La discrezionalità tecnica esercitata dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali
Beni culturali e paesaggistici
Premassima
Ai sensi dell’art. 2, d. lgs. N. 42 del
2004, il patrimonio culturale è composto dai beni culturali e dai beni paesaggistici,
e la valutazione dell’interesse pubblico realizzata dall’Autorità a ciò preposta
varia in ragione della natura del bene da sottoporre a tutela giuridica, dal
momento che i beni culturali, con caratteristiche eterogenee e multiformi, sono
costituiti da cose mobili, immobili o immateriali, viceversa i beni paesaggistici
corrispondono a porzioni di territorio pertinenti ad una specifica area geografica.
La Soprintendenza esercita un potere di
discrezionalità tecnica per i beni culturali ed ambientali che si estrinseca in
una manifestazione di giudizio attraverso un’attività diretta alla valutazione
e all’accertamento di fatti. Tuttavia, l’Amministrazione nell’adempiere alle sue
competenze, in generale, applica concetti non esatti, bensì opinabili, pertanto
la sola valutazione potrebbe ritenersi illegittima ovvero manifestamente
illogica piuttosto che opinabile nel merito o basata su un travisamento dei
fatti o carente di motivazione.
Principio
Il Collegio, investito della quaestio iuris, ha riconfermato il
principio in forza del quale il ricorso a criteri di valutazione tecnica non sempre
ed in toto offre risposte univoche, bensì rappresenta un parere sottoponibile
ad un giudizio di opinabilità, per il quale il sindacato del giudice, pur
essendo di legittimità e non di merito, si scontrerà inevitabilmente con l’operato
opinabile dell’Amministrazione, e di fatto impedendone l’individuazione di un
parametro giuridico che permetta di definire illegittimo quell’apprezzamento.
Ne consegue che, sugli atti della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali,
non sia consentito al giudice amministrativo l’esercizio di un controllo intrinseco
sulle opinabili valutazioni tecniche, ma esclusivamente un sindacato sui vizi
di legittimità, in caso contrario si otterrebbe un esercizio, da parte del
suddetto giudice, di un potere sostitutivo finalizzato a sovrapporre la propria
valutazione a quella dell’amministrazione, tenendo conto che sulle valutazioni
tecniche è in ogni caso, in sede giurisdizionale, esercitabile un controllo di
ragionevolezza, coerenza, logicità ed attendibilità.
In conclusione, la distinzione tra giurisdizione di merito e giurisdizione
di legittimità si rinviene nell’operatività del giudice che nel primo caso,
agisce “in prima battuta” sostituendosi, di fatto, all’Amministrazione ed
effettuando direttamente e nuovamente le valutazioni a queste spettanti,
potendo sostituire la propria valutazione a quella dell’Amministrazione anche
nell’ipotesi in cui quest’ultima seppure opinabile, risulta oltremodo plausibile,
mentre nel secondo caso il giudice opera “in seconda battuta”, effettuando una
verifica, nei limiti delle censure dedotte, delle eventuali valutazioni realizzate
dall’organo competente qualora viziate da eccesso di potere per manifesta
irragionevolezza o travisamento dei fatti, ossia nella fattispecie in cui le
valutazione eseguite benché opinabili esulano dal confine della plausibilità.