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Ottemperanza del giudicato e teoria del c.d. "one shot" temperata

Giustizia amministrativa Ordinamento giudiziario

1. Ricorso in sede giurisdizionale. Condizioni dell'azione. Interesse a ricorrere. Requisiti. 2. (segue): ricorsi in materia di conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi a magistrati ordinari. Collocamento a riposo nelle more del processo. Improcedibilità del ricorso. Non sussiste. 3. Giudicato demolitorio. Remand. Principio di continuità dell'azione amministrativa. Rieffusione del potere amministrativo. Ineludibilità. Principio di effettività della tutela giurisdizionale. Punto di equilibrio. Obbligo della P.A. di riesaminare l'affare nella sua interezza a seguito di una prima pronuncia demolitoria. 4. (segue): teoria c.d. del "one shot". Ordinamento italiano. Applicazione temperata. 5. (segue): conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi a magistrati ordinari. Teoria del c.d. "one shot" temperata. Applicabilità. 6. Annullamento in sede giurisdizionale di deliberazione del C.S.M. Rieffusione del potere. Motivazione "fotografia" di quella censurata dal G.A. Nullità dell'atto. 7. Incarichi direttivi o semidirettivi. Procedure comparative. Ius superveniens. Inapplicabilità
Cons. St., Sez. 4, Sentenza 6 ottobre 2014, n. 04987

Principio

1. Ricorso in sede giurisdizionale. Condizioni dell'azione. Interesse a ricorrere. Requisiti.
1.1. Il presupposto perché venga adita la tutela giurisdizionale riposa nell’interesse alla decisione, derivante da una lesione (né paventata né futura né inattuale) ad una posizione giuridica attiva tutelata dall’ordinamento.
1.2. In base ai principi generali in materia di condizioni dell’azione, desumibili dall’art. 24, co. 1°, della Costituzione («tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi») e dall’art. 100 c.p.c. («per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi un interesse»), l’interesse processuale presuppone, nella prospettazione della parte istante, una lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e l’idoneità del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale. In mancanza dell’uno o dell’altro requisito, l’azione è inammissibile. Sarebbe infatti del tutto inutile, ai fini giuridici, prendere in esame una domanda giudiziale se nella fattispecie prospettata non si rinvenga affermata una lesione della posizione giuridica vantata nei confronti della controparte, ovvero se il provvedimento chiesto al giudice sia inadeguato o inidoneo a rimuovere la lesione.
1.3. L’interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunciata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l’applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all’interesse leso la protezione accordata dal diritto (cfr., altresì, Cass. Civ., Sez. III, n. 12241/98).
1.4. Nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 1210/97). Anche nel sistema giurisdizionale amministrativo, infatti, sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente, se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante. Ai fini dell’ammissibilità del ricorso, occorre pertanto, che sussista piena corrispondenza tra interesse sostanziale dedotto in giudizio, lesione prospettata e provvedimento richiesto. A contrario, il ricorso è inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all’interesse sostanziale del ricorrente (che ne “legittima” l’instaurazione del giudizio).
1.5. Nel processo amministrativo, l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 475/92). 

2. (segue): ricorsi in materia di conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi a magistrati ordinari. Collocamento a riposo nelle more del processo. Improcedibilità del ricorso. Non sussiste.
2.1. La sopravvenuta improcedibilità del ricorso è ancorata al rigido ed inequivocabile accertamento dei presupposti legittimanti (ex multis, ancora di recente, Cons. Stato Sez. V, 03-06-2013, n. 3035) per evitare che la declaratoria d'improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell'obbligo di pronunciare sulla domanda.
2.2. In sede di contenzioso giurisdizionale afferente alle domande di magistrati ordinari all'ottenimento di incarichi direttivi o semi-direttivi, la circostanza che il ricorrente sia stato collocato in quiescenza non determina la recessività dell’interesse (anche “morale”, che sopravvive all'avvenuto pensionamento dell’istante) del Magistrato ad ottenere un provvedimento giurisdizionale in ordine alla propria domanda.

3. Giudicato demolitorio. Remand. Principio di continuità dell'azione amministrativa. Rieffusione del potere amministrativo. Ineludibilità. Principio di effettività della tutela giurisdizionale. Punto di equilibrio. Obbligo della P.A. di riesaminare l'affare nella sua interezza a seguito di una prima pronuncia demolitoria.
3.1. Laddove la decisione cognitoria del G.A. abbia annullato un atto di carattere discrezionale, esprimendosi in termini più che chiari, concretando un vero e proprio "giudicato puntuale", il Giudice dell'ottemperanza, investito dalla parte vittoriosa che lamenti la rieffusione del potere amministrativo in contrasto con il giudicato amministrativo, deve interrogarsi su quale avrebbe dovuto essere la condotta ottemperativa della P.A., al cospetto di una simile valutazione regiudicata.
3.2. A seguito dell’adozione di una statuizione demolitoria (soprattutto ove incidente su un interesse c.d. “pretensivo”, volto cioè al rilascio di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato) la potestà di provvedere viene restituita nuovamente all’Amministrazione perché essa si ridetermini.
3.3. Il principio di continuità dell’azione amministrativa e la tendenziale “inesauribilità” del potere esercitato comporterebbe in teoria che l’Amministrazione possa (e debba) riprovvedere in relazione alla “res” attinta da un giudicato annullatorio. E soprattutto comporterebbe e che ciò possa avvenire un numero non predeterminato di volte (sulla “inesauribilità del potere", cfr. Cons. Stato Sez. VI, 23 novembre 2011, n. 6162). In via di principio quindi nulla osterebbe a che rideterminandosi l’Amministrazione fosse libera di porre a sostegno del proprio convincimento elementi “nuovi” non oggetto della propria antecedente delibazione vulnerata dal giudicato e per tal via riconfermasse il contenuto dispositivo annullato.
3.4. Potendo in teoria l’Amministrazione pronunciarsi un numero di volte in via di principio infinito sullo stesso affare, ove questa ogni volta ponesse a sostegno del “nuovo” provvedimento fatti “nuovi” (in quanto non precedentemente esaminati) verrebbe vanificata la portata accertativa e soprattutto conformativa di ogni decisione giurisdizionale. Ogni controversia sarebbe destinata, in potenza, a non concludersi mai con un definitivo accertamento sulla spettanza – o meno- del “bene della vita”. Tuttavia, occorre che la controversia fra l'Amministrazione e l'amministrato trovi ad un certo punto una soluzione definitiva, e dunque occorre impedire che l'Amministrazione proceda più volte all'emanazione di nuovi atti, in tutto conformi alle statuizioni del giudicato, ma egualmente sfavorevoli all’originario ricorrente, in quanto fondati su aspetti sempre nuovi del rapporto, non toccati dal giudicato.
3.5. Il punto di equilibrio tra la garanzia della inesauribilità del potere di amministrazione attiva e la portata cogente del giudicato del G.A. va individuato in via empirica, imponendo all'Amministrazione - dopo un giudicato di annullamento da cui derivi il dovere o la facoltà di provvedere di nuovo - di esaminare l'affare nella sua interezza, sollevando, una volta per tutte, tutte le questioni che ritenga rilevanti, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati (tra le tante, si veda Consiglio di Stato Sez. VI, 9 febbraio 2010, n. 633; Consiglio di Stato, sez. V, 6 febbraio 1999, n. 134). Si tratta di un equo contemperamento (o quantomeno il migliore che sia stato sinora individuato) tra esigenze all’apparenza inconciliabili: la “forza” della res iudicata e la stessa funzione ed utilità di quest’ultima la continuità del potere amministrativo ex art. 97 della Costituzione, il principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 della Costituzione.
3.6. Se la prima rieffusione del potere è tendenzialmente “libera”, quindi, le eventuali ulteriori valutazioni che seguano ad un giudicato demolitorio non possono giovarsi di materiale cognitivo prima non esaminato né fondarsi su motivazione “diversa”. 

4. (segue): teoria c.d. del "one shot". Ordinamento italiano. Applicazione temperata.
4.1. Nell’ordinamento italiano quindi, per costante elaborazione pretoria non trova riconoscimento la teoria c.d. del "one shot" (viceversa ammessa in altri ordinamenti). Detta regola prevede che l’Amministrazione possa pronunciarsi negativamente una sola volta, facendo in detta occasione emergere tutte le possibili motivazioni che si oppongono all’accoglimento della istanza del privato.
4.2. Nel sistema italiano la teoria c.d. del "one shot" è stato “temperata”, accordandosi all’Amministrazione due chances: l'annullamento di un provvedimento amministrativo a carattere discrezionale, che abbia negato la soddisfazione di un interesse legittimo pretensivo, non determina la sicura soddisfazione del bene della vita, ma obbliga semplicemente l'amministrazione a rinnovare il procedimento tenendo conto della portata conformativa della sentenza.( ex multis,T.A.R. Lazio Roma Sez. I, 23 aprile 2009, n. 4071).

5. (segue): conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi a magistrati ordinari. Teoria del c.d. "one shot" temperata. Applicabilità.
5.1. Affinché non si voglia ridurre a pura fictio il profondo significato (in termini di rispetto del principio di separazione dei poteri e della distinzione tra amministrazione attiva e controllo giurisdizionale) della “restituzione” all’organo di amministrazione attiva del potere di riesercitare le proprie valutazioni, è necessario ribadire che il vincolo discendente dal giudicato non può spingersi sino ad impedire la rivalutazione e l’approfondimento di elementi che, seppur già tenuti presenti, in quanto ovviamente riferibili al curriculum vitae del magistrato “comparato” nelle precedenti deliberazioni, non erano stati adeguatamente posti in luce o valorizzati nella loro interezza.
5.2. Salvi i casi, invero non del tutto frequenti, di “giudicato puntuale”, che precluda la valutazione di un elemento (in quanto espressamente ritenuto neutro, inconferente etc), nei casi di difetto di motivazione per così dire “ordinario” non può essere vanificato l’effetto “restitutorio”: non potendo prendere in esame elementi “nuovi” (in quanto degli stessi era stata omessa la valutazione, seppur esistenti, in quanto ignoti, ritenuti non utili, etc) e neppure potendo procedere a riesaminare quelli già delibati, appare di solare evidenza che il “remand” verrebbe privato di ogni utile funzione (cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. n. 365/2013).
5.3. La riedizione del potere può concretarsi nel valutare differentemente, in base ad una nuova prospettazione, situazioni che, esplicitamente o implicitamente, siano state oggetto di esame da parte del giudice. Non può infatti escludersi in via generale la rivalutazione dei fatti sottoposti all’esame del giudice (cfr. Ad. Plen. sent. n. 2/2013).
5.4. Il principio di effettività della giustizia amministrativa non reca come corollario il divieto di ogni riedizione del potere a seguito di un giudicato sfavorevole, dovendosi far salva la sfera di autonomia e di responsabilità dell’amministrazione. Nondimeno, la riedizione del potere deve essere assoggettata a precisi limiti e vincoli. 
5.5. È fatto obbligo al C.S.M. di attenersi al principio di leale collaborazione che incombe sulle Amministrazioni in sede di attuazione del giudicato(cfr. Ad. Plen. sent. n. 2/2013). Da qui l'applicabilità del principio generale del c.d. "one shot" temperato anche con riferimento al riesercizio del potere da parte del Csm a seguito di un annullamento giurisdizionale attingente una delibera di conferimento di incarico direttivo o semidirettivo.

6. Annullamento in sede giurisdizionale di deliberazione del C.S.M. Rieffusione del potere. Motivazione "fotografia" di quella censurata dal G.A. Nullità dell'atto.
6.1. Non si ha elusione del giudicato quanto di diretto contrasto da parte dell'atto ottemperativo del giudicato stesso, quando dal semplice raffronto del dato testuale emerga che le riflessioni del C.S.M. collidano frontalmente rispetto al giudicato formatosi.
6.2. L’ordinamento appresta mezzi di tutela di natura straordinaria avverso il giudicato formatosi, al di fuori dei casi in cui è consentito l'esperimento di tali mezzi di tute, non è consentito ad alcuna Amministrazione (neppure al Legislatore, come è agevole riscontrare sol che si compulsi la giurisprudenza costituzionale in punto di ristretti limiti in cui è consentita la emanazione delle c.d. “leggi provvedimento”: ex aliis Corte Costituzionale 27-07-2000, n. 374 ) tenere una condotta che semplicemente ometta di rispettare il giudicato formatosi, non “condividendolo”.
6.3. Illegittimamente il C.S.M., in sede di rieffusione del potere censurato in sede giurisdizionale, articola la motivazione dell'atto che costituisce una “fotografia” di quella annullata in sede giurisdizionale; in tale ipotesi il C.S.M. non si conforma al giudicato ed anzi, consapevolmente lo viola: essa è pro parte nulla.

7. Incarichi direttivi o semidirettivi. Procedure comparative. Ius superveniens. Inapplicabilità.
In sede di procedure comparative per il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi a magistrati ordinari, è inapplicabile lo ius superveniens, dovendo trovare applicazione la normativa vigente al momento in cui, con la presentazione delle domande di valutazione da parte dei candidati, si cristallizzava lo stato di fatto e di diritto alla luce del quale la procedura stessa avrebbe poi dovuto trovare la propria conclusione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2064; e, per il principio generale, si veda, ex aliis Cons. Stato, Sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2006).

Cons. St., Sez. 4, 6 ottobre 2014, n. 04987
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