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Occupazione appropriativa

Espropriazione per pubblica utilità

Natura dell'illecito consistente nella realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato. Imprescrittibilità del diritto al risarcimento del danno, salvo acquisto per usucapione
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 24 aprile 2013, n. 02279

Principio

1. Natura permanente dell'illecito consistente nella realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato. Imprescrittibilità del diritto al risarcimento del danno, salvo perfezionamento dell'acquisto per usucapione.
1.1. La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'Amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni. Di conseguenza, negandosi ogni trasferimento della proprietà per effetto della irreversibile trasformazione del bene illegittimamente appreso, appare palese la natura permanente dell'illecito dell'Amministrazione, finché dura l'illegittima occupazione del bene senza che vi sia un eventuale titolo idoneo a determinare il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione medesima, con la conseguenza che non può ritenersi sussistente alcuna prescrizione del relativo diritto al risarcimento.
1.2. Il comportamento tenuto dall'Amministrazione, la quale abbia emanato una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di occupazione d'urgenza senza tuttavia emanare il provvedimento definitivo di esproprio nei termini previsti dalla legge, deve essere qualificato come illecito permanente, nella cui vigenza non decorre la prescrizione, ciò perché in questo caso manca un effetto traslativo della proprietà, stante la mancanza del provvedimento di esproprio, connesso alla mera irrevocabile modifica dei luoghi.
1.3. Il soggetto privato del possesso può agire nei confronti dell'ente pubblico senza dover sottostare al termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla trasformazione irreversibile del bene, con l'unico limite temporale rinvenibile nell'acquisto della proprietà, per usucapione ventennale del bene,eventualmente maturata dall'ente pubblico.
1.4. Allorché i rapporti tra le parti siano regolati dal compromesso di vendita, l’occupazione dei terreni da parte dell'ente espropriante diviene illegittima e sine titulo dal momento in cui rende nota la volontà di non addivenire alla stipula del contratto definitivo.

2. Applicabilità dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001 alle occupazioni sine titulo anteriori alla sua entrata in vigore.
In seguito alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 43 del Testo Unico dell’espropriazione d.P.R. n. 327 del 2001, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza 8 ottobre 2010, n. 293, il D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (art. 34), convertito in legge n. 111 del 2011, ha introdotto, nel D.P.R. n. 327/2001, l’art. 42-bis, quale nuova norma regolatrice della fattispecie di “utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”, il cui ultimo comma prevede che “Le disposizioni del presente articolo trovano altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore”. Tale disposizione è applicabile ai giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, anche in virtù dei principi generali dell’ordinamento giuridico e, precisamente, dell’art. 113, comma 1, c.p.c., secondo il quale “Nel pronunciare sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto”, norma applicabile anche al giudizio amministrativo stante il richiamo operato dall’art. 39, comma 1, c.p.a., secondo un principio generale riassumibile nella nota formula iura novit curia.

3. Sulla distinzione tra occupazione appropriativa ed occupazione usurpativa ai soli fini dell'individuazione del dies a quo di commissione dell'illecito.
3.1. La distinzione tra occupazione appropriativa ed usurpativa (quella realizzata in assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità), ha perso di significato sia con riferimento alla giurisdizione (nel senso che residuano al giudice ordinario le sole ipotesi in cui ab origine manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell'opera) che alla decorrenza del termine di prescrizione trattandosi nei due casi di un illecito permanente come affermato dalla più recente giurisprudenza amministrativa, aderendo alle argomentazioni svolte in più occasioni dalla Corte europea dei diritti umani e, di recente, dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 2 novembre 2011, n. 5844).
3.2. L'unico elemento di differenziazione tra o. appropriativa e o. usurpativa ancora esistente riguarda invero l'individuazione del dies a quo di commissione dell'illecito posto che, in caso di occupazione usurpativa, esso va fatto decorrere dal momento dell'immissione in possesso da parte dell'Amministrazione mentre, in caso di occupazione appropriativa, come nella specie, dalla scadenza del termine di occupazione legittima del terreno e ciò rileva al fine di individuare il momento in cui misurare il valore venale ai fini della quantificazione del risarcimento del danno.
3.3. Alla luce dei precisi parametri normativi stabiliti dal predetto art. 42-bis del T.U. Espropriazione n. 327-2001, introdotto dall'art. 34 della cd. "Manovra economica 2011" (D.L. 6 luglio 2011, n. 98), il quale, reintroducendo l'istituto dell'acquisizione sanante, prevede anche che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, anche con riferimento ai fatti antecedenti (comma 8 del predetto art. 42 bis), l'Ente espropriante va condannato al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno per occupazione appropriativa, parametrata al valore venale del bene dalla data di cessazione dell’occupazione legittima come appena sopra precisato, maggiorato del danno morale nella misura che si ritiene equo determinare nel 10% del danno patrimoniale.

Cons. St., Sez. 5, 24 aprile 2013, n. 02279
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