimostrerebbero l’esistenza del fabbricato in epoca antecedente alla costruzione dell’autostrada Palermo - Mazara del Vallo;

5) “Eccesso e sviamento di potere sotto il profilo della contraddittorietà con precedenti comportamenti della PA nello stesso procedimento”.

Sarebbe contraddittorio l’agire amministrativo del Comune resistente che, da un lato, seppur per silenzio assenso, ha autorizzato i lavori di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie ed alla istallazione dei presidi depurativi dell’immobile ma, dall’altro, ha negato il rilascio del certificato di agibilità e di autorizzazione allo scarico delle acque reflue che, rispetto al primo provvedimento, si atteggerebbe quale atto dovuto;

6) “Eccesso di potere sotto il profilo della ingiustizia manifesta”.

Muovendo dall’assunto articolato nel motivo precedente, si precisa, inoltre, che, così come non sarebbe stato ritenuto necessario il consenso unanime dei comproprietari al fine del rilascio dell’autorizzazione ai lavori di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie ed alla istallazione dei presidi depurativi dell’immobile (in tal senso si richiama il parere dell’Ufficio legale del Comune medesimo), altrettanto non lo sarebbe per il rilascio del certificato di agibilità e autorizzazione allo scarico: quindi, non avrebbe rilevanza, a tale scopo, la richiesta di attestazione della data di edificazione dell’immobile adibito a opificio rivolta a tutti comproprietari, né il silenzio di quest’ultimi potrebbe essere interpretato come loro dissenso;

RITENUTO che è fondamentale, ai fini del decidere, verificare se sia stata raggiunta la prova circa la contestata circostanza di fatto che l’edificazione dell’immobile, di cui è stata ingiunta la demolizione, sia avvenuta anteriormente al 1° settembre 1967, atteso che con la legge 6 agosto 1967, n. 765 - recante modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 agosto1967, n. 218 ed entrata in vigore il giorno successivo a tale pubblicazione, appunto il 1° settembre 1967 - è stato esteso su tutto il territorio nazionale l’obbligo generalizzato di dotarsi di licenza edilizia, prima circoscritto solo ai centri abitati.

A tal proposito, giova ricordare che secondo la giurisprudenza costante in materia di diniego di sanatoria e condono edilizi (v. ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2011, n. 752; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II Quater, 6 dicembre 2010, n. 35404) - i cui principi possono essere applicati anche nell’ipotesi in cui, come quella de qua, si discuta di immobile che se edificato fuori dal perimetro del centro abitato, prima del 1° settembre 1967 (data di entrata in vigore della l. n. 765/1967) non necessitava del previo rilascio di alcun titolo edilizio - l’onere di fornire la prova in ordine alla ricorrenza del presupposto temporale richiesto per la concessione del beneficio della sanatoria ovvero, come nel caso di specie, per escludere la necessità del titolo edilizio e, dunque, la natura abusiva delle opere, incombe sull’interessato, mentre sull’Amministrazione grava l’onere di controllare l’attendibilità dei fatti dedotti ex adverso, compiendo ogni opportuna verifica istruttoria ed, eventualmente, contrapponendo ad essi le risultanze di proprie verifiche ed accertamenti d’ufficio; questo perché, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio, colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l’edificio sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta, come ad es. atto pubblico di acquisto, fatture, ricevute, bolle di consegna, relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali, ecc. (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8298; Consiglio Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 45).

Quanto alla valenza probatoria della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà concernente l’intervenuta ultimazione delle opere entro la data utile invocata – nel caso di specie, il 1° settembre 1967 – va precisato che essa non ha alcun valore privilegiato: la stessa rappresenta solo un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI 2 gennaio 2006, n. 7) e non preclude all’Amministrazione la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse, senza che ciò faccia ricadere su quest’ultima l’onere di fornire la prova dell’ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall’interessato (T.A.R. Lazio, Latina, 29 luglio 2003, n. 675);

CONSIDERATO che dalla documentazione allegata al ricorso risulta che:

1) con atto pubblico di compravendita in notar F.sco Giubilato di Mazara del Vallo, del 12 luglio 1957, registrato a Mazara del Vallo il 3 agosto 1957 al n. 110, i genitori del ricorrente Melchiorre Di Vita, i signori Pinelli Maria e Nicolò Di Vita, quest’ultimo anche per il figlio Melchiorre all’epoca minore d’età, e i germani Di Vita Filippo, Angela, Nicolò, Rosaria e Bartolomea, hanno acquistato “un appezzamento di terreno , con piccolo magazzino rurale (…) esteso ettari uno are novanta e centiare ottanta (Ett. 1,90,80) (…) annotato al catasto geometrico particellare del Comune di Mazara del Vallo alla partita 7344 foglio 204 particelle 92/b, 170/b, 171 (fabbricato rurale) come risulta dal certificato catastale (…);

2) con atto pubblico di compravendita in notar Romolo Ingargiola di Mazara del Vallo, del 29 dicembre 2003, rep. n. 11.528, racc. n. 2.039, Melchiorre Di Vita ha acquistato dal fratello Nicolò Di Vita, gli 88 millesimi dell’immobile in Mazara del Vallo in c.da Torretta-Dubbesi costituito da “Opificio caseario per la trasformazione del latte (particella 532 sub 1 del catasto fabbricati)composto nell’intero da due corpi di fabbriche a piano terra collegati da una tettoia, dei quali uno composto da un ampio magazzino adibito a zona mungitura, tre magazzini più piccoli, deposito e ripostiglio, e l’altro composto da vano caldaia, sala lavorazione, spogliatoi, disimpegno e bagno, il tutto con l’area libera sovrastante e con terreno libero pertinenziale all’opificio stesso e con esso censito al catasto fabbricati con la suddetta particella 532 sub 1, occupante detto terreno libero pertinenziale una superficie di ettari uno, are venti e centiare quarantaquattro (Ha 1.20.44) circa e per quanto si trova;

- Fabbricato di civile abitazione, limitrofo al suddetto opificio, composto di tre vani e accessori al piano terra, con l’area libera tutta soprastante (particella 532 sub 2 del catasto fabbricati);

- Appezzamento di terreno esteso nell’intero are tredici e centiare sessantaquattro (are 13.64) circa e per quanto si trova”. Tale ultimo appezzamento risulta catastalmente censito al foglio 204, con le particelle: “534, ex 227/B, are 13.64, seminativo di 4 (…) 171, are 0.45, area rurale, senza redditi, giusta variazione n.169094.1/2003 del 10 giugno 2003, protocollo n. 245015 per demolizione di un preesistente fabbricato rurale, per come risulta dalla relativa certificazione catastale”. Nel prosieguo dell’atto si precisa che la quota dell’immobile oggetto di compravendita è pervenuto alla parte venditrice, come da sua dichiarazione, per acquisto fattone con atto in Notar Giubilato di Mazara del Vallo, del 12 luglio 1957, registrato a Mazara del Vallo il 3 agosto 1957 al n. 110 e successive riunioni dell’usufrutto alla nuda proprietà in morte degli usufruttuari Nicolò Di Vita (1970) e Maria Pidelli (1993), “nonchè per costruzione fattane, assieme agli altri comproprietari sul terreno acquistato”;

3) nello “Stato di consistenza” dell’A.N.A.S., redatto, in presenza dell’usufruttario Nicolò Di Vita (padre del ricorrente), il 26 settembre 1969 (quale atto inerente il procedimento espropriativo per i lavori di costruzione dell’Autostrada Punta Raisi – Mazara del Vallo, lotto 1°), avente ad oggetto le particelle 226 e 227 del foglio di mappa 204 - di proprietà di Nicolò Di Vita (padre) e Maria Pidelli coniugi usufruttuari e dei figli Filippo, Angela, Nicolò, Rosaria, Bartolomeo e Melchiorre – tali particelle sono così descritte “sono impiantate a seminativo (…) vi ricade un fabbricato rurale di nuova costruzione in buono stato di conservazione. (…) Il fabbricato consta di tre corpi i due esterni adibiti a magazzino (…) La parte centrale a due piani con solaio a travetti prefabbricati e cemento armato. Accanto al fabb. vi è una tettoia chiusa da tre lati in conci di tufo a vista e coperta da lastre di eternit sostenuta da travi in legno. (…) Al magazzino si accede da una saracinesca zincata”: segue il disegno del fabbricato con l’indicazione delle dimensioni;

4) nel Verbale di liquidazione definitiva con lo stralcio planimetrico del fg. 204 in scala 1:2000, datato 25 maggio 1971, il terreno occupato è identificato con le p.lle 226 e 227, di complessivi mq 8.900, per le quali è liquidata un’indennità pari a lire 2.225.000; è, altresì, presente la voce “Compenso per l’abbattimento di F.R. (n.d.r.: fabbricato rurale) di nuova costruzione (…) mc 760,18” per un ammontare complessivo di lire 4.941,170; nelle planimetrie allegate (“Tipo e computo metrico”) è tracciata la zona di esproprio riguardante parte delle “part. 226-227” con allocazione del fabbricato da demolire coincidente, quanto a ripartizione interna e dimensioni, a quello disegnato nel verbale di consistenza del 26 settembre 1969, nonchè la zona residua non oggetto di ablazione ove è ubicato il distinto immobile rurale ricadente nella p.lla 171;

RITENUTO che la documentazione acquisita e sopra richiamata è sufficiente a supportare il convincimento del Collegio nel senso dell’edificazione dell’immobile oggetto della sanzione demolitoria in data successiva al 1° settembre 1967, poiché:

a) alla data di redazione dell’atto pubblico di compravendita in notar F.sco Giubilato di Mazara del Vallo, del 12 luglio 1957, (il cui contenuto intrinseco non è oggetto di contestazione) l’unico fabbricato rurale già edificato era quello identificato in catasto con la p.lla 171;

b)in base ai dati contenuti nello “Stato di consistenza” dell’A.N.A.S., redatto il 26 settembre 1969 e nel conseguenziale Verbale di liquidazione definitiva con lo stralcio planimetrico del fg. 204 in scala 1:2000, datato 25 maggio 1971, risulta evidente che oggetto di espropriazione non sia stato il predetto fabbricato rurale in catasto alla p.lla 171 (indicato nelle planimetrie) ma il diverso fabbricato “di nuova costruzione”, insistente sulle p.lle 226 e 227, ivi sufficientemente descritto nella struttura e nelle dimensioni, destinato alla demolizione;

c) alla data di redazione dell’atto pubblico di compravendita in notar Romolo Ingargiola di Mazara del Vallo, del 29 dicembre 2003(il cui contenuto intrinseco non è oggetto di contestazione), risulta demolito il predetto fabbricato rurale in catasto alla p.lla 171 ed edificato un nuovo fabbricato sulle p.lle 226 e 227- meglio descritto nell’atto medesimo nei termini riportati sopra – le cui caratteristiche non coincidono esattamente con quelle possedute dal fabbricato di cui agli atti espropriativi provenienti dall’ANAS, nei termini sopra richiamati, già insistente sulle p.lle 226 e 227: da ciò si desume che trattasi di fabbricato edificato dopo la demolizione del fabbricato già esistente e oggetto di espropriazione o, a tutto concedere, costruito in ampliamento del preesistente, ma, in ogni caso, in data certamente posteriore, almeno, al 1969 (anno di redazione dello stato di consistenza di cui sopra);

d) che non possano, comunque, giovare alla tesi di parte ricorrente le conclusioni alle quali è giunto il perito tecnico, a tal fine incaricato, nella relazione depositata il 2 marzo 2012 (v. pag 7), ove è scritto che “dalle risultanze dell’indagine tecnico-documentale (…) appare evidente che il fabbricato principale per attività produttiva di caseificio e civile abitazione del Sig. Di Vita Melchiorre (…) sito il C/da Dubbesi del Comune di Mazara del Vallo e distinto al NCEU nel foglio di mappa 204 particella 532 sub 1 e 532 sub 2 (…) risulta essere stato edificato in epoca antecedente al 1° settembre 1967 considerato che lo stesso è, univocamente, planimetricamente individuato nel rilievo aereofotogrammetrico del 1968”: ora, se la premessa, e presupposto di fatto dichiarato, da cui muove il tecnico di parte è che nella aereofotogrammetria datata 1968 era univocamente individuato l’immobile di che trattasi, non può logicamente dedursene l’esistenza certa in epoca antecedente, ossia alla data del 1° settembre 1967, ma, caso mai, solo per il tempo posteriore all’anno 1968;

RITENUTO, pertanto, che possa prescindersi, ai fini probatori, dalle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà versate agli atti di causa, sia dal ricorrente (dichiarazioni rese da: Di Vita Filippo l’8 marzo 2007, Di Vita Nicolò l’8 marzo 2007 e il 20 luglio 2007, Giacalone Baldassarre il 15 ottobre 2007, Russo Natale, Bianco Marco, Giudice Angelo il 18 ottobre 2007, Di Vita Bartolomea il 9 luglio 2012), sia dal Comune resistente (dichiarazioni del luglio 2007 rese da: Di Vita Angela, Di Vita Bartolomea, Di Vita Nicolò, Alfieri Angela e Di Vita Filippo) il cui contenuto risulta oggettivamente non sempre coincidente e, talvolta, anche contradditorio;

RITENUTO che muovendo dalla soluzione raggiunta a proposito della questione del tempo di edificazione dell’immobile oggetto dell’ingiunzione di demolizione, vanno esaminati i motivi di ricorso, che si appalesano destituiti di fondamento per le ragioni che seguono:

- quanto al primo motivo del ricorso introduttivo, è sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza, anche di questo Tribunale, secondo cui la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, è necessaria soltanto per i procedimenti iniziati d'ufficio e non già per quelli avviati ad istanza di parte, come quello di specie, nei quali lo stesso interessato con la sua domanda può inserire tutti gli elementi che ritiene debbano essere presi in considerazione dalla Pubblica Amministrazione ai fini dell'adozione del provvedimento finale (cfr. ex plurimis: Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2007, n. 5314; 30 marzo 2000, n. 1814; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 13 maggio 2011; n. 840; T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 6 maggio 2011, n. 784; T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 6 giugno 2007, n. 1617; 27 marzo 2007, n. 979; III, 20 marzo 2006, n. 608; 20 aprile 2005, n. 577; Catania, III, 3 marzo 2003, n. 374; T.A.R. Campania, IV, 12 febbraio 2003, n. 797; 14 giugno 2002, n. 3499; 28 marzo 2001, n. 1404).

Ciò nondimeno, così come controdedotto da parte resistente, il ricorrente è stato posto in condizione di conoscere in corso d’istruttoria quali fossero le cause ostative al riscontro positivo dell’istanza da lui presentata, così come si evince dalla corrispondenza inoltragli (v. le note n. 21056 del 3 maggio 2006, n.21660 del 5 maggio 2006 e n. 6688 del 25 luglio 2006, tutte allegate in copia agli atti del fascicolo di parte ricorrente) ove, contrariamente a quanto dedotto, è fatto specifico riferimento al procedimento per il rilascio del certificato di agibilità ed autorizzazione allo scarico (chiesto con istanza prot. n. 16725 del 4 aprile 2006).

Non risultano vizianti, poi, l’omessa indicazione del nominativo del responsabile del procedimento e dell’autorità giudiziaria cui ricorrere: per giurisprudenza pacifica, la mancata designazione del responsabile del procedimento, così come la mancata comunicazione del nominativo nella comunicazione di avvio del procedimento, non dà luogo ad una invalidità dell’atto, ma comporta solamente che venga considerato responsabile del procedimento il funzionario addetto all’unità organizzativa competente; così la mancata indicazione nel provvedimento impugnato dei termini e dell’autorità cui ricorrere, non genera alcun vizio di illegittimità dell’atto ma comporta la mera possibilità della rimessione in termini per errore scusabile del ricorrente ( cfr. da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 aprile 2012, n. 2139).

Per quel che concerne l’asserito travisamento dei fatti in cui sarebbe incorso l’ufficio procedente nel prendere in considerazione l’immobile di cui alla p.lla 171 piuttosto che quello insistente sulla p.lla 532, si rileva che nella motivazione del provvedimento impugnato, invece, si mira proprio a dissipare ogni possibilità di confusione tra i due immobili - ingenerata dal sig. Di Vita Filippo con la sua dichiarazione del 28 agosto 2006, prot. n. 39787 - laddove si spiega, infatti, che “il fabbricato individuato con la particella n. 171 costituisce un’unità assestante per come si evince dal tipo mappale redatto dal Geom. Gandolfo (n.d.r.: tecnico incaricato dal ricorrente)”;

- conseguentemente, è infondato anche il secondo motivo del ricorso introduttivo, con il quale sono ribadite le argomentazioni a sostegno del lamentato vizio di travisamento dei fatti esposto con il primo motivo;

- quanto al terzo motivo del ricorso introduttivo: in primo luogo, appare generica, e comunque non conducente, l’affermazione di mero principio secondo la quale nessuno dei comproprietari diversi dal ricorrente, poiché non detentori del fabbricato per il quale è causa, potrebbe avere avuto conoscenza del tempo di edificazione, o avrebbe potuto contribuire alla costruzione. Orbene, proprio all’accertamento di tale circostanza è mirata la richiesta del Comune resistente e, del resto, lo stesso ricorrente ha ritenuto di dovere produrre le dichiarazioni addirittura di soggetti terzi al fine di dimostrare quale sia stata la data di edificazione.

In secondo luogo, è logico che la richiesta delle dichiarazioni di tutti i comproprietari a proposito dalla data di edificazione non è fine a se stessa ma funzionale all’accertamento in concreto della predetta circostanza per cui, a fronte di dichiarazioni omesse o di contenuto contrastante o non pertinenti rispetto alle altre risultanze istruttorie (così la dichiarazione di Di Vita Filippo), appare ragionevole la conclusione del procedimento con esito negativo.

Non vale, poi, sostenere che alla richiesta istruttoria abbiano dato riscontro le signore Di Vita Angela, Di Vita Bartolomea e Alfieri Angela e Maria in qualità di eredi di Di Vita Rosaria, con la nota al prot. n. 24249 del 18 maggio 2006 con la quale, tra l’altro, invece, si chiedono all’Agenzia del Territorio di Trapani notizie sulle operazioni catastali che avrebbero generato la p.lla 532 sub 1 e ciò proprio al fine di “potere rispondere in maniera circostanziata a quanto richiesto dal responsabile della PO del Settore Urbanistica del Comune di Mazara del Vallo”;

RITENUTO, quanto alla prima e alla seconda censura proposte con il primo ricorso per motivi aggiunti che non sussiste contraddizione nell’agire amministrativo del Comune resistente che, dopo avere assentito per silentium al rilascio dell’autorizzazione all’istallazione di presidi depurativi e per l’esecuzione di opere interne di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie dei locali dell’opificio caseario, decide di accertare la conformità urbanistica dell’immobile al fine del rilascio dei provvedimenti che lo stesso presuppongono e/o anche di una eventuale revoca del provvedimento autorizzativo stesso, soprattutto alla luce del parere reso dall’Avvocatura comunale prot. n. 189/I°/B del 13 gennaio 2006, il cui oggetto è strettamente limitato a valutazioni inerenti la formazione del silenzio assenso sull’istanza presentata dal ricorrente il 4 agosto 2005 e alla sufficienza della volontà espressa dalla maggioranza delle quote di comproprietà (circostanza non in contestazione) e nel quale, peraltro, si precisa, in conclusione, che “resta salva la facoltà da parte dell’Amministrazione di verificare d’ufficio non solo la consistenza dei lavori ma anche la loro effettiva rispondenza alla normativa vigente”.

Neppure può essere condiviso l’assunto secondo il quale, dalla non necessità dell’unanime consenso dei comproprietari del caseificio per l’ottenimento del rilascio dell’autorizzazione all’istallazione di presidi depurativi e per l’esecuzione di opere interne di adeguamento alle norme igienico sanitarie e veterinarie, vorrebbe farsi discendere anche l’illegittimità della richiesta rivolta a questi ultimi di rendere una dichiarazione attestante la data di edificazione del caseificio stesso, dal momento che trattasi, con evidenza, di fattispecie differenti: la dichiarazione chiesta ai comproprietari circa la data di edificazione del fabbricato ha natura di dichiarazione di scienza e costituisce elemento utile ai fini istruttori per l’accertamento della natura abusiva del fabbricato, mentre la dichiarazione di consenso all’esecuzione dei lavori, opera su altro piano e cioè quello della legittimazione del richiedente al rilascio del titolo autorizzatorio;

RITENUTO, quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, che è infondata la prima censura, sotto i due profili articolati.

Innanzitutto, l'ordine di demolizione non può ritenersi illegittimo per il solo fatto di non essere stato notificato anche al comproprietario, atteso che, in mancanza di tale notifica, spetta al comproprietario pretermesso di far valere con autonoma impugnativa le proprie doglianze entro il termine decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento di demolizione (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 10 giugno 2008, n. 5821; sez. VI, 4 ottobre 2007, n. 8921).

Quanto all’esito del riesame effettuato dal Comune, è stato sopra espresso il convincimento del Collegio secondo cui, in base agli atti depositati, il fabbricato oggi insistente sulla particella 532 sub 1 (già p.lle 226 e 227) è stato edificato dopo la presumibile demolizione del fabbricato ivi già esistente e oggetto di espropriazione da parte dell’ANAS o, caso mai, costruito in ampliamento di quest’ultimo, ma, in ogni caso, in data certamente posteriore, almeno, al 1968 e, dunque, in assenza del necessario titolo edilizio.

Le aerofotogrammetrie versate in atti da parte ricorrente (quelle realizzate dall’Istituto Geografico Militare in date 20 maggio 1955 e 21 giugno 1968, e le altre due realizzate dalla S.A.S., l’una nel giugno 1978 e l’altra nell’ottobre 1986) confermano siffatto convincimento dato che i corpi di fabbricati in esse fotografate non appaiono coincidenti e non è stata data prova certa che abbiano a oggetto il fabbricato identificato catastalmente con la p.lla 532 attribuita all’immobile oggetto di lite: ne discende che tale documentazione non può essere ritenuta utile supporto alle tesi di parte ricorrente.

È infondato anche il secondo motivo aggiunto.

Appare smentito per tabulas, infatti, l’assunto secondo cui la documentazione acquisita dall’A.N.A.S. non avrebbe a oggetto il fabbricato di che trattasi bensì altra parte del fondo di cui i germani Di Vita sono proprietari: l’immobile destinato all’espropriazione, e conseguente demolizione, indicato nel verbale dello stato di consistenza redatto dall’A.N.A.S., il 26 settembre 1969, è identificato come insistente sulle p.lle catastali 226 e 227, così come quello oggetto del provvedimento repressivo impugnato.

Quanto all’irrilevanza probatoria delle dichiarazioni rese dai germani comproprietari, al fine della dimostrazione della costruzione dell’immobile in data posteriore al 1967, si richiama quanto già argomentato sopra.

Destituita di fondamento è anche la terza doglianza.

Appare generica e non conducente l’affermazione secondo cui l’operazione di sovrapposizione delle planimetrie dei luoghi in possesso del Comune e dell’A.N.A.S., non sarebbe decisiva poiché si tratterebbe di documentazione redatta per finalità pubbliche diverse: lo stato dei luoghi indicato nelle planimetrie, invero, è un dato descrittivo e oggettivo della realtà che non può mutare in base al diverso potere pubblico esercitato. Anche l’asserita contraddittorietà della decisione del Comune resistente di applicare la sanzione demolitoria per l’intero immobile, allorquando risulterebbe che solo una parte di esso (circa 100 mq) è posto in zona di proprietà dell’A.N.A.S., non appare dirimente, atteso che la demolizione dell’immobile è stata ordinata poiché esso è stato edificato in assenza totale di concessione edilizia “in parte su area demaniale, in parte su fascia di rispetto stradale A29, ed in parte in fascia di rispetto stradale SS 115”, circostanze queste avverso le quali non è stata articolata alcuna specifica doglianza. Resta, poi, altrettanto irrilevante al fine della dedotta illegittimità dell’atto impugnato, adottato dal Comune in forza dei poteri precipuamente attribuitigli in materia di repressione degli abusi edilizi, che l’A.N.A.S. sia rimasta inerte al fine dell’accertamento dell’edificazione in loco di un nuovo fabbricato.

Quanto al quarto motivo aggiunto, con il quale si sostiene che le aerofotogrammetrie prodotte (dell’Istituto geografico Militare; volo del 20 maggio 1955 e volo del 21 giugno 1968) dimostrerebbero l’esistenza del fabbricato in epoca antecedente alla costruzione dell’autostrada Palermo - Mazara del Vallo, valga, a dimostrarne l’assenza di fondamento, il convincimento spiegato in ordine al primo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti.

Per concludere, al fine di dimostrare l’infondatezza del quinto e del sesto motivo, è sufficiente qui richiamare le argomentazioni spese in relazione alla prima e alla seconda censura proposte con il primo ricorso per motivi aggiunti;

RITENUTO, pertanto, che il ricorso n. 2485/2006, integrato con motivi aggiunti, è infondato e va rigettato;

CONSIDERATO che:

B) con il ricorso n.r.g. 1322 del 2008, notificato i giorni 12, 13, 14 e 15 maggio 2008 e depositato il 10 giugno seguente, il sig. Filippo Di Vita ha impugnato l’ingiunzione di demolizione n. 43 del 22 febbraio 2008, con oggetto i fabbricati in catasto al foglio 204, p.lle 532 sub 1 e 2, “nonché di tutte le opere che costituiscono trasformazione urbanistica non annotate in catasto, ed il ripristino dello stato dei luoghi, ivi compresa la stradella vicinale Giuffo, così come risulta dallo stralcio catastale” del quale egli è proprietario in quota parte, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’esecuzione;

- il ricorrente asserisce l’illegittimità del provvedimento impugnato per i medesimi motivi proposti da Melchiorre Di Vita con il ricorso n. 2485/2006 e deduce gli ulteriori motivi di:

1) “Violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo e s.m.i. in relazione agli artt.1, commi 2,8,9 e 10 della stessa legge”, a causa dell’omessa comunicazione dell’avvio dell’istruttoria finalizzata al riesame disposto da Tribunale con l’ordinanza n. 104 del 18 gennaio 2007 e, in particolare, della data del sopralluogo disposto dal Comune resistente, istruttoria che si sarebbe poi conclusa con l’esercizio del potere repressivo sanzionatorio mediante l’ingiunzione di demolizione, peraltro, asseritamente mai notificatagli;

2) “Eccesso di potere sotto il profilo del mancato accertamento dell’epoca di costruzione del fabbricato del quale è stata disposta la demolizione”.

Si contesta la completezza dell’accertamento istruttorio svolto dal Comune resistente in sede di riesame, con richiamo delle censure svolte sul punto da Melchiorre Di Vita nel ricorso n. 2485/2006;

3) “Violazione ed errata interpretazione ed applicazione della Legge dello Stato n. 47 del 28 febbraio 1985 e s.m.i. nonché della L. Reg. Sic. n.37/85, anche sotto il profilo dell’eccesso di potere per carenza di motivazione”, poiché l’ordinanza di demolizione impugnata: non gli sarebbe mai stata notificata, sarebbe priva di motivazione sostanziale e non sarebbe supportata da elementi probatori certi, risultando, al contrario, inconfutabile, dall’esame della certificazione urbanistica e dell’atto pubblico di compravendita del 2003, che l’area sul quale insiste l’immobile ricadrebbe al limite e non all’interno della fascia di rispetto stradale;

RITENUTO che tutti i motivi di ricorso sono destituiti di base:

- quanto alle riproposte censure contenute nel ricorso n. 2485/2006, in parte anche svolte con il secondo motivo e il terzo motivo, poiché esse sono state già reputate infondate per le ragioni sopra esposte, cui si rinvia;

- quanto al primo motivo, basta rilevare che l’odierno ricorrente è anche parte controinteressata nel ricorso n. 2485/2006, nel quale si è costituito in data 18 dicembre 2006: in tale qualità, quindi, ha potuto avere conoscenza di tutti gli atti processuali e dei loro effetti, in particolare dell’ordinanza cautelare n. 104/2007 con la quale al Comune resistente è stato ordinato di procedere all’accertamento della data di edificazione dell’immobile di che trattasi.

Cionondimeno, giova precisare che, per costante giurisprudenza, condivisa dal Collegio anche nel caso di specie, l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della p.a. con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto; in disparte, poi, il rilievo per cui l’art. 21 –octies della l. n. 241/90, prevede espressamente, al comma 2, primo periodo, l’irrilevanza dei vizi procedimentali allorché il contenuto del provvedimento vincolato corrisponde alla previsione di legge (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 6 giugno 2012, n. 3337);

- quanto al secondo motivo, riguardo all’asserita omessa notificazione dell’impugnata ordinanza di demolizione, va detto ancora una volta che l'ordine di demolizione non può ritenersi illegittimo per il solo fatto di non essere stato notificato a uno dei comproprietari, atteso che, in mancanza di tale notifica, spetta al comproprietario pretermesso di far valere con autonoma impugnativa le proprie doglianze entro il termine decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento di demolizione, così com’è avvenuto nel caso di specie, con piena salvezza del diritto difesa dell’interessato (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 10 giugno 2008, n. 5821; sez. VI, 4 ottobre 2007, n. 8921, cit.). In ordine, poi, alle risultanze dei certificati di destinazione urbanistica delle p.lle 532, 534, 171, allegati all’atto pubblico di compravendita in Notar Ingargiola del 20 novembre 2003 (v. atti della causa n.r.g. 2485/2006), si evince chiaramente dagli stessi che gli immobili di che trattasi sono “destinati al limite della fascia di rispetto stradale”, locuzione che va intesa non nel senso voluto da parte ricorrente, cioè della loro ubicazione “al limite e non all’interno” della fascia di rispetto stradale, ma nel senso che sono ubicate in zona di rispetto stradale, come tali soggette al limite o vincolo di inedificabilità assoluta;

RITENUTO, pertanto, che anche il ricorso n. 1322/2008 è infondato e va rigettato;

CONSIDERATO che:

C) con il ricorso n.r.g. 2333 del 2011, notificato i giorni 19, 20 ottobre e 7 novembre 2011 e depositato il 15 novembre seguente, il sig. Melchiorre Di Vita ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’esecuzione, il provvedimento n. 1351 del 3 agosto 2011, con il quale il Comune di Mazara del Vallo ha revocato il certificato di agibilità n. 1148 del 20 gennaio 2010, rilasciato in via provvisoria per il caseificio sito in C./da Dubbesi, in catasto al foglio 204, p.lle 532 sub 1, alla stregua dell’accertamento, a seguito di sopralluogo, riguardante l’altezza utile del fabbricato adibito a caseificio che risulterebbe “inferiore di cm 45 rispetto all’altezza minima consentita dall’art. 36 del vigente regolamento edilizio comunale per l’esercizio delle attività”;

- il predetto certificato di agibilità n. 1148 del 20 gennaio 2010 è stato rilasciato dal Comune resistente dopo che, con l’ordinanza collegiale n. 1393 del 5 dicembre 2008 (ricorso n.r.g. 2485 /2006), era stata accolta la domanda di sospensione dell’efficacia dell’ingiunzione di demolizione n. 43 del 22 febbraio 2008 dei fabbricati in catasto al foglio 204, p.lle 532 sub 1 e 2, ed è espressamente qualificato come “provvisorio” poichè la sua efficacia è stata sottoposta al termine finale della decisione definitiva nel merito, di questo Tribunale, sul ricorso n.r.g. 2485 del 2006, con la precisazione seguente: “qualunque sia la decisione pronunciata”;

RITENUTO che, a prescindere dalla perdita di efficacia del provvedimento impugnato a causa del verificarsi dell’evento indicato quale termine finale, anche l’infondatezza e il conseguente rigetto del ricorso n.r.g. 2485 del 2006 - proposto avverso il diniego del rilascio del certificato di agibilità e di autorizzazione allo scarico delle acque reflue nonché avverso l'ordinanza n.43 del 22 febbraio 2008 di ingiunzione alla demolizione dei fabbricati in catasto al foglio 204, p.lle 532 sub 1 e 2 (ex p.lla 226) - determinano il venire meno dell’interesse alla decisione nel merito del ricorso n.r.g. 2333 del 2011 che, pertanto, va dichiarato improcedibile;

RITENUTO, infine, che la complessità della vicenda giustifichi l’eccezionale compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite, mentre nulla va disposto in merito nei confronti dei controinteressati non costituitisi in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

a) riunisce i ricorsi n.r.g. 2485 del 2006, integrato con motivi aggiunti, n.r.g. 1322 del 2008 e n.r.g. 2333 del 2011;

b) rigetta il ricorso n.r.g. 2485 del 2006;

c) rigetta il ricorso n.r.g. 1322 del 2008;

d) dichiara improcedibile il ricorso n.r.g. 2333 del 2011.

Spese compensate tra le parti costituite.

Nulla per le spese nei confronti dei controinteressati non costituiti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 6 dicembre 2012 e 14 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Nicolo' Monteleone, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere

Anna Pignataro, Referendario, Estensore

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/05/2013

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO