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Raggruppamenti temporanei di imprese

Contratti pubblici

Sulla ritualità della notifica del ricorso in materia di gare pubbliche effettuata nei confronti di uno soltanto dei componenti di un raggruppamento temporaneo d'imprese. Sul principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici. Sulla dichiarazione delle quote obbligatorie da eseguire da parte dei componenti di raggruppamenti temporanei d'impresa
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, Sentenza 29 maggio 2013, n. 01390

Principio

1. Sulla ritualità della notifica del ricorso in materia di gare pubbliche effettuata nei confronti di uno soltanto dei componenti di un raggruppamento temporaneo d'imprese.
In tema di impugnazione di provvedimenti di aggiudicazione di contratti pubblici, sono controinteressati, secondo i principi coloro che sono menzionati nell’atto, o che sono agevolmente individuabili, e che, insieme, traggono direttamente vantaggio dalla misura amministrativa contestata. E, perciò, nel caso di raggruppamenti temporanei d'impresa, tutte le imprese dell’associazione temporanea vittoriosa nella gara. Se, per ragioni di economia processuale e correlative all’esistenza del mandato, si ammette la notificazione del ricorso all’impresa capogruppo, quale legittimo contraddittore, non è per questo che viene a cadere la posizione di controinteressate delle altre imprese del raggruppamento (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 dicembre 2001, n. 6451).

2. Sul principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici.
2.1. Il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici è finalizzato ad assicurare alle amministrazioni aggiudicatici una conoscenza piena dei soggetti che intendono contrarre con esse, al precipuo fine di consentire un controllo preliminare e compiuto dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti ed all’ulteriore scopo di impedire che tale verifica venga vanificata od elusa con modificazioni soggettive, in corso di gara, delle imprese candidate (cfr., Consiglio di Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8; Id., sez. V, 3 agosto 2006, n. 5081; Id., sez. IV, 23 luglio 2007, n. 4101), a tale obiettivo dovendosi correlare la disciplina normativa di cui all’art. 37 D.Lgs. n. 163/2006, che prevede l’ammissibilità delle modificazioni soggettive sino al momento della presentazione dell’offerta (cfr. comma 9, in cui si prevede che “è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta”).
2.2. Non può avere effetti caducanti sulla disposta aggiudicazione la circostanza che la compagine associativa indicata nell’istanza di partecipazione sia diverso rispetto a quella invitata alla gara. Ciò in quanto non può attribuirsi alle dichiarazioni rese in fase di prequalificazione un effetto vincolante rispetto al contenuto dell’offerta economica successivamente presentata. La prequalificazione nelle procedure ristrette costituisce un’autonoma fase subprocedimentale, funzionalmente diretta ad una prima selezione dei soggetti da invitare, di carattere prodromico al procedimento di gara vero e proprio e che la finalità perseguita dalla stazione appaltante, in tale fase, è di carattere eminentemente esplorativo, essendo diretta all’individuazione di tutte le imprese potenzialmente interessate, che prima facie appaiano in possesso della necessaria affidabilità ed idoneità tecnico-operativa. La valutazione espressa dalla stazione appaltante nella fase di prequalificazione concreta una prima, sommaria (e non risolutiva) valutazione dei requisiti diretta ad individuare, non già le imprese più diligenti nella redazione formale della documentazione, ma quelle potenzialmente idonee sotto il profilo tecnico. Tale preselezione si connota quindi per una preliminare, e non formalistica, valutazione dell’idoneità tecnico-finanziaria delle imprese che abbiano chiesto di essere invitate, dato che la P.A., nella successiva fase di presentazione delle offerte vere e proprie, può e deve valutare nuovamente e concretamente la posizione dei singoli concorrenti (cfr. Cons. Stato, Sez. V 17 febbraio 1999 n.166) in rapporto ai requisiti sostanziali richiesti dalla lettera d'invito (cfr. anche C.d.S., Sez. V, 17 dicembre 1991 n. 1369) e di conseguenza escludere solo le ditte che ne sono oggettivamente prive (cfr. così T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 24 aprile 1996, n. 496; TAR Lazio – Roma, sez. III ter, 4 novembre 2003, n. 9431; T.A.R. Lombardia Milano, 14 febbraio 2013, n. 447).

3. Sulla dichiarazione delle quote obbligatorie da eseguire da parte dei componenti di raggruppamenti temporanei d'impresa.
3.1. Non viola l’art. 37, comma 13 del D.lgs. 163/2006, che “impone la previa dichiarazione delle quote obbligatorie da eseguire”, qualora la capogruppo di un R.t.i. rilasci, in fase di preselezione, una specifica dichiarazione circa le quote obbligatorie di servizi da eseguire da parte dei componenti del raggruppamento e ciò sebbene che l'offerta sia infine formulata dal medesimo raggruppamento in rinnovata composizione. Infatti, qualora rispetto alla fase di preselezione, la capogruppo non abbia comunicato alcuna variazione della ripartizione delle quote e dei requisiti di qualificazione, deve ritenersi che i requisiti posseduti dall'operatore sostituito siano integrati da quello che lo sostituisce; cosicché, in questo caso, non incombe sulla capogruppo alcun ulteriore obbligo dichiarativo o confermativo.
3.2. Ove le dichiarazioni attestanti il possesso di requisiti siano state già rese nella fase di prequalificazione, il giusto rigore che deve presiedere all’applicazione delle regole di gara non può tradursi in un vuoto formalismo che imponga di produrre una seconda volta, nell’ambito della stessa procedura, un medesimo documento (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 2006, n. 6254).

4. Sulla irrilevanza della violazione del termine di c.d. stand still sulla validità del contratto.
In relazione all’evoluzione normativa sulla cogenza e sugli effetti caducatori correlati alla violazione del termine di c.d. stand still, non viola l’art. 11, comma 10 del D.lgs. 163/2006, il contratto che sia stato sottoscritto in epoca anteriore all'entrata in vigore di quest'ultima disposizione (introdotta con il D.lgs. 53/2010). Anteriormente all'entrata in vigore della novella del 2010 era, infatti, applicabile ratione temporis l’art. 44 della legge 88/2009, attuativa della direttiva CE 66/2007, soggetta a recepimento entro il 20 dicembre 2009 (art. 3), che ha sancito il principio della necessità della previsione di un termine “congruo” tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, allo scopo di assicurare una effettiva possibilità di tutela giudiziaria degli operatori. La logicità del termine va valutata in concreto tenendo conto dell'importo contrattuale del servizio (nella fattispecie sono stati ritenuti congrui 6 giorni in relazione ad un importo di circa € 25 mila). Sicché, per quanto già radicato nell’ordinamento degli appalti, il principio c.d. di stand still, in sé considerato e in assenza di vizi propri dell’aggiudicazione, non può pertanto comportare l’annullamento dell’aggiudicazione o l’inefficacia del contratto. Il che ha, del resto, trovato successiva conferma nell’art. 121, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo, in cui si prevede che “il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva (…) c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’art. 11, comma 10 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento”. Il termine dilatorio è, dunque, finalizzato all’effettività della tutela giurisdizionale, che nel caso di specie non è stata né preclusa né limitata.

T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, 29 maggio 2013, n. 01390
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