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Occupazione appropriativa

Espropriazione per pubblica utilità

Ammissibilità della domanda di risarcimento, anche insieme a quella di restituzione, nel caso di procedure ablatorie, avviate ma non regolarmente concluse con l’adozione del decreto d’esproprio. Applicabilità dei principi di matrice civilistica in tema di riparazione del danno patrimoniale ingiusto extracontrattuale: alternatività tra risarcimento per equivalente e risarcimento in forma specifica. Ammissibilità della rinuncia alla proprietà immobiliare nel caso di beni utilizzati senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica. Non ristorabilità della perdita di valore, conseguente alla realizzazione di opera pubblica, di edifici abusivi
T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sez. 1, Sentenza 5 novembre 2013, n. 00591

Principio

1. Ammissibilità della domanda di risarcimento, anche insieme a quella di restituzione, nel caso di procedure ablatorie, avviate ma non regolarmente concluse con l’adozione del decreto d’esproprio. I principi di matrice civilistica in tema di riparazione del danno patrimoniale ingiusto extracontrattuale: alternatività tra risarcimento per equivalente e risarcimento in forma specifica.
1.1. Allorquando beni privati, siano stati appresi e trasformati mediante occupazione d'urgenza, poi decaduta con lo scadere dei termini fissati con la delibera che aveva approvato il progetto e dichiarato la pubblica utilità di un'opera, il soggetto proprietario dell'immobile trasformato ed utilizzato senza titolo dall’amministrazione, per finalità di interesse pubblico, può scegliere, autonomamente, di chiedere il risarcimento del danno per equivalente o la restituzione dell’immobile.
1.2. Secondo le coordinate civilistiche, desumibili dalla lettura sistematica degli articoli 2043, 2058 e 2933 del codice civile, la riparazione del danno patrimoniale ingiusto extracontrattuale subito dal proprietario di un bene può avvenire, alternativamente, tramite la corresponsione dell’equivalente monetario, oppure mediante la reintegrazione in forma specifica, attuata mediante la restituzione, accompagnata dalla fisica e materiale riparazione o sostituzione della cosa danneggiata, distrutta o resa inservibile per l’uso.
1.3. In tema di riparazione del danno patrimoniale ingiusto extracontrattuale, la previsione dell’alternatività delle due forme di tutela comporta l’attribuzione al danneggiato del diritto di optare per la modalità risarcitoria ritenuta più idonea a proteggere i propri interessi e né il giudice, né tanto meno l’autore dell’illecito possono contrastare tale scelta, al di fuori dei confini posti dall’articolo 2058 del codice civile. In particolare, non è attribuito al danneggiante il potere di paralizzare - automaticamente - la domanda risarcitoria per equivalente proposta dall’interessato, mediante la mera offerta di una riparazione in forma specifica.
1.4. La scelta del tipo di risarcimento (se in forma specifica o per equivalente) spetta al danneggiato, in quanto gli strumenti di tutela del soggetto interessato rientrano nella disponibilità della parte, la quale, in base alle circostanze, può ritenere preferibile l’una o l’altra forma di realizzazione dell’interesse leso dal comportamento illecito del danneggiante. Tale principio opera anche nei casi in cui il danno discenda dalla materiale apprensione di un bene e dalla sua radicale trasformazione fisica, e il risarcimento in forma specifica miri alla restituzione del bene, ovviamente nel suo stato originario e con le medesime potenzialità di utilizzazione presenti prima dell’evento dannoso.

2. (segue): compatibilità tra i principi civilistici in tema di riparazione del danno patrimoniale ingiusto extracontrattuale e la disciplina speciale in tema di illecita trasformazione di beni privati per finalità di pubblico interesse. Persistente cogenza del principio di alternatività tra la tutela risarcitoria e la reintegrazione in forma specifica.
2.1. La disciplina specifica contenuta nell’art. 43 d.P.R. n. 327/2001 non prevede, in materia di risarcimento del danno subito dal proprietario, regole contrastanti con i principi generali espressi dal codice civile. La specialità della normativa si innesta nel quadro sistematico della tutela risarcitoria, dettando alcune significative deroghe, le quali, tuttavia, non intaccano la persistente cogenza del principio di alternatività tra la tutela risarcitoria e la reintegrazione in forma specifica.
2.2. La lettera dell'art. 43 d.P.R. n. 327/2001, quanto la sua ratio intendono regolare, innovativamente, le ipotesi di trasferimento coattivamente imposte al proprietario, senza nulla dire in ordine alla perdita della proprietà derivante da una scelta spontanea dell’interessato: in tale secondo caso devono applicarsi i principi comuni in materia di risarcimento del danno. La circostanza che l’articolo 43 non faccia alcuna menzione della domanda risarcitoria proposta autonomamente dall’interessato, in luogo della richiesta restitutoria, non può significare affatto che questa forma di tutela sia stata espunta dall’ordinamento, perché essa è fondata direttamente sulle regole generali.
2.3. Anche nel caso in cui un bene venga utilizzato senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica, vale il principio, affermato dalla giurisprudenza civile, secondo cui sul piano processuale, il risarcimento per equivalente costituisca un "minus" rispetto alla reintegrazione in forma specifica e ne rappresenti il sostitutivo legale sussidiario mediante prestazione dell'"eadem res debita", per cui la relativa domanda è contenuta in quella della reintegrazione in forma specifica (ex plurimis Cass. 25.11.1983, n. 7080), con la conseguenza che, anche se il danneggiato chiede la reintegrazione in forma specifica, il giudice gli può accordare il risarcimento per equivalente, senza violare il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, mentre non è possibile il contrario.
2.4. Il fatto che l’art. 43 d.P.R. n. 327/2001 contenesse un riferimento testuale alla domanda di restituzione del bene utilizzato senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica, comporta il riconoscimento, sistematico, dell’azione diretta ad ottenere il risarcimento per equivalente e non certo la sua negazione. La previsione della forma di tutela più ampia e satisfattiva (in forma specifica), presuppone, evidentemente, la sussistenza dei mezzi di tutela “minori” (il risarcimento per equivalente).

3. Ammissibilità della rinuncia alla proprietà immobiliare nel caso di beni utilizzati senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica.
3.1. Il decreto di acquisizione sanante non è l’unica modalità idonea a determinare la perdita del diritto di proprietà, ove un bene privato venga utilizzato senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica. Ancorché sia vero che l'azione risarcitoria in tal caso esercitata non possa più basarsi sull’affermata esistenza di un meccanismo normativo che collega il trasferimento della proprietà al fatto materiale della realizzazione dell’opera, come era la c.d. accessione invertita, a fronte della piena disponibilità delle facoltà economiche e patrimoniali dei soggetti privati, la “rinuncia” al diritto di proprietà immobiliare trova piena cittadinanza nel sistema generale civilistico, senza incontrare alcun significativo ostacolo di ordine letterale o sistematico. 
3.2. Ove un bene privato venga utilizzato senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica, l'ammissibilità di una domanda risarcitoria per equivalente, in luogo di quella in forma specifica, trova conferma nella giurisprudenza della Cassazione in materia di occupazione “usurpativa”, formatasi proprio in relazione a quelle fattispecie in cui, diversamente dai casi di occupazione appropriativa, permane il diritto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene e la reintegrazione in forma specifica, nonostante l’intervenuta realizzazione materiale dell’opera pubblica. In questi casi, la domanda di risarcimento del danno per equivalente si accompagna, esplicitamente o implicitamente, alla formale dichiarazione della rinuncia al diritto di proprietà, sospensivamente condizionata all’accoglimento dell’azione proposta dinanzi al giudice (sull’abdicazione del diritto dominicale per effetto della domanda risarcitoria, vd. anche CGA, 10 novembre 2010 n. 1410).

4. (segue): valore della rinuncia nella vigenza dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001.
4.1. L’art. 43, prima, o il 42 bis d.P.R. n. 327/2001 non contemplano, espressamente, un solo modo attraverso cui può verificarsi la perdita del diritto di proprietà dell’interessato, connessa alla realizzazione di un bene per finalità di interesse pubblico: l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante, subordinato alla valutazione discrezionale dell’amministrazione. Se lo scopo palese della disposizione - sul quale vi è totale consenso tanto in dottrina quanto in giurisprudenza - è quello di cancellare dall’ordinamento il modo di acquisto “automatico” dell’occupazione appropriativa, giudicato incompatibile con il sistema di protezione della proprietà provata, essa però non ha inteso affatto eliminare una forma di tutela ulteriore del privato, attivata spontaneamente dal soggetto interessato e agevolmente ricavabile dai principi del risarcimento del danno per equivalente, sempre ammesso dal codice civile.
4.2. La discrezionalità dell’amministrazione emerge solo quando essa intenda, attraverso l’adozione dell’atto di acquisizione sanante, impedire la restituzione del bene, ma non vi è spazio per una discrezionalità di segno opposto e negativo, che possa consentire all’amministrazione, contro i principi di diritto civile, di paralizzare la richiesta meramente risarcitoria dell’interessato. Quindi, la norma non contiene alcuna previsione esplicita o implicita, diretta a vietare la rinuncia al diritto di proprietà sul suolo utilizzato per la realizzazione di un’opera pubblica in assenza di valido ed efficace titolo.

5. Effetti della rinuncia al diritto di proprietà del bene che sia stato utilizzato senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica.
Ove un bene privato venga utilizzato senza titolo dall’amministrazione, mediante la realizzazione di un’opera pubblica, e il soggetto proprietario domandi il risarcimento per equivalente, in luogo di quello in forma specifica, spetta il risarcimento per la perdita del diritto di proprietà, determinato, però, non già con riferimento alla data di ultimazione dell’opera pubblica, secondo il meccanismo dell’accessione invertita, ormai espunto dal nostro ordinamento, ma a quella, diversa, in cui l’Amministrazione adotta un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis T.U. espr., oppure, in mancanza, a quello in cui il proprietario, optando per il solo risarcimento del danno per equivalente, abbandona implicitamente il proprio diritto di proprietà in favore dell’amministrazione, la quale da tempo utilizza e continua ad utilizzare il bene per fini pubblici, pur senza regolarne la sua definitiva apprensione. 

6. Non ristorabilità della perdita di valore, conseguente alla realizzazione di opera pubblica, di edifici abusivi.
6.1. Secondo il pacifico insegnamento della giurisprudenza, in tema di espropriazione per pubblica utilità, gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell'evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria (cfr. Cass. civ., I, 14 dicembre 2007, n. 26260; Id, 30 novembre 2006, n. 25523; 9 aprile 2002 n. 5046; 7 dicembre 1999, n. 13656). 
6.2. Dal momento che l’edificio abusivo è incommerciabile (art. 17, co. 1, l.n. 47/85 trasfuso nell’art. 46 DPR n. 380/2001), nessuna indennità o risarcimento può essere riconosciuta al proprietario per il caso di espropriazione per pubblica utilità, ancorché quest’ultima non si compia secondo lo schema legale e non venga conclusa con il formale decreto d’espropriazione, non essendo assimilabile alle “procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali”, che sono le sole espressamente consentite su beni abusivi dall’ultimo comma dell’art. 46 d.P.R. n. 380/2001. Sarebbe, infatti, del tutto illogico che quello stesso immobile privo di valore sul mercato in quanto incommerciabile (e potenzialmente soggetto ad obbligo di demolizione in quanto abusivo con acquisizione dell’area di sedime al pubblico demanio senza oneri per la P.A.), divenga risarcibile in sede di espropriazione.

T.A.R. Calabria Reggio Calabria, Sez. 1, 5 novembre 2013, n. 00591
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