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Mobilità volontaria

Pubblico impiego Giurisdizione e competenza Giustizia amministrativa

1. Giurisdizione dell'AGO nelle ipotesi in cui si lamenti la violazione della disciplina in tema di pubblicità dell’avviso di mobilità. 2. Sulla legittimazione a ricorrere di Organizzazioni Sindacali. Ipotesi di conflitto di interessi interno. 3. Sulla necessità per le Regioni di ricorrere alla mobilità volontaria prima di bandire un concorso a copertura dei posti vacanti in pianta organica. Limiti a tale obbligo
Cons. St., Sez. 5, Sentenza 17 gennaio 2014, n. 00178

Principio

1. Giurisdizione dell'AGO nelle ipotesi in cui si lamenti la violazione della disciplina in tema di pubblicità dell’avviso di mobilità.
1.1. Non sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo nel caso in cui si lamenti la violazione della disciplina in tema di pubblicità dell’avviso di mobilità, attenendo tale istituto alla gestione del rapporto lavorativo e non presuppone in senso stretto l’esercizio di un potere amministrativo, che giustifichi all’indomani della privatizzazione dell’impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione, la giurisdizione del g.a. 
1.2. In tema di mobilità per passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni, disciplinata attualmente dall'art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, integrando siffatta procedura una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto, la giurisdizione sulla controversia ad essa relativa (nella specie, instaurata dal dipendente al quale era stato preferito altro candidato al posto da coprire tramite mobilità interna) spetta al giudice ordinario, non venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura selettiva concorsuale e, dunque, la residuale area di giurisdizione del giudice amministrativo di cui al quarto comma dell'art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (cfr. Cons. St., Sez. V, 12 settembre 2011, n. 5985; Cass., Sez. Un., Ordinanza n. 19251 del 9 settembre 2010).

2. Sulla legittimazione a ricorrere di Organizzazioni Sindacali. Ipotesi di conflitto di interessi interno.
2.1. Un ordine professionale, come ogni altro ente rappresentativo, può agire in giudizio dinanzi al Giudice Amministrativo senza che sorga questione di conflitto di interessi, quando agisca a tutela dell’interesse istituzionalizzato, anche se tale iniziativa miri ad elidere l’utilità di cui fruisca uno dei destinatari dell’atto impugnato, che sia iscritto al suddetto ordine professionale. Del resto ogni ente rappresentativo ha una propria sera giuridica che risulta fortemente connotata dalle caratteristiche delle sfere giuridiche dei soggetti che vi partecipano, ma senza che si giunga ad una piena sovrapposizione. L’alterità ontologica assicura la diversità delle sfere giuridiche. 
2.2. Nelle controversie in cui ad agire in giudizio dinanzi al GA siano enti esponenziali di interessi collettivi, non può dirsi privo di legittimazione l’ente rappresentativo che agisca a tutela di un interesse istituzionalizzato, che per essere soddisfatto deve vedere sacrificato l’interesse di un suo rappresentato. Per valutare tale conflitto occorre avere riguardo a quello che viene definito «interesse istituzionalizzato». Non è, dunque, sufficiente che l'azione proposta possa, in concreto, ledere la posizione di taluni dei soggetti appartenenti alla categoria, purché l'ente persegua l'interesse che ha costituito la ragione della creazione dell'ente stesso (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 3 giugno 2011, n. 10).
2.3. Condizione imprescindibile per il riconoscimento della legittimazione al ricorso di ente esponenziale è che quest'ultimo faccia valere un interesse omogeneo della categoria ovvero che l’atto impugnato leda l’interesse di tutti e non solo di alcuni dei suoi aderenti. Laddove, al contrario, l’atto impugnato sia fonte di un potenziale conflitto di interessi tra gli appartenenti alla categoria, nel senso che, pur ledendo alcuni possa avvantaggiare altri, non vengono certamente in rilievo interessi diffusi o collettivi. In questo caso, non è più in discussione l’interesse della categoria nella sua unitarietà, ma, all’interno del gruppo, l’interesse particolare di alcuni contro l’interesse particolare di altri. Trattandosi allora di interessi particolari (sebbene, eventualmente, comuni a una pluralità di soggetti) la legittimazione non potrà che essere dei singoli, che potranno ricorrere solo se e quando nei loro confronti si attualizzi una lesione (cfr.  Cons. St., Commissione speciale, parere 26 giugno 2013 n. 3014).
2.4. Versa in una situazione di conflitto di interessi, l’organizzazione sindacale, rappresentativa dei dirigenti e dei funzionari direttivi (nella specie Confedir - Mit Confederazione dei Sindacati dei Dirigenti Pubblici e Manager del Terziario), che agisca in giudizio a tutela dell’interesse della categoria dei dirigenti a fruire della mobilità per tutti i posti vacanti in pianta organica, in contrasto però con l'interesse della categoria funzionari direttivi, il cui interesse è evidentemente quello di poter accedere ad una superiore qualifica funzionale. Si realizza, in definitiva un contrasto tra le categorie omogenee dei dirigenti e dei funzionari direttivi, i primi potenzialmente agevolati dall’originario ricorso, i secondi invece potenzialmente danneggiati dallo stesso. Tanto che se vi fossero due distinte associazioni sindacali: una per i dirigenti ed una per i funzionari, la prima avrebbe potuto agire per la caducazione degli atti impugnati e la seconda resistere per ottenerne la salvezza.

3. Sulla necessità per le Regioni di ricorrere alla mobilità volontaria prima di bandire un concorso a copertura dei posti vacanti in pianta organica. Limiti a tale obbligo.
3.1. Il principio della mobilità si impone anche alle Regioni, seppure con differente impatto, a seconda che si tratti di mobilità d’ufficio o di mobilità volontaria. Dalla giurisprudenza costituzionale si desume che spetta allo Stato legiferare in tema di mobilità, ma nella suddetta materia l’intervento statale non azzera del tutto quel potere organizzativo che resta assegnato alle Regioni, anche nell’ipotesi di mobilità d’ufficio, nella quale la necessità di salvaguardare la permanenza del contratto di lavoro in essere con altra pubblica amministrazione fa premio sui consistenti limiti imposti all’amministrazione regionale e che sono tali da impedire alla stessa, di indire procedure concorsuali per ogni posto necessario senza prima percorrere la via della mobilità d’ufficio. 
3.2. Nell’ipotesi di mobilità volontaria in assenza di un fine superiore, quale quello del mantenimento dei contratti lavorativi in essere, deve riconoscersi all’amministrazione regionale il potere di determinare quanti posti coprire mediante mobilità volontaria. Il suddetto potere discrezionale dovrà essere esercitato mercé un atto fornito di congrua motivazione, affinché si palesino chiaramente quali sono le ragioni per le quali si preferisce reperire sul mercato, piuttosto che tra i dipendenti già in servizio presso altre amministrazioni, le professionalità necessarie.

Cons. St., Sez. 5, 17 gennaio 2014, n. 00178
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